Qualcuno dirà che è stata una morte fra tante, qualcun altro dirà che in sport come quello ogni rischio va calcolato. Qualcun altro scriverà che, come lui, altrettanti se ne vanno in silenzio e nel più completo anonimato. Tutto vero, sicuramente. E' altrettanto vero, però, che l'umanità è costretta, per qualche alchimia sconosciuta, a vivere di simboli. Si ricordano episodi e protagonisti, nonostante quella che chiamiamo Storia sia fatta da volti e persone destinate ad essere collettivamente sconosciute. In questo marasma di opinioni e di idee, sullo sfondo ma non troppo, un 24enne che provava a tenere alto l'onore dell'Italia è deceduto svolgendo un lavoro giustamente confuso con passione. Se ne va così, troppo velocemente, quel ragazzo chiamato Marco Simoncelli. Quando un ragazzo muore, se ne va anche una speranza. E' un pò come avere un intero libro ancora da scrivere, con una sola penna a disposizione. Se si rompe quella, nessuna pagina potrà più essere riempita. Così, qualche volta, quella penna viene meno. Nel viaggio che siamo costretti a chiamare vita, alle volte, vicende come queste lasciano sensazioni che è difficile spiegare a parole. Se in ciascun giovane è riposto un seme di un'Italia nuova e da ricostruire, una morte come questa non può umanamente lasciare indifferenti. Quando si provano a cercare ragioni, nessuna giustificazione è possibile. Si dirà che lo sport è un circo, che è opportuno non prestarci troppa attenzione perchè 'the show must go on', tanto per citare i Queen. Altrettanto vero, probabilmente. Il rischio calcolato e cercato non può giustificare, comunque, un'uscita troppo veloce dal palcoscenico della vita. E' opportuno fermarsi a riflettere, in un'Italia che normalmente soffoca e reprime il futuro di chi lo dovrebbe, per diritto, avere. In questo campo, purtroppo, la morte di un ragazzo classe '87 ha il dovere di fare effetto. Lascia interviste e simpatia, lascia qualche gara memorabile che per gli esperti sarà oggetto di ammirazione e culto. Lascia quello che, di più caro e silenzioso, forse gelosamente e giustamente custodiva: una ragazza che era con lui da 5 anni, una famiglia e tanti amici. Lascia una vita che, forse, potrà diventare modello per altrettante nuove generazioni che arriveranno: tanti e troppi capelli per una simpatia che perforava diecimila schermi televisivi. In un'Italia che non riesce ad essere un paese per giovani, purtroppo, notizie come queste lasciano un'impronta pesantissima per essere cancellata. Su uno sfondo impossibile da cancellare rimangono parole. Rimane, di pari passo, qualche verso della canzone che giornali ed interviste indicarono come la sua preferita: 'Siamo solo noi', del celeberrimo Vasco Rossi. Qualche verso che, più di ogni altra cosa, rimarrà scolpito dietro questa vita iniziata nel 1987 e spezzata nel 2011: "[...] siamo solo noi.../quelli che poi muoiono presto/ quelli che però è lo stesso[...]" Dentro ad un verso, purtroppo, un destino spezzato. Poche parole per ricordare una vita che avrebbe potuto, forse, regalare alla storia, all'Italia ed allo sport altrettante pagine importanti. Un abbraccio a chi rimane, a chi lo ha conosciuto per davvero da vicino. Un abbraccio che, sicuramente, non potrà servire a nulla. Si viene e si va, alle volte troppo velocemente per essere ricordati. 'Quelli che muoiono presto', appunto...'Quelli che però NON è lo stesso.' Che la Terra ti sia lieve.
Firmato, un tuo coetaneo
Immagine tratta dal sito ufficiale della giovane vita spezzata
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