Per fortuna che abbiamo angeli custodi straordinariamente solleciti nel tutelare la nostra salute come dimostrano Ilva, Eternit, discariche abusive in ogni dove e altre mille situazioni. Così solleciti nell’occhiuta prevenzione che per renderla più cogente si dedicano alla sistematica distruzione della sanità pubblica . Così i nostri custodi dell’istituto superiore di sanità, sbattendo le ali, hanno imboccato la strada di un divieto delle sigarette elettroniche nei luoghi pubblici: troppo pericoloso quel loro mefitico vapor d’acqua – alle volte perversamente aromatizzata – che potrebbe anche contenere frazioni infinitesime di nicotina, circa dieci volte inferiori a quelle contenute in un peperone o in una patata.
Poi ci hanno ripensato e hanno detto che si tratta solo di un’indicazione di massima, non di un divieto che per ora vale solo per le scuole, riuscendo con questo solo ad aumentare la confusione: e del resto quando il ministro della sanità è Beatrice Lorenzin le cose si fanno come le quattro chiacchiere al bar, magari dopo aver fumato cose assai più serie. Ma forse è proprio questo stato di incertezza e di indeterminazione che si voleva creare per evitare il rischio che diminuisca il lucroso mercato del tabacco e anche quello della multinazionali del farmaco che producono cerotti, sigarette a secco con contenuti di nicotina decisamente superiori, gomme da masticare e quant’altro. C’è infatti chi con la sigaretta elettronica ha smesso di fumare, ma moltissimi altri la usano come un succedaneo tenendosi lontani dalle tabaccherie e mettendo dunque in pericolo i nostri impegni europei. Tutto questo parte infatti dall’ipotesi del tutto fumosa e indimostrata che l’uso della sigaretta elettronica favorisca il tabagismo: che è come dire che l’uso del triciclo nell’infanzia favorisce l’uso dell’auto da adulti.
Non manca un tocco di grottesco, come sempre nella commedia all’italiana a cui infine si è ridotta ad essere l’Italia. Il pasticcio viene infatti fuori all’indomani della nascita della prima sigaretta elettronica made in Italy che pare essere – una volta tanto – più evoluta rispetto a quelle già in commercio. Ci vogliamo esimere dal mandarla in vacca con le indicazioni ambigue della Lorenzin? Non sia mai che abbia successo, affossiamola subito.