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Silenzio: in Sicilia è tempo di decidere

Creato il 27 ottobre 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Fine della campagna elettorale più difficile della storia isolana, combattuta a colpi di improponibili slogan e ricostruzioni degne di un libro della Rowling. E adesso?  Qualche dritta fantozziana per non sbagliare anche stavolta

Basta con le cene di plastica e gli aperitivi al vetriolo. I muri delle città ricominciano a respirare, niente più collosi adesivi sui pali della luce. A terra rimangono solo i santini elettorali: sì, quelle fotografie con la preghiera di voto che il candidato rivolge al cittadino; una volta lo chiamavamo fac simile, ma oggi chi accetterebbe più un ordine da quelle facce da galera?

Gli slogan sono finiti: certo, durante il mese appena trascorso ne abbiamo visti davvero di divertenti. C’era chi si è appeso al significato delle parole, chi proponeva aggiunte di consonanti improbabili, chi si definiva amico e chi ancora, con tono quasi minaccioso, dice di fidarsi del popolo che vorrebbe rappresentare, senza rendersi conto che è ormai quel popolo a fidarsi più di Burlamacchi forestieri, invece di rinnovare la fiducia ai soliti politici locali.

Si è combattuta una sfida singolare in cui abbiamo potuto prendere atto della scarsissima reputazione che questi novelli Don Rodrigo hanno del corpo elettorale isolano, cui hanno rivolto proclami e richieste con una pochezza comunicativa che mette in chiaro tutti gli errori di valutazione commessi dalla Gelmini prima e da Pansa poi.

Il PdL ha temuto Grillo dalla notte dei tempi ed i superstiti del partito di Berlusconi e Fiorito hanno provato in tutti i modi a denigrare la campagna elettorale della “gente comune”, quella per cui “uno vale uno”.  Il timore è quello di una disfatta senza precedenti, di una Caporetto epocale. E’ profondamente radicata la paura del risultato, che il candidato Musumeci sta potendo contare unicamente sulla forza del proprio nome, evitando di inserire il proprio partito di appartenenza nella coalizione che lo sostiene. Storace è sceso in Sicilia a dire quattro ricche e sacrosante baggianate, ma le ha dette a favore di un candidato che non faceva (formalmente) parte del suo partito. Ridicolo, si prende atto di un marchio che non vende e lo si “rottama”, utilizzando un verbo tornato prepotentemente di moda.

E si denigra il legittimo diritto di esercitare il voto disgiunto. Roba che dà da pensare…

Manca la “destra”, e manca da troppo tempo. Non si illudano i nostalgici, non basterà il 4% (ottimistico) del partito di Fini, né i figliocci del 61-0 di berlusconiana memoria. I tempi sono cambiati anche in Sicilia, i risultati potrebbero risolversi in una debacle in termini di preferenze (anche se siamo certi che lunedì sera avranno vinto tutti, come sempre d’altronde!).

Ma c’è di più.

Osserviamo da vicino le schede elettorali del 2008 e quella del 2012.

Silenzio: in Sicilia è tempo di decidere

E adesso si guardi quest’altra

Silenzio: in Sicilia è tempo di decidere

Decisamente un bel rimescolamento di carte in cui nessuno può permettersi di dare lezioni di legalità e dignità a chicchessia. La destra dei finti duri e puri ha sostenuto nel 2008 quel Raffaele Lombardo che poi è rimasto in sella fino a luglio di quest’anno grazie all’appoggio del Partito Democratico. L’UDC (Dio ce ne scansi!) è passato dal Viceré a Crocetta, Grillo vola sempre da solo mentre Di Pietro svolazza ancora più a sinistra di cinque anni fa.

Cosa votare? Chi sostenere quando le liste candidano ben trentadue (32) individui che non possono proprio vantare una fedina penale linda di bucato?

Andiamo per ordine.

In primis, logica vuole che non si voti per chi si candida senza avere discusso ed esposto un programma, ma discutere di questo punto ci sembra irriguardoso nei confronti dei nostri (e)lettori.

Crediamo non si possano sostenere né i partiti che reggono il governo Monti, né quelli che hanno contribuito allo scempio dell’amministrazione Lombardo.

Quindi, non andrebbero votati gli inquisiti e i condannati, benché gli eccessi garantisti facciano propendere per la presunzione di innocenza.

In secondo luogo non bisognerebbe votare per coloro i quali hanno imbrattato le mura delle nostre città con quei faccioni da schiaffi, buoni per farci un bersaglio per chi gioca a darts.

Non crediamo si possa accordare preferenza a chi, nel corso di una campagna elettorale vissuta in tempo di crisi, abbia fatto sfoggio di lusso, ricchezza, spreco. Se non altro, perché logicamente dovrà riprendersi quei soldi, una volta salito in poltrona! Si conceda una goccia di sano qualunquismo, più volte ribadito come fondato dalle cronache. Quindi bisogna dire un secco “NO” alle cene, ai contributi in denaro, alle serate mondane, ai cocktail annacquati in serate danzanti “gentilmente offerte”.

Dobbiamo trovare la forza di dire no a chi promette il bene dei pochi: perché questo significa il male dei molti.

Si vinca la tentazione fortissima di rinunciare ad esercitare il proprio diritto di voto, anche se il dato dell’affluenza sarà certamente quello più indicativo del livello di disaffezione che i siciliani hanno per la nostra vituperata politica.


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