da qui
Perché l’acqua deve stare al suo posto, non uscire di senno,
altrimenti impazziscono le barche, si sfidano a duello, e il fuoco divora
il legno delle mense, il coccio dei tetti, il verde dei giardini
noncuranti, la piattaforma gravida di scafi
sputati sulla riva, colonne di fumo protestano, gridano,
se la logica del mondo fa la faccia irata,
se ti vedesse Dio, cosa direbbe
dell’intemperanza,
della mancanza di controllo, o terra o faglia o crosta,
esubero, eccesso d’energia, cosa direbbe Dio, se ti vedesse
discinta, spettinata, o lugubre festa pagana,
travi, sacchi, cassettoni, ali d’aereo, e fango e fango,
il fuoco attacca la città, la mente dell’uomo, cosa direbbe
Dio di questo tuo avanzare irrispettoso, prepotente,
certo, incosciente, ci mancherebbe che lo facessi apposta,
per odio della gente, o insofferenza, o natura, o crosta,
o sangue del mio sangue, figlio, nelle doglie del parto,
cosa direbbe Dio di questa nuvola di fuoco che si alza
verso il cielo, del sole che pare schermirsi, io non c’entro
in tutto questo, cosa direbbe l’uomo, mia madre, tuo padre,
figlio, adorato giglio, perché sei uscita di senno,
non sei stata al posto che ti spetta, amore di papà,
densa di schiuma, perché sei una massa grigia e bianca
come la mente, cosa direbbe chi t’ha voluto né ha potuto farti
meglio di com’eri, o natura, o crosta, o energia bambina,
come perdonarti la mancanza di tatto, d’attenzione,
cosa direbbe questo fottuto uomo, della pagana violazione, dello sfratto,
della faccia assassina che uccide, senza sosta.