Ripercorriamo un po’ di fatti. Ad Agosto Silvio Berlusconi riceve una lettera da Muhammar Gheddafi che, con tono accorato, gli ricorda il trattato di amicizia Italo-Libico appena firmato. Gheddafi gli scrive che, pur non ritenendolo direttamente responsabile di quanto sta accadendo, spera che “tu abbia ancora la possibilità di fare marcia indietro e di far prevalere l’interesse dei nostri popoli”. Non sappiamo se Silvio abbia mai risposto alla lettera del suo amico, quello che è certo è che, a chi gli chiedeva se non fosse il caso di intervenire per far addivenire il Rais a più miti consigli, Silvio rispose: “Non voglio disturbarlo, in questo momento ha altre cose a cui pensare”. Nel trattato era anche scritto a chiare lettere che mai, e per nessuna ragione, una nazione avrebbe attaccato l’altra e che se una delle due avesse subito attacchi o pressioni esterne, l’altra avrebbe dovuto intervenire a suo favore. Com’è andata lo sanno tutti e, nonostante la cazzata del duo Frattini-La Russa che parlava di “bombardamenti strategici”, l’Italia fu una delle nazioni che dichiarò guerra alla Libia. Un paese più credibile, con un presidente del consiglio diverso e un ministro degli esteri con i coglioni, e non con le lenti a contatto, avrebbe messo in campo una taskforce diplomatica degna di tale nome e probabilmente la Libia e il mondo si sarebbero risparmiati un’altra delle tante stupide guerre pro-petrolio che si dichiarano da qualche anno a questa parte. Gheddafi, oltre che vittima di se stesso, può essere, a ragione, un esempio del cinismo e del pressapochismo politico-diplomatico di Silvio al quale ciò che accade nel mondo interessa quanto una trentenne, cioè nulla. Spunta l’ennesima intercettazione telefonica, questa fra Valter Lavitola e l’ex direttore generale della Rai, Mauro Masi. I due compari parlano delle ultime telefonate avute con Berlusconi e il giudizio al quale arrivano è che il premier “non sta lucido”. A Masi infatti, come aveva fatto con Lavitola, dice ancora una volta che occorre portare in piazza qualche “milione di persone che distruggano il tribunale di Milano e assedino Repubblica”. Mauro Masi, che notoriamente non è un cuore impavido, dice a Lavitola: “Questi sono reati, infatti io abbasso il telefono, non le voglio nemmeno sentì queste cose...”. E Lavitola: “Non sta lucido, non sta proprio lucido”. Ora. Se parlando con una persona, a causa della rabbia, della stizza, di una incazzatura momentanea escono fuori alcune frasi “estreme”, il tutto potrebbe rientrare nell’ambito dello sfogo, ma quando gli stessi argomenti (la piazza, il tribunale di Milano, la Repubblica) vengono fuori spesso e con interlocutori diversi, il fine non può che essere quello dell’eversione. Se il Quirinale ne prendesse atto, ci saremmo tolti un peso di nome Silvio. Domani, mercoledì 26 ottobre, come sanno anche i nostri amici del Bar dello Sport di Adro, Berlusconi deve andare a Bruxelles con i compiti a casa fatti. In una cartellina dovrà portare il decreto per lo sviluppo redatto in modo “dettagliato”, come ha espressamente richiesto Angela Markel, che è tedesca anche dentro. “Le chiacchiere stanno a zero – ha detto minacciosa Angelina a Silvio – l’Europa vuole vedere i fatti”. Le sedute notturne a Palazzo Grazioli però, non hanno portato nessuna soluzione. A parte 12 (diconsi dodici) condoni tombali, questo governo non ha uno straccio di idea su cosa fare per rispondere alle richieste della UE. Le divergenze con la Lega sono profonde perché Bossi ha detto chiaro e tondo che le pensioni (e quindi l’età pensionabile), non si toccano mentre Berlusconi non vuole introdurre la patrimoniale per non intaccare le tasche sue e del suo elettorato. A un certo momento sembra che Silvio abbia detto: “A questo punto potrei anche lasciare”, e la battuta non sembri peregrina visto che il premier ha tutto l’interesse ad andare a votare con la Porcellum e tutto il tempo per convincere Pierfy Casini a passare dalla sua parte, con Pannella la cosa è già fatta. Domani a Bruxelles Silvio andrà con la cartellina vuota, ma potrà sempre dire di aver dimenticato i compiti a casa o di essere dovuto andare in tribunale a rispondere a quei comunisti dei giudici di Milano pur non avendolo fatto causa legittimo impedimento. Ma può sempre sperare che Sarkò e la Merkel ci credano. Su un punto però, l’altra notte, si sono trovati tutti d’accordo. L’introduzione di una norma che tuteli il patrimonio di Silvio anche dopo morto e che punisca in qualche modo quell’ingrata di donna Veronica Lario, rea di sputtanamento. Si tratta di un codicillo che modifica il diritto di successione, quello che fino a oggi vuole che i figli siano gli eredi legittimi del patrimonio del padre e che l’eredità debba essere ripartita in parti uguali. Marina ha fatto notare al papà che, una volta asceso al cielo, il patrimonio verrà diviso fra i due figli della prima moglie (lei e Piersilvio) e i tre della seconda per cui, se Barbara, Eleonora e Luigi si mettessero d’accordo, in una potenziale corsa alla leadership dell’azienda di famiglia, avrebbero la maggioranza assoluta. E questo, secondo la presidente della Mondadori, non è giusto per cui, la nuova norma, dovrebbe consentire al genitore di dividere il patrimonio come meglio crede attraverso una semplice disposizione testamentaria. Sarà anche vero che Lady Veronica è stata una delle tante cause delle difficoltà di Silvio, ma che siano i figli a pagare è tutt’altra storia. Cosa abbiamo sempre detto del cinismo del premier? Appunto.
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Silvio a Bruxelles con il libretto delle giustificazioni
Creato il 25 ottobre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsortiPossono interessarti anche questi articoli :
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