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Silvio (Berlusconi), Eros (Ramazzotti) e la “Terra promessa”. Signori si torna indietro anzi, si scende

Creato il 09 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio (Berlusconi), Eros (Ramazzotti) e la “Terra promessa”. Signori si torna indietro anzi, si scende “Questa crisi di cui stiamo parlando, ha avuto inizio esattamente quattro anni fa, ma noi abbiamo continuato a illuderci che i guai degli altri non ci riguardassero. Finalmente abbiamo deciso che dobbiamo fare qualcosa. E a questo punto è evidente che il nostro primo problema è quello di tornare a meritarci l’euro. Avevamo fatto sacrifici per entrare, poi ce n’eravamo dimenticati accontentandoci dei benefici dati dall’avere, per anni, potuto fare debiti a tassi bassissimi”. A farci comprendere meglio la superficialità (e la sottovalutazione) colpevole che ha preceduto l’attuale “momento di sangue”, è l’economista Giacomo Vaciago, che non è un collega del rivoluzionario-maoista-guevariano-bolscevico Giovanni Sartori, ma un pio docente, e studioso di economia, dell’Università Cattolica di Milano. Insomma, volendo fare una sintesi estrema di quello che è accaduto, possiamo tranquillamente affermare che Berlusconi&HisFriend’s hanno vissuto per anni alla giornata, cercando di ottimizzare i guadagni a breve anzi, sull’immediato, sbattendosene altamente le palle del domani e senza tenere d’occhio quello che era stato “ieri”. Semplicemente pronunciare la parola “crisi”, a Silvio è parsa per quattro anni un’aberrazione, un concetto molto vicino a un brusco risveglio da un bel sogno o, nel caso specifico, da un coito interrotto dall’arrivo della Polizia che arresta tutti per commercio in nero di mignotte. Le colpe di Silvio sono centinaia di migliaia, probabilmente la Storia ne racconterà l’”era” descrivendola come una ignominia e un genocidio di intelligenze e di sensibilità, ma quella di aver turlupinato milioni di italiani facendogli credere di vivere in un mondo in cui tutto fosse possibile e a portata di mano, resta senza alcuna ombra di dubbio la più tragicamente reale. Questo Signore delle Farfalline, che ama circondarsi di baiadere, nani (veri e metaforici) e giullari, ci ha propinato per anni la barzelletta che eravamo un popolo in salute solo perché avevamo più di un telefonino a testa, tre tv al plasma a famiglia, il suv, la barca ormeggiata nel porto turistico, la mignotta slava parcheggiata nella dependance. Che dietro questa economia del lusso ci fossero finanziarie senza scrupolo, lavoro in nero, evasione fiscale, banche che concedevano prestiti a tassi da usura, usurai in carne ed ossa, cravattari in smoking e veri e propri comitati d’affari segreti, non ha mai avuto nessuna importanza. Il nodo centrale della questione era che gli italiani, rincoglioniti dal consumismo estremo teorizzato e messo in atto dal Capataz, non pensassero, non protestassero, non si incazzassero e, qualora lo avessero fatto, ci avrebbe pensato la Celere a rimettere a posto le cose. Siamo diventati un paese volgare, sguaiato, privo di memoria e sintonizzato 24 ore su 24 sul “Grande fratello”. Quella che conduciamo non è la vita vera, ma una fiction durante la quale potrebbe anche succedere di vincere il Superenalotto o una di quelle assurde lotterie che ti garantiscono il vitalizio quasi fossi un parlamentare qualsiasi di questa Repubblica di invertebrati proni. E poi, dopo che a Umberto Bossi (ma vi rendete conto di cosa e di chi stiamo parlando?) Tremonti ha spiegato che stavolta non si scherza perché rischiamo la bancarotta, ci tocca pure sentire il Dux Padano affermare che “Per un po’ ci tocca star dietro all’Europa”, seguito da un rutto, due pernacchie e quattro scoregge. Basta guardarli in faccia, gli uomini e le donne del Pdl, per rendersi conto che Lombroso non aveva tutti i torti, e che forse Cesare Beccaria avrebbe potuto insegnarci un po’ di senso della legalità in meno, avremmo risolto il problema della loro permanenza nelle istituzioni con mezzi meno democratici del voto. Basta guardare i volti di Previti, di Verdini, di Romano, di Dell'Utri, di Alfano, di Stracquadanio, di Brunetta, di Tremonti, di Calderoli, di Borghezio, della Santanché, della Carfagna, della Gelmini e della Prestigiacomo per rendersi conto che in questo paese si respira un’aria malata, quasi mefitica, da post-default nucleare. Sono volti inespressivi, a volte aggressivi, spesso con gli occhi insanguinati dall’odio e dal rancore, dalla sete di potere e dalla voglia di non mollare un centimetro del loro falsissimo ritenersi presunti potenti. Siamo allo stremo e non solo noi. Ma al contrario degli amanti degli adagi popolari, non abbiamo mai ritenuto il “mal comune mezzo gaudio” un solido principio sul quale basare la nostra esistenza. Il presidente Obama ha problemi molto più grandi di Silvio. Lui governa il mondo, Silvio al massimo l’Olgettina, ma va in tivvù e cerca di spiegare agli americani quello che sta accadendo senza tirare in ballo la magistratura che lo perseguita né l’opposizione maramalda e figlia di puttana, né il complotto giudaico-giudiziario-plutocratico-bolscevico. Le borse stanno affondando e sta affondando anche l’idea di economia globale e delle risorse finanziarie derivanti dalla carta (azioni) e non dal lavoro. Il mondo è di fronte a una presa d’atto e a un bivio. La presa d’atto riguarda il fallimento totale del capitalismo consumistico globale, il bivio è quello che ci pone di fronte al dilemma se continuare a vivere facendo finta di niente o se prendere atto che è arrivato il momento della “sobrietà”. Per anni abbiamo viaggiato con un passo innaturale, forse è arrivato il momento di fermarsi un attimo e ripensare un altro mare sul quale navigare.

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