Silvio e l’uso improprio del crocifisso. Quello che ha passato fra le tette della Minetti era un contatore geiger
Creato il 16 settembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Quando papa Ratzinger ha letto la notizia sul “Fatto Quotidiano” ha esclamato: “Gesegnetes kind” (“Benedetto figliolo!”), raccogliendosi mestamente in preghiera. Ora toccherà vedere come monsignor Fisichella, prontamente allertato dall’ufficio stampa della santa sede, contestualizzerà l’uso improprio del crocifisso. Dopo aver “assolto” il presidente del consiglio per la separazione da Veronica, l’eucarestia da divorziato, le scappatelle con le minorenni e il bestemmione in tivvù, stavolta al monsignore (difensore d’ufficio della religiosità del premier), tocca un compito improbo ed estremamente delicato. La croce e il crocifisso rappresentano infatti per i cattolici non un semplice simbolo ma “il” simbolo. Basterebbe ricordare il casino che hanno piantato quando qualcuno ha pensato di toglierlo dalle aule scolastiche, per rendersi conto di quanto valore abbia per il cattolicesimo. Per la croce milioni di persone sono morte, per affermarne il credo interi popoli sono stati martirizzati e qualche partito, nascondendocisi dietro, ha governato per anni ed anni nelle lande sperdute del pianeta e anche in Italia, che della croce è la sede naturale oltreché geografica. Poteva, Silvio Berlusconi, non tenere nel dovuto conto l’importanza che la croce ha nell’immaginario popolare degli italiani cresciuti in gran parte negli oratori? No, non poteva. Tanto che alle signorine partecipanti alle sue feste eleganti, quelle dotate di ricchi premi e cotillons ed estrazione finale della riffa, preferiva regalare farfalline, elefantini, balenine, delfinetti, collanine, anellini, corallini, Mini, soldini e appartamentini: tutto meno che crocifissini, magari non tarocchi, magari con un po’ di diamantini. A Silvio il crocifisso serviva per altre cose. Lo utilizzava quasi come una sonda, un aereo spia, un contatore geiger, un NT6102 di nuova generazione pronto a segnalare il livello di radiazioni nucleari emanate da un corpo umano. Gli faceva percorrere su e giù cuti di ragazze ignude fino a benedirle con lo stesso attrezzo grondante umori. La notizia è uno scoop del Fatto, che è riuscito a trovare (e a far parlare), una delle tante testimoni delle seratine galantine del premierino ad Arcoretto. La signorina, che afferma di dovere molto al presidente ma anche di essere disposta a raccontare tutto ai giudici in tribunale, ha descritto per filo e per segno quello che accadeva una volta che, finita la cena, andavano tutti nella sala del bunga-bunga. Un po’ per caso e un po’ per sfortuna, alla “fonte” del Fatto toccò di partecipare a una serata che aveva per tema “Sister Act”, il film divenuto ormai un cult, con Whoopy Goldberg. E chi interpretava la parte di suor Maria Claretta? Ma la consigliera regionale longobarda Nicole Minetti in abito lungo da suora, poffarbacco, alla quale Silvio impartiva la sua solenne benedizione dopo averne constatato la fede e la purezza...d’animo. Non è l’ennesima barzelletta sulle cene di Arcore, è solo la riprova di quanto a Silvio interessino la fede, la religione, la dimensione spirituale, la ritualità. D’altronde il premier è uno dei tanti “figli” perduti di quel Giulio Andreotti al quale un giorno De Gasperi disse: “Ma Giulio tu non parli mai con Dio...”. “Dio non vota”, rispose sibillino il Quasimodo della Cappella Sistina. Ma il problema è che la notizia è venuta fuori dopo l’approvazione dell’ordine del giorno presentato alla Camera dall’Idv, nel quale è espressamente prevista la tassazione Ici per i beni della Chiesa non destinati al culto. Cosa potrebbe mai succedere ora? Potrebbe accadere che, ritirato l’ordine del giorno, a monsignor Fisichella venga fuori un’altra, alta considerazione teologica, tesa a dimostrare che un crocifisso non benedetto è da considerarsi come un oggetto qualsiasi. Per cui se ci scappa una bestemmia mentre raccontiamo una barzelletta non è peccato, se ci esce fuori mentre siamo incazzati neri, dobbiamo ricorrere alle cure del confessore. E così, ancora una volta, mentre l’Italia affonda in tutti i sensi sommersa dalle risate del mondo intero, ci ritroviamo costretti a parlare dell’ennesima storia di puttaneria di un premier in balia delle sue perversioni adolescenziali. E se la storiella del crocifisso che vaga intorno alle tette della Minetti non aggiunge che un particolare alle normali fisime sessuali di Silvio, l’imputazione per “concorso in violazione di segreto d’ufficio”, che sta arrivando in queste ore al premier per il caso Unipol direttamente dalla Procura di Milano, è un colpo basso alla credibilità del presidente del consiglio quando parla di “cancro” delle intercettazioni telefoniche. Perché se è vero che sono un cancro, le intercettazioni lo sono sempre e non solo quando fanno comodo a lui per sputtanare i competitors politici. Per Silvio, il bravo magistrato è quello che lo assolve, il bravo giornalista quello che scrive bene di lui, l’amico quello che non fa il suo nome quando combina casini e le brave ragazze quelle che gliela danno. A proposito. Non abbiamo mai considerato la signorina Manuela Arcuri una brava attrice però, dopo il rifiuto di soggiacere con lo sceicco, un po’ più simpatica ci sta. Alla fine, forse la sua fissità scenica è solo la conseguenza di una scelta recitativa keatoniana. Magari. Chissà. Sarà.
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