La risposta a questa domanda è positiva, come si può intuire. Le librerie rigurgitano di libri mediocri, e vendono tantissimo. Spesso, sono editi da fior di case editrice, ma non mi scandalizzerei troppo: basta non acquistarli.
Ma anche a un’occhiata veloce si intuisce che non c’è alle spalle un vero autore, ma solo un nome e cognome goloso di fama, desideroso di essere al centro dell’attenzione. Lui, non la sua opera. Infatti, il desiderio di molti è solo di avere un nome stampato da qualche parte, e poter vantarsi di aver scritto un libro. Il self-publishing offre a costoro una discreta valvola di sfogo, anche se spesso lo considerano solo un ripiego.
Se è un ripiego, allora per me vuol dire innanzitutto che l’editoria tradizionale lo ha rifiutato (per delle buone ragioni), oppure lo ha respinto per delle pessime ragioni.
Nel primo caso, c’è solo da congratularsi con chi ha rigettato l’opera. E spesso, i “No” non sono rifiuti dettati dal G.C.M. (Grande Complotto Mondiale) che ce l’ha con la nostra sublime opera. No: è solo una brutta opera, fine.
Nel secondo caso, non è un ripiego ma il legittimo tentativo di dimostrare talento e capacità di scrittura ben al di sopra della media. Nessun ripiego, lo riscrivo: il self-publishing è editoria grazie alla quale un autore ci mette nome, cognome e faccia. Se c’è talento, bene; in caso contrario gli alberi ringrazieranno comunque per essere stati risparmiati.
Scrivere è alla portata di tutti, e questo è un bene. Scrivere in un certo modo impone fatica, impegno, tanta scrittura e rilettura da perdere il sonno. Questa fondamentale differenza, che diventa evidente quando c’è talento, oppure genio, viene disconosciuta dalla maggioranza di certi autori.
In fondo, non fanno nulla di male a pensare di voler intrattenere, senza altra ambizione che confezionare un prodotto decente, e capace di vendere bene.
Inoltre, esiste un pubblico che “divora” tali opere.
Tutto giusto, c’è spazio per tutti, e col self-publishing lo spazio si è dilatato a dismisura. Il problema è che poi tutti pensano che sia “semplice”, e qui iniziano le incomprensioni. A mio parere è anche una mancanza di conoscenza, o forse un errore di prospettiva.
Quello che è semplice, comune, tende a essere valutato poco. L’acqua non viene più considerata da noi un bene, perché basta aprire la doccia per averne in quantità. Sino a 100 anni fa la faccenda era differente.
Che fare? Come dico spesso: occorre tornare ai fondamentali. Rincorrere il mercato, o quella volubile creatura chiamata “lettore” non è la soluzione. Il lettore, ribadisco, non sa quello che vuole.
I fondamentali sono i soliti: impegno, lettura, scrittura e talento. Concetti troppo astratti? Certo, ma non sarei preoccupato di questa loro caratteristica, ma al contrario ne sarei felice. Un ambito di lavoro troppo chiuso, o un profluvio di “Devi” non permettono di crescere. Basta fare una lunga passeggiata in un bosco.
Troppi alberi in uno spazio ristretto rendono la vegetazione malata, a rischio. Le piante faticano a svilupparsi, e a crescere. Lo stesso accade quando si pretende di aiutare un esordiente riempiendogli la testa di cose da fare a tutti i costi.
L’unica regola da applicare a se stessi è la disciplina. Il che fa smascellare dalle risate un mucchio di persone. Si capisce: se il mio obiettivo è passare il fine settimana a riprendermi dalla serata in discoteca l’idea della disciplina mi fa ridere.
Viceversa, se ho l’obiettivo di scalare il Cervino in questo fine settimana, vuol dire che ho iniziato da tempo un cammino differente da quello degli altri. Improntato alla disciplina. La montagna pretende molto: e regala poco o nulla. Ma se si sceglie di misurarsi con essa, l’improvvisazione non deve esserci proprio. Perché si rischia la vita.
Scrivere non mette in pericolo, si dice. In realtà la buona narrativa è puro tritolo. Rappresenta una minaccia perché spesso induce il lettore a cambiare lo sguardo su persone e mondo. Se si pensa che la narrativa non è pericolosa vuol dire soltanto che si desidera fare intrattenimento. Legittimo, per carità. Ma è intrattenimento puro e semplice.
Tolstoj ha fatto dell’altro, e occorrerebbe avere al centro delle proprie riflessioni lui e le sue opere, invece che un concetto tanto evanescente come il mercato. O il lettore.