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Silvio ancora sul predellino

Creato il 29 marzo 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Silvio ancora sul predellino. La ritualità sciocca dell’ultimo  Pulcinella Mentre Obama, Sarkozy, Cameron e la Merkel discutevano in videoconferenza del destino della Libia, nelle stesse ore Silvio faceva lo showman davanti al tribunale di Milano con la solita claque di stipendiati dell’Inps, cummenda alla deriva, casalinghe con addosso l’odore di soffritto, nostalgici di Salò, consumatori finali di Viagra e figuranti a tariffa sindacale ridotta. Quando si tratta di decidere su cose serie, ad esempio che fine far fare a Gheddafi, chissà come, chissà perché l’Italia non conta mai un cazzo. Solo pochi giorni fa, vale la pena ricordarlo, Hillary Clinton aveva pubblicamente ringraziato il ministro sguardo di falco Franco Frattini per gli sforzi che stava facendo e per la disponibilità del nostro paese ad essere la base per le operazioni belliche contro il Cojonello. Passati i ringraziamenti, e con Omaba che dichiara “Il nostro intervento in Libia è stato un successo”, l’Italia è tornata all’angolo della politica internazionale dimostrando quale sia attualmente il suo peso: una piuma. La credibilità del nostro paese sullo scenario mondiale è ai minimi storici (lo aveva scritto The Economist appena una settimana fa). D’altronde come potrebbe essere diversamente con un presidente del consiglio che tace sulla Libia per non disturbare il Piccolo Dittatore intento a massacrare il suo popolo, un ministro della repubblica che vuole rimpatriare i profughi diventati per legge clandestini, un altro che si inventa i bonus pro-rientro in patria e un governatore di regione che ha una voglia matta di mettere mano alla lupara? È naturale che gli altri paesi pensando ad una schizofrenia politica all’ultimo stadio, si tengano lontani dal chiederci perfino “che ora è?” A cercare di ridare un po’ di credibilità al paese di Pulcinella (che se Pulcinella lo sapesse ci querelerebbe tutti), ci ha pensato il presidente Napolitano con un discorso alto e forte all’assemblea generale delle Nazioni Unite, ma quando Ban Ki-moon gli ha chiesto notizie sulla riforma della giustizia in Italia, il presidente è scoppiato in un pianto dirotto. Nelle stesse ore, dicevamo, nelle quali le potenze mondiali si riunivano per decidere sulla Libia, Silvio si recava finalmente in tribunale per partecipare a una udienza nella quale non è volata neppure una domanda semplicemente perché non era prevista, un’udienza alla quale, se non avesse partecipato, non avrebbe fatto un cent di danno. Vedremo cosa accadrà quando il gioco si farà duro, quando cioè il presidente del consiglio dovrà rispondere al pm e alla corte delle imputazioni di cui è accusato e, soprattutto, vedremo se avrà ancora voglia di ridere. Visto in tivvù, il suo ci è sembrato un popolo stanco, vecchietti con quattro anni di vita in più che, memori dei fasti di piazza San Babila, hanno cercato di rinnovarli ma senza più la convinzione di un tempo. Forse non si accontentano della fetta di torta alle mele extra che le suore dell’ospizio danno a chi partecipa alle manifestazioni pro-Silvio o forse, alla fine, tanto Viagra li ha fatti andare davvero fuori di testa. Non c’è più, o almeno non si è vista, la spinta fanatica del “predellino sanbabilino”, sul quale Berlusconi annunciò trionfante la nascita del Pdl, ieri abbiamo assistito a un rito, a gente che stava lì perché bus-trasportata e a qualche gridolino da parte di alcune signore alle quali subito dopo è volata la dentiera. Non abbiamo visto neppure un giovane se non gli agenti della scorta, qualcosa vorrà dire, o no? Silvio si regge ancora grazie al suo immenso potere finanziario, l’unico in grado di garantirgli una maggioranza numerica là dove conta, e di consentirgli di fare quel che cazzo gli pare. E quando qualcuno riesce a dirgli di no, ecco pronta la macchina del fango che spazza via l’avversario come fosse una casa di cartone giapponese travolta dallo tsunami. In parecchi hanno provato a dirgli di no, altri hanno cercato di dire che l’Italia non è solo Berlusconi, altri ancora hanno accennato a un colpo di satira e tutti, puntualmente, sono stati passati sotto la lente di ingrandimento del “gruppo Delta”, gli agit-prop all’incontrario del berlusconismo di fine regno. Si chiamino Boffo o Fini, Mesiano o Bocchino, Boccassini, Emma o Ambra Angiolini i sicari di corte si dimostrano in possesso di una dote quasi chirurgica nel sezionare le povere vittime e lasciarle in pasto alle carogne di turno. Ormai tutto è a suo uso e consumo, perfino le apparentemente innocue trasmissioni delle sue reti contribuiscono a rendergli il prezioso servigio del leccaculo per gusto e per bisogno. E se gli aquilani sono incazzati come iene perché di ricostruzione non si parla, ecco pronta l’abruzzese a contratto che su Forum dice “L’Aquila è tornata a vivere”, scambiando ancora una volta la realtà per una mediocre fiction targata Mediaset. Se non si è con Silvio si è contro. Questa è la regola oggi imperante per la quale chi prova ad essere critico viene censurato o addirittura oscurato. Si avvicinano le amministrative, si avvicina il processo Ruby e i talk-show potrebbero diventare delle mine vaganti. Nonostante la sentenza del Tar del Lazio, i berluscones stanno provando ancora una volta a tacitare Santoro e Floris, la Gabanelli e la Dandini e ci riusciranno perché un pirla alla Beltrandi lo troveranno sempre e comunque, questione di saper aspettare sotto il fico che il frutto cada. Ci dispiace, cari italiani, il titolo del film al quale stiamo assistendo non è “Silvio Forever”, ma gli somiglia molto.


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