(fonte: @nmvioggi.it – leggi l’articolo orginale >>)
“Forse non è una coincidenza o un caso che il prodotto fosse ‘biologico’. Senza voler condannare nessuno, questi prodotti ‘biologici’, che si giovano solo di sostanze naturali, si arrogano meriti spesso indebiti. Sono infatti i produttori coloro che garantiscono la purezza dei prodotti e quindi la salute, mettendoli in contrapposizione con i prodotti industriali che invece sarebbero il frutto della chimica”.
L’invito a ripensare alla sicurezza del cibo bio è rilanciato da Silvio Garattini direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, dopo gli sviluppi dell’emergenza E. Coli. “Bisogna uscire- argomenta Garattini- dal falso dualismo tra prodotti bio (sempre buoni) e prodotti tradizionali (sempre cattivi): “La contrapposizione tra prodotti biologici (per definizione buoni) e prodotti chimici (cattivi) non è basata su seri confronti ed evidenze scientifiche”.Andrea Ferrante, presidente nazionale dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (Aiab): “La sicurezza alimentare è in cima alla nostra attenzione e non possiamo accettare che affermazioni fondate sull’ignoranza continuino a provocare ingiustificati allarmi e criminalizzazione di un intero settore”.
Un ruolo per il veterinario d’azienda? Senza dubbio, secondo l’ANMVI, che ricorda come la produzione biologica sia un sistema globale di gestione dell’allevamento basato sull’ applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali. L’allevamento biologico dovrebbe soddisfare le specifiche esigenze comportamentali degli animali secondo la specie, e la gestione della salute degli animali dovrebbe basarsi sulla prevenzione delle malattie. A questo proposito, si dovrebbe prestare particolare attenzione alle condizioni di stabulazione, alle pratiche zootecniche e alla densità degli animali.
“Bisognerebbe che i veterinari mettessero piede nel settore dell’agricoltura biologica” è stata la dichiarazione esplicita del Direttore Generale della Sanità Animale e del Farmaco Veterinario, Gaetana Ferri, durante una video intervista con la FNOVI sull’apicoltura – a proposito di una filiera alimentare fra le più propagandate come “naturale e biologica” – di cui la veterinaria si sta riappropriando dopo anni di carenze formative, sanitarie e di titolarità professionale.
Già nei primi giorni dell’emergenza E.Coli il Capo Dipartimento per la Sicurezza Alimentare Romano Marabelli si è rivolto alla platea dei medici veterinari di sanità pubblica, riuniti a Cremona da ANMVI International sottolineando come in ogni emergenza l’elemento rilevante è il completo controllo di tutto il sistema produttivo, “anche delle componenti secondarie” – ha aggiunto- ” e sui prodotti biologici, un settore in cui c’è molta autoreferenzialità e dove i prodotti non godono ancora di una verifica sufficiente come è invece per i prodotti tradizionali”.
Dal 1 luglio del 2010 l’agro-zootecnia ha un proprio logo e dal 1 gennaio 2009 una regolamentazione europea che chiama direttamente in causa i trattamenti sanitari in stalla e la sicurezza dei prodotti alimentari di origine animale. Dal luglio del 2010, tutti i prodotti alimentari biologici preconfezionati nell’Unione europea devono recare obbligatoriamente il logo biologico dell’UE.