In attesa di pubblicare (come e quando è ancora tutto da stabilire) l’ultima fatica a nome T.M.K., Marco, Anna e Riccardo, nucleo storico del “collettivo Maldoror”, si sono gettati in un nuovo progetto di cui la Paradigms Recordings pubblica il debutto. Shabda, dal termine sanscrito che indica – stiamo semplificando parecchio – il suono puro, riunisce l’amore dei tre musicisti per la sperimentazione in note (in particolare per la reiterazione dei suoni) con gli studi orientali e il percorso spirituale intrapreso, ormai molti anni fa, da Marco e Anna. Per comprendere come qui ci sia un tentativo di far incontrare tradizioni occidentali e orientali all’interno di uno stesso album, bisognerebbe partire da un’affermazione di Riley che anche la band riporta:
tradizione è solo “ciò che funziona”, ed esiste come risultato di una costante sperimentazione priva di dogmi e facile moralità
In questo modo, The Electric Bodhisattva riesce a fondere ciò che i suoi artefici ritengono funzionale in un unico blend, nel quale convivono melodie di sitar e drone, ritualismi e ambient, mantra e umori psichedelici. Ciò che conta non è, quindi, tanto l’osservare il confluire di singoli elementi, quanto l’essenza nuova portata dalla compenetrazione di sonorità orientali e di certe derive musicali occidentali. Il risultato, come già si accennava, colpisce nel segno proprio perché sposta la traiettoria di un linguaggio tutto sommato codificato come quello drone-ambient, anche a livello di immaginario. Si fosse trattato di un qualcosa per iniziati o, comunque, indissolubilmente connesso a un background ideologico, il lavoro dei musicisti coinvolti sarebbe risultato ostico e auto-referenziale, mentre il pregio maggiore di The Electric Bodhisattva è proprio quello di poter essere apprezzato anche al di fuori del contesto di appartenenza, così da attrarre anche chi mastica poco o nulla di Oriente e – appunto – tradizioni lontane. Non sorprende allora scoprire punti di contatto anche con nomi più o meno intuibili quali OM, Earth, Ash Ra Tempel, Sunn O))) e Popol Vuh, solo per dare qualche coordinata di riferimento e disegnare una possibile linea di interazione con l’ascoltatore. Non un disco semplice e immediatamente fruibile, ma un viaggio ipnotico ricco di fascino e in grado di rapire chi vi si avvicini con la giusta curiosità e predisposizione d’animo.
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