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Silvio fino al 2013 e oltre. L’elogio dell’impotenza

Creato il 09 luglio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio fino al 2013 e oltre. L’elogio dell’impotenza 560 milioni di euro non sono 750 (stamattina monsieur De Lapalisse si è svegliato presto), ma rappresentano comunque una discreta cifra specie se, come ha stabilito la Corte d’Appello di Milano, sono da pagare cash e non a rate. L’immediata esecutività della sentenza sta forse a testimoniare il fatto che i giudici milanesi non si fidano più di Berlusconi? Lontano dall’averli mai sfiorato il pensiero che in qualche modo un reato (di corruzione) accertato potesse andarsene dalle parti di Pinerolo (in cavalleria), i giudici hanno stabilito che, Cassazione o non Cassazione, il danno per la Cir di De Benedetti c’è stato e che sono passati talmente tanti anni che è giunta l’ora di metterci riparo. Silvio, uno e trino, ha trovato profondamente ingiusta una sentenza che, secondo lui, rappresenta una vera e propria mazzata per quegli imprenditori onesti che ricorrono alla corruzione per farsi gli affari propri. In un primo momento ha dato fuori di testa e chiesto ai suoi di mettere in atto il “metodo Boffo” contro quel gran pezzo di turchese che è il giudice Mesiano. Poi ha detto che per lui quei soldi erano, e sono, una bazzecola e che è pronto a pagarli. Poi, a sua insaputa, qualcuno, quatto quatto, a notte fonda, ha messo mano alla manovra economica del ministro Tremonti e aggiunto un codicillo a salvaguardia degli imprenditori onesti di cui sopra. Per capire come effettivamente stanno le cose, basterebbe andare a vedere il bilancio della Fininvest (e di Mediaset) per rendersi conto che la situazione non è rosea, che la fiducia degli inserzionisti nei confronti dell’azienda del presidente del consiglio non è così incrollabile e che, soprattutto, si sono resi conto che è inutile continuare a fare favori a un politico al tramonto. Ma il Sunset Boulevard di Silvio sembra, stando alle sue dichiarazioni, ancora tutto da percorrere. Va a presentare il libro dell’Hemingway siculo (Mimmuzzo Scilipoti) e dice che è arrivato il momento di Alfano. Tempo due ore e arriva secca la smentita di Paolino Bonaiuti che dice che Silvio continuerà a regnare nei secoli dei secoli amen. E, per tanto per tacitare le malelingue, il suo segretario personale Angelino Alfano, nel corso della convention del Pdl a Mirabello (ma guarda tu la coincidenza!), ha detto che della “leadership di Silvio ci sarà bisogno anche dopo il 2013”, aggiungendo minaccioso “per il Quirinale si vedrà”. A costo di far scoppiare una rivoluzione (perché tanto accadrebbe se Silvio o il nunzio apostolico presso il Pdl, Gianni Letta, fossero eletti presidente della repubblica), il regno di Silvio non è in discussione tanto che ci viene da pensare che tutta questa fedeltà in realtà nasconda qualcosa. Preso atto di come funziona l’intelligence di Silvio a ogni livello, tanto che il News of the World gli fa una pippa (Pippa si può dire, è la cognata di William), non ci sconvolgerà più di tanto venire un giorno a sapere che tutti i pasdaran sono stati dossierati, che le loro malefatte, gli arricchimenti illeciti, i piccoli e grandi soprusi di cui si sono resi protagonisti in questi anni di assoluto dominio su una nazione di imbelli, sono stati accuratamente registrati e tenuti nel caveau di Arcore pronti all’uso. Silvio, che ha letto attentamente la biografia di Benito Mussolini e visti tutti i documentari dell’Istituto Luce relativi al ventennio fascista, ha pensato di fare esattamente come il Duce, ha concesso ai suoi di muoversi e arricchirsi come cazzo volevano salvo appuntarsi tutto meticolosamente, più e meglio dell’Ovra  mussoliniana. Il risultato è che prima di mollarlo, i servi liberi e non dovranno pensarci non una ma tre volte, perché il rischio che scopertele carte finiscano in galera è serissimo. Ma c’è un ministro del suo governo che ha scoperto il gioco spionistico di Silvio. Si chiama Giulio Tremonti e sa benissimo che in qualche faldone dell’archivio personale del Capataz, è conservata un’informativa che lo riguarda. La conferma gli è venuta dopo il caso di Marco Milanese, che è venuto fuori proprio nel momento di maggiore difficoltà del Super Pippo dell’economia. Giulio, che non sarà un genio della finanza ma un fesso non lo è sicuramente, ha già messo le mani avanti tanto che il 17 giugno scorso, sentito dai pm napoletani Curcio e Woodcock come “persona informata sui fatti” nell’affaire P4-Bisignani, fece cenno ai magistrati di un curioso incidente verbale occorsogli con il premier."Nel corso della discussione – fece mettere a verbale Tremonti – io e il presidente del Consiglio manifestammo posizioni diverse sulla politica di bilancio, ad un certo punto sono emerse posizioni fortemente critiche in ordine alla mia attività di ministro da parte del presidente del Consiglio. Per inciso e in parallelo su alcuni settori della stampa si manifestava una tendenza, una spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni. A questo punto, se non ricordo male, manifestai la mia refrattarietà ad essere oggetto di campagne stampa tipo quella ‘Boffo’. Ciò trovava riscontro in voci di parlamento che mi sono permesso di segnalare al Presidente del Consiglio". Traduciamo come sempre per i nostri lettori leghisti: “Caro Silvio, con me non ci provare, il metodo Boffo non funziona, e cerca di stare un po’ attento perché se tu sai di me molte cose altrettante ne so io di te”. Il risultato di questa discussione è stato che sul suo braccio destro Marco Milanese pende un mandato d’arresto della procura di Napoli per associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio, che Giulio risultava usufruttuario per tre giorni a settimana della lussuosissima casa romana di Milanese e che la polpetta avvelenata del codicillo pro-Fininvest sia stato messo lì a bell'e posta per smontare la presunta efficacia e la sbandierata “trasparenza” della manovra economica. Silvio governerà ancora a lungo e noi ci sentiamo impotenti. Scapagnini, dove sei?

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