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Si pente il super boss dei Casalesi Antonio Iovine

Creato il 22 maggio 2014 da Andrea86
Si pente il super boss dei Casalesi Antonio Iovine
Era stato arrestato a Casal di Principe dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010. Quattro anni di carcere duro, poi il super boss di Gomorra Antonio Iovine si è arreso: da alcuni giorni ‘O Ninno, così come era ribattezzato il padrino dei Casalesi per il suo volto da ragazzo, ha deciso di collaborare con i magistrati del pool anti-camorra di Napoli. Una decisione che potrebbe rappresentare una svolta nelle indagini e nella lotta alla camorra. I segreti custoditi dal boss-manager, considerato una sorta di “ministro dell’Economia”, potrebbero adesso ricostruire le collusioni tra uno dei più potenti clan camorristici, la politica e il mondo degli affari.
Si pente il super boss dei Casalesi Antonio Iovine
La cattura di Antonio Iovine, dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010
ANTONIO IOVINE SI PENTE – Iovine, 50enne, era considerato al vertice dei Casalesi, insieme a Francesco Bidognetti, a Francesco Schiavone (il boss conosciuto come Sandokan, catturato nel ’98) e a Michele Zagaria (l’ultimo ad essere arrestato, il 7 dicembre 2011, ritrovato nel bunker dove si era rifugiato). ‘O Ninno era stato condannato all’ergastolo in via definitiva al termine del processo “Spartacus”, il più importante contro i Casalesi. Adesso, dopo la decisione di Iovine, a tremare è tutto l’impero dei clan, come ha spiegato Roberto Saviano su Repubblica. Il motivo? Iovine non era certo un quadro intermedio, bensì veniva definito come «uno che sapeva tutto», arrivato da giovane ai vertici. Non sono stati molti, prima di lui, i camorristi che hanno deciso di collaborare e pentirsi: prima di lui si ricorda Pasquale Galasso, capo della Nuova famiglia. L’altro storico collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi è stato Carmine Schiavone. Ma era un capo della vecchia generazione, che era stato messo ai margini nell’ultima fase e che decise di pentirsi proprio perché allontanato dai vertici. Al contrario, Iovine durante i suoi anni di latitanza – dal 1996 fino al 2010 – ha continuato a gestire le attività dei Casalesi, mente affaristica del clan. Per questo le sue rivelazioni possono fornire informazioni essenziali sui rapporti tra imprenditoria e criminalità, non soltanto in Campania e in Italia. Spiega Repubblica:
«Un’intera generazione di complici rischia seriamente di essere spazzata via. I segreti di politici collusi e amministratori locali conniventi, gli intrecci sui rifiuti, gli affari dell’imprenditoria inquinata, i nomi dei fiancheggiatori e degli insospettabili che hanno custodito le trame di una delle più potenti organizzazioni criminali d’Europa non sono più al sicuro. Tanti che fino a poco tempo fa contavano, adesso tremano».
Lo aveva fatto capire lo stesso Iovine, in un’aula giudiziaria, il 4 dicembre 2013, nel corso del processo sulle minacce alla giornalista del “Mattino” Rosaria Capacchione e allo stesso Saviano. «Chi mi ha protetto durante la latitanza? Se parlassi, inguaierei un sacco di persone», aveva spiegato. Ora, la svolta con la decisione di collaborare con i pm.
LA DECISIONE DI COLLABORARE – Da poco tempo Iovine aveva cominciato a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, che fanno parte del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Ma il percorso è iniziato già da quattro anni, dopo la cattura. Qualche timida apertura alla collaborazione era stata lanciata da Iovine già tre anni fa, il 6 agosto del 2011. Ma quel primo contatto con Ardituro, nel corso di un interrogatorio per una vicenda di usura, era rimasto isolato. Soltanto a dicembre la decisione di revocare gli avvocati, segno dell’intenzione di voler cambiare atteggiamento. Agli inizi di maggio, infine, ha cominciato a riempire pagine di verbale. Documenti che dovranno essere valutati dai pm, per verificare se le dichiarazioni di Iovine siano o meno attendibili. ‘O Ninno è stato trasferito da Nuoro, dove si trovava in regime di carcere duro da quattro anni, mentre per i suoi familiari è scattato un piano di protezione.
MENTE AFFARISTICA – Boss moderno, era la mente del riciclaggio dei proventi delle attività illecite – narcotraffico, racket, truffe su tutte – nell’economia pulita e nel business del cemento. Per poi inserirsi nel mondo degli appalti statali. Ha spiegato Saviano:
«Tutto il segmento nero diventava investimento vivo, costruzione vera: imprese edili, ristoranti, import-export. Uno dei primi colpi di ‘O Ninno fu proprio l’acquisto della discoteca Gilda a Roma: una delle sue prime mosse personali nella capitale. Seguendo l’indicazione del padrino Bardellino, Roma era la vera fortezza da espugnare e Iovine l’ha sempre saputo. Ed è qui che si è legato ai tre settori cardine della capitale: cemento, intrattenimento, politica. Ha provato a scalare la squadra di calcio della Lazio, riciclando 21 milioni di euro provenienti dall’Ungheria, attraverso il suo parente Mario Iovine detto Rififì, a Roma ha investito nel settore del gioco d’azzardo legale»
Rispetto a Iovine, Saviano ha ricordato come Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti non abbiano mai deciso di parlare: «Quando un capo è al 41 bis, sa che non può realmente comandare, ma il suo silenzio è l’assicurazione sui soldi della famiglia ed è un valore generazionale», ha aggiunto Saviano. Cosa ci guadagna allora Iovine dalla scelta di collaborare? Il super boss è giovane, non ha ancora 50 anni ed ha dei figli «perfettamente inseriti nella vita della borghesia romana e campana», si spiega su Repubblica. Recluso nel carcere duro, condannato all’ergastolo e con decine di inchieste sulla testa ‘ O Ninno ha forse capito che probabilmente per lui non restava altra strada che pentirsi. A differenza di altri boss non aveva rinunciato a spostarsi negli anni di latitanza: si era mosso dalla Francia alla Toscana, fino a Roma, seguendo il flusso del denaro e dei reinvestimenti. Per Saviano, Iovine potrà adesso chiarire e raccontare molto: dalle voci che lo hanno descritto – seppur non ci siano state conferme giudiziarie – come «il burattinaio dietro la scalata di Ricucci, Coppola e Statuto», al ruolo della famiglia Cosentino. Fino ai rapporti tra politica e camorra. Una testimonianza che potrebbe cambiare per sempre le conoscenze sulla criminalità organizzata.
Fonte: Giornalettismo

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