Il fatto è che Salvini, nel tentativo di costruire la sua Alba Dorata all’italiana e dare legittimità al razzismo più ipocrita e al fascismo orfano dei fasti berlusconiani, dice cose riguardo all’Europa e all’euro che fanno parte della cattiva coscienza della sinistra continentale e italiana, si appropria di temi che avrebbero dovuto essere fin dall’inizio della crisi patrimonio di chi difende il lavoro contro il capitale, il pubblico contro il privato di rapina. E che adesso in molta parte del continente vengono paradossalmente sostenuti da chi difende il capitale e il privato di rapina o di evasione contro l’uguaglianza e il principio di solidarietà. Da chi fa atto di fede negli stessi teoremi neoliberisti illudendosi di poter contrastare il potere neo liberista e ricavarsi una tana al riparo dalle intemperie dell’impoverimento generale. Insomma stantii pasticcini da bar. Così ancora di più quel “mai con Salvini” appare come una excusatio non petita che nasconde e rivela insieme l’accusatio manifesta.
Intendiamoci, il programma del leader leghista è un’accozzaglia di mezze idee e idiozie intere che fa da perfetto contraltare all’azione dell’esecutivo e del partito della nazione nel quadro delle contrapposte ottusità. L’anti europeismo e l’anti eurismo del leader della Lega sono soltanto l’espressione rabbiosa di una piccola borghesia che ha fatto per anni la guerra allo stato delle tasse e dei controlli, credendo che il capitale internazionale e le sue strutture lavorassero per loro nel distruggerlo, ma che ora si accorge di essere stata fregata, di essere stata sedotta e abbandonata mentre era incinta del suv, relegata tra il popolo degli sfruttati: di qui il tentativo di ritorno a un sistema chiuso e asfittico nel quale conservare le rendite di posizione raggiunte nell’era del berlusconismo. E’ per questo che il vecchio secessionista è divenuto d’amblée nazionalista. Tutto questo fa parte di quell’uscita a destra dal tallone dei poteri finanziari che è stata la sconsolata preoccupazione dei pochi che hanno tentato di svegliare la sinistra dal suo sonno dogmatico. E che ora comincia a delinearsi prima ancora che in favore di Salvini e dei sui di amici tutti Casa Pound e Chiesa, nella lotta ad ogni opposizione non di comodo come si è visto ieri a Roma dove l’allarme era tutto per i cosiddetti antagonisti e non per i travet, i mendichi e i clientes dell’antirenzismo di facciata accorsi peraltro in numero modestissimo tanto che la piazza era meno piena di quanto non sia nei normali giorni di festa.
Tuttavia è ormai chiaro che le politiche reazionarie che vengono imposte in nome della moneta unica, servendosi della stessa come di un’arma letale alla minima disubbidienza, le balle sulla crescita e sulla ripresa a cui siamo sottoposti e che nel migliore dei casi hanno come approdo palingenetico i tristi obiettivi del “miracolo cileno” ( vedi qui), rendono il salvinismo potenzialmente attraente anche per chi si sente orfano di progetti politici realmente e concretamente alternativi. Per cui ora la parola d’ordine che circola nella sinistra non è poi così diversa da quella di un personaggio di straordinario appeal intellettuale come Fitto: né con Renzi, né con Salvini, come se due negazioni potessero di per sé essere un programma e non la prova evidente di una sua assenza.