Quando si pensa ad un detective privato abbondano gli stereotipi. Impeccabilmente vestito come Hercule Poirot; dall’aria un po’ trasandata e sognante come Ellery Queen; sportivo e con la Ferrari come Magnum PI, o corpulento come Nero Wolfe. Eppoi c’è lui, Sherlock Holmes, con il suo capootto di tweed, il cappello e la pipa.
Colpa dell’illustratore Sidney Paget (1860-1908) che lo ha disegnato così, con l’inconfondibile deerstalker e l’Inverness cape (dettagli mai menzionati da Conan Doyle), trasformando così un personaggio della letteratura gialla in un’icona, la cui fama ha di gran lunga superato quella del suo stesso creatore. Che Sherlock Holmes è il londinese mai esistito più famoso del mondo: tant’è vero che al 221b di Baker street c’è persino il museo della casa in cui non ha mai abitato. Totto questo non sorprende: il personaggio di Holmes è cosi’ reale che a volte è difficile pensare che sia nato dell’immaginazione di Arthur Conan Doyle (1859-1930).
E allora non bisogna perdere Sherlock Holmes, the man who never lived and will never die, una vera e propria chicca di mostra al Museum of London prima che chiuda il mese prossimo. Una mostra che cerca di risolvere un mistero irrisolvibile: il segreto dell’intramontabile popolarità del nostro detective. Vedere i manoscritti autografi di Conan Doyle, fogli di carta imbrunita, coperti della sua calligrafia ferma e ordinata (era una medico dopo tutto…) è emozionante: è come risalire all’origine di un antico mito. Non mancano dipinti, illustrazioni e un’interminabile sequenza di fotografie di Londra nella parte centrale della mostre che aiutano a immaginare l’atmosfera tardo-vittoriana in cui il si muoveva nostro eroe.
E anche la transizione dalle pagine dei libri al piccolo schermo è opportunamente analizzata, con numerosi spezzoni di film e telefilm di ogni epoca e da cui non poteva mancare il più famoso Sherlock dei nostri giorni, Benedict Cumberbatch, la cui sciarpa blu e il cappotto Belstaff di tweed sono stati opportunamente venerati dalla sottoscritta.
Fino al 12 Aprile,
Museum of London
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