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Si lavora per vivere, e per lavorare si è disposti a tutto, anche a morire.

Creato il 31 agosto 2012 da Gianna
Si lavora per vivere, e per lavorare si è disposti a tutto, anche a morire. A rinchiudersi in un pozzo minerario nero come il carbone e profondo quasi 400 metri con altrettanti chili di esplosivo, minacciando di farsi saltare in aria. E se non basta ci si può persino tagliare le vene ai polsi, come ha fatto ieri un minatore sardo. Siccome le lotte operaie non fanno più notizia si è costretti a spettacolarizzarle, a costo dell’autolesionismo. Persino l’occupazione di un’isola da parte dei cassintegrati aveva smesso di far notizia dopo un anno. E se gli operai dell’alluminio bloccano l’aeroporto di Cagliari per difendere lavoro e futuro di un’intera comunità, a dare i titoli ai giornali sono al massimo le tante botte che si prendono dai guardiani di un ordine ingiusto. Siamo in Sardegna, un’isola a cui stanno togliendo il tappo per farla affondare definitivamente e dove per difendersi si è costretti ad alzare il livello dello scontro. In realtà ad alzare il livello dello scontro è chi guida il paese fottendosene delle condizioni di vita e del futuro dei suoi cittadini, giovani e vecchi, donne e uomini a cui vengono presentati i conti delle spese fatte da pochi prepotenti.
Il governo dei tecnici ha una sola idea in testa: tagliare le spese, aumentare le tasse con mille balzi e balzelli, liquidare il patrimonio pubblico e quel poco di welfare che si era salvato dai precedenti colpi di mannaia, cancellare i diritti di chi lavora per aprire la strada ai novelli padroni delle ferriere dell’era liberista. Non c’è un’idea della società futura che non ripercorra le vecchie, consunte e incompatibili strade percorse fin qui, quelle che ci hanno portato alla debacle odierna. Non un progetto per l’energia che non si basi sul petrolio, gli investimenti per le rinnovabili costano troppo per Monti&company e dunque i minatori sardi si mettano l’anima in pace, e si tolgano di mezzo. Al massimo possono scegliere il modo in cui farlo. Non un progetto sui trasporti che non sia lastricato di cemento e grandi, inutili e costose opere. Così la Fiat se ne può scappare dove le conviene dopo aver depredato per 113 anni le risorse pubbliche italiane, può chiudere fabbriche di automobili, autobus e trattori senza che il governo ritenga opportuno convocare Marchionne a palazzo Chigi. E Riva può fare quel che gli pare intossicando operai e cittadini di Taranto e scatenando una guerra insulsa tra i poveri, tra lavoro e salute, tra gli stessi operai e tra una parte di operai disperati e ricattati e i cittadini avvelenati di Taranto. Il governo si permette persino di attizzare animi già esasperati contro una magistratura costretta a svolgere un lavoro di supplenza per riempire il vuoto lasciato dalla politica, dalle istituzioni, persino da una parte dei sindacati collusi con il padrone che li ha convinti che l’importante è il lavoro, il salario. La salute è un lusso che non ci si può permettere in periodi di crisi.
La ministra Fornero ci fa sapere che l’autunno sarà caldo, la ringraziamo di averci informato in anticipo. Monti e i suoi ministri parlano e agiscono con la strafottenza di chi pensa di poter tutto sventagliandoci in faccia lo spread e una maggioranza che comincia a puzzare di regime. Sarà meglio darsi una mossa, finché si è in tempo. 

Fonte: il manifesto | Autore: Loris Campetti

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