Enrico Mentana dal suo Tg, dopo aver riflettuto sulla clamorosa chiusura del programma di Vittorio Sgarbi passa la parola agli ospiti di Lilli Gruber: Beppe Severgnini e Serena Dandini e “scusate se è poco” conclude. Ed ecco accendersi le luci nello studio di Ottoemezzo dove anche la padrona di casa riprende l’analisi della faccenda girando direttamente la domanda alla Dandini: ” perché uno dei programmi della Rai è stato chiuso”? – “si dice per mancanza di spettatori, risponde l’ospite, ma è un pò troppo, di solito si da il beneficio della seconda volta, anche perché ha una scenografia bellissima che io vorrei riutilizzare, giusto per non sprecarla, forse era un po’ troppo sgarbicentrica”! – In effetti, Sgarbi si è prodotto in un monologo di attacco alle energie pulite, ha fatto da mattatore sperando di bissare e magari superare il record di Roberto Saviano, figuriamoci. Nel programma del noto critico d’arte non si sono ravvisati elementi di spettacolo, non è un talk e nemmeno qualcosa di nuovo, insomma un programma sbagliato dall’inizio oppure semplicemente il tempo dei telepredicatori è finito!
Ma facciamo un passo indietro, per chi non fosse informato sulla storia di un programma che non vedremo mai. Dopo la prima puntata del critico ferrarese “Ci tocca anche Sgarbi”, causa uno share con poco più di due milioni di telespettatori, nettamente al di sotto della media degli ascolti delle rete per la prima serata. L’ufficio stampa della Rai ha annuciato la sospensione del programma, condivisa dallo stesso critico. La chiusura lampo del programma non ha chiuso però la querelle scatenatasi in seguito che ora vede all’indomani del flop, Vittorio Sgarbi confermare l’intenzione di procedere con azioni legali contro il quotidiano Il Fatto, chiedendo rimborsi milionari per gli articoli di questi giorni su Salemi e sulla trasmissione tv: “Chiedo 10 milioni di euro per gli articoli dei giorni scorsi, quelli in cui mi si indicava come esecutore della mafia – spiega il critico ferrarese – perché è una cosa di una gravità assoluta”. La seconda querela, aggiunge, riguarda il pezzo andato in pagina oggi sul programma tv, “che attribuisce alla trasmissione dei costi per puntata inverosimili”.
Severgnini esprime la propria opinione:”erano mesi che ne sentivamo parlare, un ‘idea me l’ero fatta, di solito c’è una prima, una seconda puntata, ma la prima e ultima è un fatto piuttosto insolito, credo che dopo vent’anni che Sgarbi fa la simpatica canaglia dovrebbe rivedersi, la gente se lo aspetta è abituata, forse uno Sgarbi pacato, gentile avrebbe spiazzato tutti, andare contro gli stereotipi sarebbe stato vincente”.
A riassunto fatto e col senno di poi credo che le responsabilità del flop vadano ridistribuite, tra i dirigenti , il conduttore e gli autori; questi ultimi forse dovevano presagire che il tempo delle liti, dei toni alti e dell’irritabilità è al tramonto che Sgarbi non ha per sua natura un ritmo televisivo sostenibile, pur possedendo un patrimonio di conoscenza, non possiede il carisma necessario al mezzo televisivo, che al pubblico risulta antipatico e sprezzante e consegnargli l’incombenza di un one man show è stato arduo. Così il progetto culturale, ammesso che ce ne fosse uno, è andato appannandosi e ora a noi telespetattori ci restano le polemiche, le calunnie, le querele. Forse si è avuto troppa fretta di chiudere, forse si potevano vedere cose interessanti, strutturate diversamente, forse il conduttore non andava sfruttato come il solito saccente provocatore. Ma a me sembra che visto che sovente si accusa il pubblico televisivo di essere tanto insensibile ai richiami della cultura, quanto morbosamente interessato al gossip di ogni genere o ai reality, forse questo tentativo di acculturamento andava proposto in modo diverso, forse questo tentativo di legare televisione e cultura non andava affidato interamente a chi fa cadere dall’alto la propria conoscenza e si propone sempre come uno che da lezioni su ogni argomento.
Insomma cultura e bello non si sarebbero incarnati nella figura dell’iracondo critico e conduttore, secondo il verdetto del pubblico sovrano. Il nuovo pubblico ha rifiutato in quanto saturo, la tradizionale figura dello Sgarbi rissoso, egocentrico, esperto e critico d’arte ma in passato si è lasciato trasportare docilmente da persone autorevoli, preparate, modeste, che non fanno calare dall’alto il loro sapere e che offrono un punto di vista originale della cultura. Pensiamo al recente e grande successo di Roberto Benigni che, dopo aver catturato e divertito il pubblico con le sue battute, lo ha sorpreso recitando e spiegando in un modo personalissimo, ma avvincente, la Divina Commedia. Pensiamo anche allo staordinario successo di “Vieni via con me”, un appuntamento diverso, intelligente che con pacatezza, autorevolezza e ironia ha affrontato i mali del nostro tempo con un linguaggio televisivo nuovo.In conclusione il sistema televisivo gioca un ruolo importante per la sua potenzialità comunicativa, a patto che la cultura non sia un patrimonio di conoscenze riservate, come una forma nobile di intrattenimento, a una cerchia di élite, la cultura non può essere per pochi – dev’essere cibo per tutti. È chiaro che a questo punto occorre seguire un’altra via: quella di capire che cosa sia veramente la cultura in televisione.