“Il mondo moderno e la televisione, che è il suo specchio, sono ancora allineati sulle posizioni della filosofia utilitaristica che, come ben noto, si basa su semplici concetti. Primo: tutti quanti si annoiano mentre non desiderano altro che essere felici e divertirsi; quindi portarli al massimo del divertimento e della felicità, magari con le fregnacce”
Una film – anzi, un mondo-movie o shockumentario – che vanta questa ed altre massime deliranti nei propri testi, merita innanzitutto attenzione: Jacopetti (con Cavara e Prosperi) inventò indiscutibilmente il genere; i fratelli Castiglioni gli diedero presunti sottotesti antropologici e John Alan Schwartz lo rese maledetto con il celebre Le facce della Morte. Proia, esperto in materia (Mondo di notte numero 2 e 3, Mondo di notte oggi) sceglie una quarta strada, che in maniera deliberata scansa tout court la verosimiglianza dei fatti affrontati, virando senza soluzione di continuità verso la commedia sexy e situazioni da puro avanspettacolo.
L’umanità tutta, fin dai magnifici titoli di testa che mescolano articoli de “L’Espresso” a volti della politica e dalla mondanità del periodo, è oggetto privilegiato dell’analisi voyeuristica che fa da assunto all’operazione documentativa.
Una (in)civiltà ritratta maldestramente attraverso materiali di varia e dubbia origine: estratti da documentari, spettacoli di cabaret e sovente sequenze comiche girate ex novo, con caratteristi noti del cinema bis come Max Turilli e Sandro Ghiani. E’ proprio questa la maggiore differenza rispetto ad altri prodotti del filone “mondo”. Il regista romano sembra prediligere il ricorso ad una ricostruzione platealmente improbabile e farsesca, fino a poco tempo prima esclusiva di opere di pura finzione come la commedia scollacciata. Sequenze come quelle della banca del seme o del congresso internazionale sulla fame nel mondo valicano l’inclassificabile con imprevedibile leggerezza d’intenti. L’autore ha pienamente compreso la crisi di credibilità del documentario shock e risponde con divertita autoironia allo spettatore oramai smaliziato: non più immagini crude e violente; al contrario situazioni artefatte e folli, superficiali e sguaiate, in linea con modelli culturali che vanno gradualmente affermandosi: il crescente mercato pornografico, la pubblicità, il boom delle televisioni commerciali. La fotografia è cangiante come le innumerevoli fonti montate nei circa 80′ di metraggio, la sequenzialità degli eventi totalmente arbitraria, il montaggio di imbarazzante funzionalità. Tuttavia l’opera possiede una sua verve bizzarra, avvalorata dal culto carbonaro che sembra vantare sulla Rete. Un’energia che trasfigura la pochezza dei mezzi in una coraggiosa ed originale forza espressiva, manifesto d’intenti che sembra voler urlare “anche questo è possibile”.
Nonostante tutto.
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