24 ottobre 2013 Lascia un commento
Non e’ un caso che i primi racconti risalgano all’inizio degli anni ’80. Scomparso Mao, condannata la rivoluzione culturale e i suoi orrori, col potere in mano al riformatore Deng Xiaoping e la straordinaria svolta economica, politica e sociale che si apprestava a mettere in atto, anche la semplice liberta’ di dare sfogo alla fantasia e uscire con la mente dall’orrore comunista, fu un atto innovativo e rivoluzionario. Non solo. Come fa ben notare Andolfatto, all’improvviso in Cina si aprirono le porte a decenni di letteratura fantascientifica mai letta prima e vedere come questa poteva essere metabolizzata in pochi anni, e’ gia’ un fantastico esperimento.
Al di la’ quindi del semplice giudizio critico, e’ importante affrontare il libro avendo ben presente il background storico e sociale della Cina perche’ in questo caso l’humus e’ significativo quanto il raccolto.
Non sorprende quindi che i primi due racconti datati 1980 siano eccessivamente semplici, il secondo di Jin Tao addirittura imbarazzante ma basta un salto di dieci anni al racconto "Le tombe del cosmo" di Han Song che di anni pare ne siano trascorsi cento. Crescita stilistica e concettuale esponenziale, un po’ come e’ avvenuto alla loro economia. Velocita’ che non smarrisce completamente la sensibilita’ propria del popolo cinese e soprattutto non si astrae troppo restando aderente ad un pragmatismo dettato anche da un’accelerazione che non permette sbilanciamenti eccessivi e voli pindarici pericolosi. Sempre Andolfatto crea un parallelo con la solida fantascienza statunitense anni ’50 ed e’ vero per quanto ripeto, sia piu’ dovuto a diversa sensibilita’ invece che innocenza primitiva.
Voglio essere chiaro, non giudico la raccolta solo sotto il profilo sociologico, per quanto attraverso questa interpretazione ne guadagni ma il contesto e’ importante e alla fine da’ senso e valore al volume.
Molto, molto interessante e ancor piu’ lo e’ immaginare quali soprese la Cina sapra’ riservarci.