Nello spirito archeologico della nostra politica, non ci sono soltanto i ruderi di Palazzo Lettimi, i cento progetti per il Teatro Galli, l'ex convento di San Francesco destinato a Biblioteca
dell'Università, e la torre libraria gambalunghiana sognata dal 1956. C'è pure una grande offesa al nostro passato: l'Anfiteatro romano dimenticato da quasi tutti. L'ing. Luciano Gorini anche di
recente ne proponeva la riscoperta, ovvero la rimozione di tutto ciò che impedisce di apprezzarne la maestosità. Di forma ovale, misura 120 per 91 metri. Sugli scavi del 1843-44 scrisse Luigi
Tonini, augurandosi che ne fossero fatti altri per "non comune esempio di patria carità".
L'Anfiteatro sorge tra Ausa e Marecchia di una volta. Vicino cioè ai due antichi porti, il più vecchio dell'Ausa (XI sec.) e l'altro sul Marecchia (XIV). Nel 1760 Giovanni Bianchi calcola che tra
la torre dell'Ausa sul mare e le mura cittadine, c'erano 316 piedi riminesi (172 metri), mentre ai suoi tempi la distanza delle stesse mura dalla linea del mare, è di 1.300 piedi, 708 metri.
Che cosa fosse successo non lo sapevano né Bianchi né Tonini: è ciò che mezzo secolo fa ci facevano studiare in pesanti libri di testo di Scienze. Dove, senza preoccuparsi di facilitare
l'apprendimento, gli autori ci avvertivano che esiste l'opera continua degli agenti che modificano la plastica terreste, con fenomeni di colmamento e di sedimentazione. Opera "che continua ancora
oggi nell'epoca in cui viviamo".
Se tornasse all'aria, l'Anfiteatro potrebbe servire pure all'insegnamento delle Scienze che oggi sono molto trascurate. Della loro parte geologica dovrebbero occuparsi pure quanti discorrono di
Storia. Prendendo come punto di riferimento il Delta del Po.
Sull'Anfiteatro avremmo voluto chiedere qualcosa al nuovo Assessore alla Cultura. Ma ce ne tratteniamo, dato che il Sindaco ha avvertito tutti gli Assessori di parlare poco con i cronisti, come
brillantemente ha spiegato Marco Letta sul "Corriere di Rimini" del 31 luglio. Giorno in cui lo stesso Assessore alla Cultura è stato intervistato da Vera Bessone del medesimo giornale, dando
un'anticipazione di peso. Circa i due dirigenti della Cultura e della Biblioteca andati in pensione, ha detto che per ora non ha deciso nulla. Per le casse del Comune e le tasche dei cittadini,
gli auguriamo di scegliere una delle ipotesi che presenta: "Organizzare un assetto interno con le figure esistenti". Ovvero la gente che c'è già, basta ed avanza. [XXX, 1050]
Antonio Montanari
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il Ponte, settimanale, Rimini, 7.8.2011