Il fenomeno delle sigarette elettroniche è un vero e proprio boom: sono 320.000 gli italiani che sono passati al fumo elettronico, con un giro d’affari nel 2011 pari a 100 milioni di euro; sono soprattutto giovani tra i 16 e 25 anni e over 45.
I medici però sono perplessi sull’utilizzo della sigaretta elettronica, e soprattutto per i più giovani differenti studi hanno riscontrato rischi: differenti studi infatti hanno riscontrato dei danni immediati a livello di bronchi e polmoni. Le sigarette elettroniche funzionano con soluzioni di acqua e nicotina che vengono riscaldate e producono vapore inalabile, al contrario delle sigarette normali che invece vengono aspirate per combustione del tabacco. Nonostante le dosi di tabacco minime rilasciate da questi dispositivi però, molti ricercatori hanno espresso forti perplessità e in alcuni stati, come Canda, Australia, Norvegia e Cina, tali sigarette sono già state vietate. E secondo l’istituto Superiore di Sanità, tali sigarette possono addirittura nuocere alla salute.
Uno studio recentemente pubblicato dell’Università di Atene ha infatti riscontrato che sia in soggetti fumatori che non, l’utilizzo di queste sigarette provoca una broncocostrizione, ovvero un restringimento del diametro dei bronchi che oppone resistenza al passaggio dell’aria.
Per di più con questi dispositivi, il rischio di dipendenza dal fumo può aumentare; attenzione soprattutto a chi ha scelto le sigarette elettroniche per smettere di fumare: non esiste nessun studio scientifico che provi la loro utilità. Le sigarette elettroniche infatti contengono potenziali livelli di nicotina che potrebbero avere effetti nocivi sulla salute, in particolare nei più giovani. Di conseguenza, c’è chi sta giù suggerendo di imporre anche sulle sigarette elettroniche a base di nicotina, l’obbligo di indicare i rischi per la salute, come sui normali pacchetti.
La situazione si fa anche più complicata con la diffusione sempre più ampia di dispositivi contraffatti: si profila necessaria quindi una regolamentazione come dispositivi medici, come già avviene in altri paesi (Stati Uniti, Danimarca e Austria).