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Si chiamerà “renzino” il Pd dei sindaci

Creato il 05 settembre 2013 da Albertocapece

Renzi and Marino walk in Via dei Fori ImperialiAnna Lombroso per il Simplicissimus

Potete stare tranquilli: apostrofato dal fondatore, che gli ha raccomandato l’opportunità di chiarire cosa voglia fare del Pd che si appresta ad ereditare – visto che non era mai stato chiaro nemmeno a lui – Renzi,  immortalato mentre passeggia con Marino per Via dei Fori “liberati” dalle auto private, ma non  dai giornalisti  pazzi per le notizie futili, che gli hanno impedito il transito dalla ruota della fortuna a quelle della bici, ha risposto: il Pd sarà il partito dei sindaci.

 «l’Italia ha molto bisogno di ripartire dai territori e dai sindaci, ha detto. Abbiamo discusso e continueremo a farlo di molti aspetti che riguardano le nostre città. Durante la campagna elettorale per il Comune di Firenze, Alemanno e Galli parlarono di un patto tra Roma e Firenze. Credo che nessuno ha il monopolio delle buone idee e siccome quella lo era, potremmo lavorare perché quel progetto, lasciato poi cadere, possa essere ripreso magari allargandolo anche a Venezia come risposta al problema turismo».

Ci sarà qualcuno che si consola: vedi mai che il Renzi finora impegnato a pieno tempo dalla scalata alla leadership, si ricordi della sua città.  Vedi mai che Marino sollecitato da cotanta alleanza, oltrepassi la soglia degli annunci, dei test e della propaganda, per fare qullo per cui è stato eletto. Vedi mai che per non fare brutta figura Orsoni si riappropri  del ruolo che gli compete e per il quale è stato eletto e – chissà – metta fine alla prepotenza dei falchi che stanno divorando i beni comune, impedisca di imperio il passaggio delle grandi navi in Bacino, dica la verità necessaria a fronteggiare allarmanti fenomeni di degrado ed inquinamento.

Personalmente non mi consolo affatto: il patto tra i tre sindaci intenzionati a far da motore alla rifondazione del Pd è più che mai appropriato e congruo. Chi meglio di loro potrà consolidare la scelta di campo, l’unica, di un organismo che ha tradito rappresentanza degli sfruttati per testimoniare di poteri privati avidi e sventati, che ha rinnegato memoria e storia per schierarsi con svolte autoritarie lesive dei principi costituzionali alla base della democrazia, che ha cancellato l’ipotesi di pensare ed agire in nome di un altro sviluppo all’insegna di uguaglianza, solidarietà, sostenibilità, preferendo assoggettarsi al Tina della lady di ferro: nessuna alternativa a profitto, mercato, egoismo, competizione.   E che invece di battersi per una riforma del sistema elettorale che restituisca valore al voto e alle scelte dei cittadini, riconferma l’aspirazione a affermare l’egemonia del personalismo, indirizzando i riflettori su figure scialbe ma ambiziose, prive di competenze ma arroganti, uomini per tutte le stagioni e tutte  le situazioni, in virtù di trasformismo, approssimazione e inconsistenza, come è dimostrato dal sospetto ed esteso fronte bi partisan che appoggia l’auto candidatura di Renzi.

Qualche maligno mormora che un sindaco medico scontenta i cittadini ma solleva qualche malato.. e Renzi segretario nazionale rincuora i fiorentini.

Se qualcuno vuol dare ancora tempo al sindaco di Roma per rettificare l’immagine, in linea con quella del governo nazionale, di un’indole agli annunci più che alle azioni,  agli interventi condotti a scopo dimostrativo e propagandistico, per quanto riguarda il Renzi sindaco ci sarebbe compiacersi se preferisse il dire al fare, a vedere i fatti seguiti ai suoi proclami. Non si tratta soltanto dell’ideologia alla quale si ispira, infarcita di quegli stereotipi efficientisti:   ’snellire’, ‘semplificare’, ‘ridurre la burocrazia’,  scorciatoie e facilitazioni per promuovere condoni, scudi, licenze, che sono i capisaldi del sistema di governo sec0ndo il sue vero referente politico, culturale e morale, ancora prima di Mike Buongiorno.  Seppure  fisicamente lontano per inseguire le sue aspirazioni, il sindaco è stato vicino ai suoi sponsor ed affini cittadini, alle convinzioni che li accomuna a loro, ai loro interessi di sovente condivisi. L’approvazione del Piano Strutturale, la pedonalizzazione di piazza del Duomo e dintorni, l’avviso pubblico affinché che le nuove destinazioni del Regolamento Urbanistico siano proposte dai privati piuttosto che dall’amministrazione, la previsione di parcheggi sotterranei nelle piazze del centro storico, costruiti e gestiti in project financing, per non dire della sciagurata formula “Uffizi macchina per far soldi”, o quella del “Davide ai fiorentini” , o della facciata michelangiolesca taroccata, o  del marchio per il brand Firenze,  o l’autorizzazione per un roof garden sul Baglioni, ci raccontano di un disgraziato   pregiudizio, smentito in altre parti del mondo dalla storia,  quello che la progettualità privata insieme a liberalizzazioni e privatizzazioni,  si identifichi con l’efficienza, anche quando è fatta da iniziative individuali scollegate e senza un disegno complessivo,  in vista dell’obiettivo irrinunciabile del profitto.

Ha trovato davvero un buon maestro di cinismo nel suo sponsor eccellente,   il sindaco di Firenze: il piano si presenta come mera sommatoria di slogan, tra i quali i “volumi zero”, smentiti  dai grandi volumi edilizi già partiti in variante al vigente PRG , ben dodici, tra cui la Manifattura Tabacchi. La   pedonalizzazione  del centro è avvenuta senza alcuna programmazione su cosa sarebbe accaduto in altre parti di città, ora ancora più invivibili per il traffico 0ltre che in palese  contraddizione con la scelta sciagurata di portare  nuove macchine nelle piazze medievali. Il centro così è ridotto a un suk nel quale di vendono paccottiglie senza patria e il Comune la fa da padrone nel mercato offrendo l’uso dello spazio pubblico al migliore offerente.

Diventato lui stesso maestro di annunci Renzi sa bene che  Piazza della Signoria non tornerà mai al cotto, che   la facciata di Michelangelo non si farà, che  la Battaglia di Anghiari non si troverà e che il Pd, semmai  sopravvivesse al suo lento suicidio, non sarà espressione del territorio. Meglio così, ci manca solo che assuma veste istituzionale un patto tra sindaci che prestano il volto all’oltraggio dell’idea stessa di città intesa come luogo della coesione sociale, dell’armonia tra paesaggio naturale e costruito, l’alleanza tra protagonisti della svendita del Paese e dei suoi beni comuni, la la collaborazione di attori impegnati a impoverire talmente la cultura, l’arte e la conoscenza da farne merce da offrire a poco prezzo a acquirenti amici. Ma come tante volte si è detto a proposito del loro patron, basta non votarli.

 


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