Sicilia, nel segno della bilancia. Viaggio nell'obesità infantile
Creato il 07 febbraio 2014 da Giuseppe Lombardo
@giuslom
Nando Mericoni, all’anagrafe Alberto Sordi, in Un Americano a Roma lanciava la sua sfida personale: “Maccarone, m'hai provocato e ti distruggo!”. Poche battute e uno splendido ritratto, un affresco destinato a testimoniare su pellicola il rapporto romantico che lega gli italiani alla tavola. Ma cosa succede se quel legame diventa indissolubile, anche a spese della salute? Se le giovani generazioni crescono non tanto anagraficamente, quanto fisicamente, bruciando le tappe e non le calorie? Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, oggi viviamo in un ambiente “obesogenico”: uno spazio in cui aumenta la sedentarietà, peggiora l’alimentazione, diminuisce la qualità della vita.Anche l’Italia è investita frontalmente da questo fenomeno, non a caso è stata premiata la scelta di dedicare l’Expo del 2015 al tema “Nutrire il Pianeta, energia per la Vita”. Dal 2005 il Ministero della Salute ha cercato di affrontare, d’intesa con le regioni, le criticità partendo dai dati. Le ultime rivelazioni mostrano come il 24% dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni presenti un eccesso di peso. La Sicilia segue il trend: lo ha ammesso implicitamente lo stesso Assessorato della Salute regionale, monitorando il fenomeno ed organizzando, lo scorso novembre, un meetinga Catania, un incontro sulla “Educazione alimentare in età pediatrica”. L’obiettivo, in agenda da alcuni anni, è quello di rafforzare una campagna di prevenzione che consenta di disinnescare i rischi, riflettendo sui benefici economici annessi per l'erario pubblico. Benefici evidenti, se è vero com’è vero che le malattie croniche – quelle che investono l’apparato locomotore, cardiovascolare e respiratorio – sono spesso determinate da cattivi comportamenti dei soggetti. Come ha rilevato Salvatore Reguirez, Dirigente educazione e promozione alla Salute del Dipartimento Attività Sanitarie, ciò equivarrebbe ad “abbattere uno dei fattori di rischio più importanti per la contrazione di patologie cronico-degenerative, compresi i tumori, il cui costo dell’assistenza, anno dopo anno, sta raggiungendo livelli esorbitanti”.Un passo significativo, dunque, attuabile soltanto tramite la cooperazione di molteplici soggetti: dai medici alle industrie alimentari, dal mondo agricolo agli enti locali, dalle associazioni alle istituzioni nazionali – ed in tal senso s’inquadra il Progetto Nazionale di Promozione dell’Attività Motoria (PNPAM) –, senza trascurare le famiglie. Già, le famiglie. Un tasto dolente, quello della responsabilità alimentare, se autentica è la fondatezza scientifica dello studio realizzato da Nemet, Pantanowitz ed Eliakim. Questi hanno dimostrato come la propensione alla cattiva alimentazione dei genitori condizioni al 98% la sovraesposizione al fenomeno dei minori. Un dato che si intreccia con le rilevazioni regionali, che dal 2008 in avanti mostrano come l’obesità tenda a diminuire con il crescere del livello di istruzione della madre. Per questo la dottoressa Francesca Cardella, responsabile Diabetologia Pediatrica all’Ospedale Di Cristina di Palermo, insiste sulla necessità di sviluppare, anche nel contesto isolano, “una sorveglianza nutrizionale sulle corrette abitudini alimentari, che vanno gestite sin dall’epoca fetale, quindi attraverso una corretta alimentazione della madre, che rimane l’attrice fondamentale del percorso educativo della propria prole ed in questo può e deve avvalersi della collaborazione del pediatra di famiglia”. Una scelta obbligata e una strategia di lungo respiro per affrontare l’emergenza e ripristinare i valori della dieta Mediterranea.
*** Dati del sistema di sorveglianza "OKkio alla Salute"
- Sul campione preso in analisi, a livello nazionale il 22,6% dei bambini è risultato in sovrappeso, il 10,9 % in condizioni di obesità.- La variabilità del dato a livello regionale mostra i picchi nelle aree del sud (se 15 bambini su 100 a Bolzano mostrano una propensione al fenomeno, in Campania si registra una media del 48%. In Sicilia il 24% dei bambini di età inferiore agli 8 anni è in sovrappeso, il 13% in condizioni di obesità).- Tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 37% non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale e solo il 29% pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva.
IntervistaAccertato l'impatto del fenomeno e le criticità ad esso legate, abbiamo intervistato il dottore Salvatore Scondotto, Dirigente del Servizio Osservatorio Epidemiologico Regionale.Dottore Scondotto, nella nostra regione qual è la reale incidenza del fenomeno?In Sicilia fino al biennio 2008/2009 eravamo la maglia nera d’Italia, secondi solo alla Campania. Il 25% dei bambini in età compresa fra i 6 e gli 8 anni era in sovrappeso, il 17% presentava sintomi di obesità. Tanto a livello nazionale quanto a livello regionale si è ritenuto doveroso intervenire con una campagna per la prevenzione e la correzione delle cattive abitudini alimentari. Una campagna che ha avuto un riscontro decisamente positivo: nel 2012 il 24% dei bambini è risultato in sovrappeso, il 13% in obesità. E sono gli ultimi dati di cui disponiamo. Ci siamo allineati alla media nazionale, perdendo 4 punti percentuali.Come mai le regioni meridionali sono sovraesposte al fenomeno?E’ principalmente un problema di tipo culturale. Spesso e volentieri, soprattutto al Sud, passa un cattivo adagio: l’idea che in bambini “più sono in carne, più sono in salute”. Quando è ovvio che non è così…Un genitore preoccupato e consapevole a quali enti o strutture può rivolgersi?Naturalmente il primo passo porta dal pediatra, che deve essere in grado di diagnosticare il fenomeno e che può intervenire con cognizione di causa. Questi può consigliare la famiglia in merito al da farsi. Nei casi più complessi esistono centri specialistici a Palermo, a Ragusa e in altre località della Sicilia. Sarà il pediatra stesso a valutare, caso per caso, le condizioni.La prevenzione vera e propria in cosa consiste?Esistono fondamentalmente tre tipi di intervento. Un intervento di sorveglianza nutrizionale sui dati, grazie alle rilevazioni scolastiche realizzate dal Servizio igiene delle Asl sotto il profilo campionario. Un’analisi individuale dei casi più complessi: i già menzionati centri specialistici. Ed una campagna informazione realmente incisiva, basata non solo sui rischi legati ai problemi di salute, ma anche sulla necessità di tutelare prodotti tipici di sicuro impatto nutrizionale. In tema di rischi, per una struttura pubblica quanto sono ingenti in media i costi legati al fenomeno?Sono costi elevatissimi. La spesa sanitaria per le malattie croniche è spesso determinata da comportamenti non sani. Esistono quattro fattori di rischio: la cattiva alimentazione, il fumo, l’alcol e la sedentarietà. Malattie circolatorie, tumori, diabeti, malattie respiratorie sono il riflesso di comportamenti sbagliati.(31/1/14)
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