Questa scultura si trova in Slovacchia, secondo alcuni, secondo altri si trova a Piacenza. (Mistero risolto: si trova in Slovacchia e a Piacenza c’è una sua piccola riproduzione. Non potevamo farcela mancare!). Ma a prescindere da dove si trovi, quello che sappiamo con certezza è che è dedicata ai “bambini mai nati”. Raffigura una donna in ginocchio che si copre il volto con le mani, sembrerebbe piangere o comunque essere molto sofferente. A poggiarle la manina sulla testa è un bambino, un po’trasparente, tipo fantasma, perché appunto non è mai nato. Il bambino sembra dirle “ti perdono, nonostante tu sia stata un bel po’ stronza”.
Ho visto questa immagine sulla bacheca facebook di un mio contatto e l’ho condivisa sulla pagina di Uagdc per far conoscere questo ennesimo attacco trasversale al diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Attacco che, come ho già detto qui e qui, ha una dimensione organizzativa di livello europeo.
Le reazioni e i commenti a questa immagine sono state numerose e diverse. Alcune delle quali, sinceramente, molto lontane da ciò che mi aspettavo.
A me sembrava chiaro l’intento di un’opera del genere: colpire le donne, condannare coloro che hanno scelto di non portare a termine una gravidanza, stigmatizzare attraverso il senso di colpa.
Ma c’è stato anche chi ha parlato di libertà artistica, di un modo di raccontare un’esperienza, di una giusta rappresentazione della grande sofferenza dell’aborto.
Ecco, è soprattutto sull’ ultimo punto che mi vorrei soffermare. L’aborto è un’esperienza personale, fa parte del vissuto di molte donne e ogni donna può parlare in relazione a quest’esperienza solo per se stessa. L’interruzione di gravidanza può essere per la donna un evento doloroso, una scelta difficile, ma anche no. Si può abortire e stare bene. Non so perché, ma questa cosa sembra molto difficile da accettare.
Ultimamente si sente parlare spesso di sindrome post-aborto (ne avevo parlato qui). Che cos’è questa sindrome se non un tentativo di colpire indirettamente la legge sull’IVG? Sembra dire: “Donna non abortire altrimenti ti rovinerai la vita con il dolore e i sensi di colpa!”.
Questa sindrome non esiste. E dicendo questo non intendo negare che esistano donne per le quali l’aborto, scelto o meno, possa comportare grande dolore, ma che questo dolore non è strutturale, non è una conseguenza naturale dell’interruzione di gravidanza.
Ogni aborto è una esperienza personale, non possiamo sottrarci alle singole narrazioni di ogni singola donna. Si può soffrire, e chi soffre va aiutata, ma si può anche non soffrire. Chi non prova sensi di colpa non deve essere condannata e neppure deve essere messa a tacere negandole la narrazione del proprio vissuto perché estraneo alla letteratura canonica sull’aborto come scelta sofferente.
Ritornando a quella statua, personalmente la ritengo di una grandissima crudeltà. Un modo subdolo per far soffrire le donne.
Le donne hanno diritto di vivere le loro vite e di compiere le loro scelte senza doversi sentire cattive, madri snaturate, assassine e dovrebbero poter fare tutto ciò libere dai sensi di colpa.