Magazine Hobby

Siamo il Paese più ludopatico del mondo

Da Massimoconsorti @massimoconsorti

Siamo il paese più ludopatico del mondo. Oltre un milione di “malati di gioco” e sognatori disperati. Anche grazie allo Stato.
Si chiama malattia da compulsione da gioco o ludopatia. In Italia la trattano e la curano i Sert che la considerano (al pari del fumo, dell’alcool e delle droghe), una dipendenza. Secondo una ricerca effettuata dalla Commissione Antimafia (sintomatico che a commissionarla sia stata proprio questa commissione), i ludopatici nel nostro paese sono più di un milione e coinvolgono nella loro patologia, fra familiari, conoscenti, strozzini e amici altri sei milioni di persone. Fino a tre anni fa l’80 per cento dei giochi che creano dipendenza erano considerati d’azzardo (e tanto li continua a ritenere il ministro della cooperazione e delle dipendenze Andrea Riccardi), poi il governo del più grande statista dell’universo li ha legalizzati e i risultati sono stati devastanti. Siccome Silvio è uno che non si lascia sfuggire nulla pur di fare cassa, nel momento in cui ha liberalizzato i giochi ha creato una società, la Glaming, detenuta al 70 per cento dalla Mondadori, che è una delle più grandi tenutarie del poker on line. Ma parliamo di numeri. In sette anni il gioco cosiddetto 'lecito', ha prodotto un fatturato di 309 miliardi di euro mentre ne sono previsti oltre cento solo per il 2012. In Italia sono attive oltre 400mila macchine per il gioco, il 15 per cento in più della media europea, e a detenerne il monopolio sono le mafie. Una pubblicità su tre in televisione riguarda il gioco ‘d’azzardo’ e nonostante l’invito di Sisal a “giocare il giusto”, gli italiani continuano a ritenere le scommesse, il poker on line e i gratta e vinci l’unico modo per sconfiggere la povertà e dare una svolta alla loro vita con rendite mensili da capogiro, il sogno di ricchezze da creso e una vita da turisti per sempre. I giochi classici, quelli cosiddetti da “tavolo”come il Lotto, il Superenalotto o il vetusto Totocalcio, appartengono ormai all’archeologia ludica italiana sostituiti, come sono stati, dai devastanti e solitari giochi on line che non sempre sono destinati a fregare soldi ma spesso a creare le condizioni perché la gente giochi e, ovviamente, perda. Grazie alle slot machine e le altre macchine mangiasoldi, le mafie hanno instaurato un nuovo controllo del territorio proprio come le gang americane negli anni Venti e Trenta con le bische clandestine e la vendita di superalcoolici, una sorta di potere di vita e di morte su chi,vittima del gioco, si rivolge a loro per saldare debiti o continuare a scommettere. A cascarci sapete chi sono? Disoccupati, pensionati, casalinghe disperate e soprattutto i giovani che sembra non abbiano nessun’altra prospettiva del denaro facile ottenuto con una grattatina o pigiando un tasto rosso. La ludopatia è diventata una questione sociale al punto che il ministro Riccardi ha deciso di portarla in Parlamento. Non fosse altro che per tentare di arginarla iniziando a proibire la pubblicità in televisione e sui giornali proprio come per le sigarette. Il gioco sembra insomma essere diventato la via di fuga preferita dagli italiani, la speranza ultima di una vita migliore nel caso di una vincita sostanziosa o di una esistenza senza troppi pensieri quando si tratta di passatempi che inibiscono le sinapsi. Stiamo parlando di quei giochi on line che spopolano su Facebook (e su altri social network) che tengono incollate al monitor milioni di persone in tutto il mondo e che accumulano miliardi di ore di connessione che fanno fatturato. Se qualcuno pensa che Zuckerberg sia un benefattore teso al diletto gratuito di milioni di utenti non ha capito una mazza. Più aumentano le ore di connessione al sito più il mercato pubblicitario si arricchisce. E più si arricchisce il mercato pubblicitario di Zuckerberg più si rincoglioniscono i giocatori che costruiscono città e fattorie, che allevano e coltivano papaveri e papere come fossero agronomi e zoologi provetti o ingegneri o architetti o strateghi delle produzioni intensive, mentre non sono che numeri di un gioco miliardario ma non per loro. Senza considerare che molti di questi videogame arrivano al punto di interrompere e inibire qualsiasi attività sociale al di fuori del monitor che diventa l’unico interlocutore di solitudini devastanti. Sarà perché non abbiamo mai particolarmente amato i giochi (non ‘giocare’ che è tutt’altra cosa), ritenendo perfino la tombola natalizia una gran rottura di palle, vedere vite perse dietro un maiale virtuale ci intristisce profondamente. Forse è questa la ragione per la quale quando se ne materializza uno vero milioni di italiani lo votano senza battere ciglia.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines