Oggi si inaugura ad Oristano il terzo corso di epigrafia nuragica. A Gigi Sanna, ideatore e conduttore del corso, hanno scritto una lettera di auguri Jean-Claude Fradin e Joseph Grivel, presidente e segretario della Associazione Museo Glozel. Vale la pena di conoscerla, se non altro per avere conforto: le ottusità non hanno confini definiti.
di Jean-Claude Fradin* e Joseph Grivel**
Caro Professore, Glozel illustra magistralmente il proverbio, improntato al Vangelo di Luca, secondo il quale “Nul n'est prophète en son pays” e che in italiano dovreste esprimere con “Nessuno è profeta in patria”. In effetti, raramente un patrimonio sarà stato altrettanto bistrattato in Francia. Nel 2001, un agente del Ministero della cultura ha persino scritto che bisognava ormai smettere di parlarne. Perpetuava così, in forma contemporanea, i divieti dell'inquisizione e la pratica degli autodafé. Lo Stato francese si è impegnato due volte contro Glozel. La prima rimonta al 4 ottobre 1927, data nella quale il Ministero della pubblica istruzione e delle belle arti apre una istanza provvisoria in previsione di classificare (confiscare?) le scoperte e il sito di Glozel. Ma il progetto è abbandonato quattro mesi dopo. La famiglia Fradin ricopre allora ciò che gli apparteneva legittimamente. Quel giorno, lo Stato francese, sia pure suo malgrado, ha salvato Glozel preservando il suo status di patrimonio privato. Il secondo impegno dello Stato data di trenta anni. Nel 1983, il Ministero della cultura finisce per accettare – per ragioni non scientifiche – a far procedere con qualche sondaggio nel sito di Glozel, in zone sterili o già scavate. Il rapporto di questi lavori non è mai stato pubblicato e non lo sarà certamente mai. Ma le conclusioni del rapporto, poco favorevoli, sono state rese pubbliche. Un po' come se ci si chiedesse di validare ad occhi chiusi il teorema di Fermat senza fornirne la dimostrazione. Salvo che gli atti di fede si riservano a Dio. In questo contesto ostile, non si può affatto prendere in considerazione in Francia lo sviluppo della sia pur minima curiosità riguardo Glozel in ambito universitario, se non correndo il rischio di compromettere la carriera. In un paese in cui l'archeologia professionista è funzionalizzata, un giovane archeologo non entra nel mestiere abbordando un soggetto che la gran parte dei suoi pari discreditano. Lo stesso capita a un giovane epigrafista. Se Glozel è sostenuto in Francia, è dunque per via di istituzioni private. D'altro canto, liberi dai nostri pregiudizi Esagonali, numerosi ricercatori stranieri non hanno esitato, in qualità, a impegnarsi in questo studio. Il Museo di Glozel si è dato come missione primaria di conservare le scoperte fatte nel Campo dei morti e di difendere la memoria dei primi scopritori, Emile Fradin e Antonin Morlet. Non è impegnato nel dibattito archeologico ed epigrafico che questo patrimonio ha suscitato. In questa controversia sempre molto vivace, il nostro ruolo si limita dunque a quello si attenti spettatori. Ma questa riserva non ci impedisce di essere sensibilissimi ad ogni intrapresa scientifica che consideri Glozel un soggetto serio, degno di essere studiato. È questa curiosità benevola che noi abbiamo percepito nel suo interesse per Glozel, caro Professore, e della quale la ringraziamo calorosamente.
* Presidente della Associazione “Museo di Glozel” ** Segretario della Associazione