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Silvio invoca la piazza: “È mia e guai a chi me la tocca”. Il rischio è che arrivi Angelino Alfano

Creato il 20 settembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio invoca la piazza: “È mia e guai a chi me la tocca”. Il rischio è che arrivi Angelino AlfanoQuando si arriva alla fine di un percorso di vita, di solito ci si guarda indietro e si tirano le somme. Non stiamo parlando ovviamente del distacco definitivo dalle cose terrene, ma più prosaicamente del termine di una carriera come se, giunti all’età della pensione, la sintesi di quello che si è fatto si componesse davanti agli occhi fino a disegnare il quadro dell’esistenza lavorativa, dei rapporti avuti, delle grandi soddisfazioni e delle piccole amarezze. Agli umani accade questo, gli dei non ne hanno bisogno perché eterni, ai semidei solitamente va in tilt il cervello perché si sentono ancora nelle condizioni di continuare ma non possono, il loro lato carnal-materiale glielo impedisce. È suppergiù quello che sta accadendo a Silvio Berlusconi che, mentre da una parte si sente di un bene della madonna tanto che si tromba otto mignotte a sera, dall’altro, quello professionale, si rende conto che è finita. Ma uno che si sente fisicamente a posto che fa se non tentarle tutte pur di allungare una vita lavorativa che potrebbe essere ancora piena di soddisfazioni? Che Silvio rappresenti il prototipo del soggetto che tutti gli psicanalisti vorrebbero avere a disposizione per scriverci un trattato sulla summa delle paranoie è un dato di fatto, ma che siano gli italiani a pagare le conseguenze del suo giovanilismo da manuale freudiano non sta scritto da nessuna parte. Così, mentre lui sta asserragliato fra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli minacciando di far scendere in piazza i suoi pasdaran, c’è qualcuno che prova a stanarlo fino a convincerlo che è giunto il momento di navigare verso altri lidi. I prossimi giorni saranno per Berlusconi una sorta di cammino penitenziale da affrontare con la croce in spalla, nella speranza che Alfano si trasformi in Simone di Cirene e Nicole Minetti in Maria Maddalena ma, in tutta onestà, la vediamo dura. Facciamogli due conti in tasca. Caso Mills. È ormai chiaro a tutti che i giudici di Milano vogliono arrivare a sentenza entro dicembre. La condanna, scontata, rappresenterebbe un muro invalicabile non solo verso la corsa al Quirinale ma anche alla possibilità di ricandidarsi nel 2012 qualora il suo governo cadesse prima. Purtroppo per Silvio, il codice penale italiano prevede che, accertata la corruzione, si applichi immediatamente l’interdizione dai pubblici uffici. E anche se Silvio ha dimostrato ampiamente che fa il presidente del consiglio a titolo privato (e a tempo perso), l’interdizione scatterebbe comunque. Per cosa si sta impegnando allora la maggioranza? Per l’approvazione in tempo brevissimi del processo lungo, fatto che costringerebbe i magistrati milanesi ad ascoltare anche i dieci testimoni della difesa che nel frattempo hanno deciso di cassare (visto che hanno già reso le loro dichiarazioni per rogatoria), con conseguente dilatazione dei tempi. Caso Tarantini. I pm di Napoli sono orientati a chiedere l’accompagnamento coatto del “testimone” Silvio Berlusconi. Le intercettazioni rese pubbliche infatti, non stanno solo disegnando un quadro di ricatti e di estorsioni, ma anche un bel sistema di corruzioni che passano attraverso Finmeccanica e la Protezione Civile, insomma, la solita politica berlusconiana del “che non si fa per un po’ di pilu”. Sia nel caso Mills che in quello Tarantini, spetta al Parlamento approvare il decreto e concedere l’autorizzazione e non è detto che le due cose siano scontate visto che aleggiano nell’aere, come fantasmi shakespiriani, i cosiddetti “maroniti” che non sono i fedeli della Chiesa Maronita siriano-antiochena, ma i seguaci di RobertoMaroni, anche loro come i confratelli libanesi, “sui iuris”. Caso Marco Milanese. Il braccio destro di Tremonti, salvato per un soffio dall’arresto in commissione autorizzazioni, non è detto che lo sia anche nell’aula di Montecitorio, soprattutto se, come vorrebbero il Pd e l’Idv, si procedesse per votazione segreta. I 40 parlamentari del Ministro dell’Interno non hanno infatti nessuna intenzione di scontentare una base che delle marchette di Bossi ne ha piene le palle. E sono tanti e tali i reati ascritti all’amante delle Ferrari e dei Rolex che un voto contrario all'arresto provocherebbe l’immediata reazione della nostra casalinga di Abbiategrasso, nota agit-prop, anche lei a tempo perso, delle campagne elettorali della Lega. L’autorizzazione all’arresto di Milanese sarebbe per Silvio un colpo durissimo che, dopo quanto accaduto a Alfonso Papa, darebbe il segnale dello sgretolarsi della regola numero uno del berlusconismo (e della P2): la fratellanza oltre l’impensabile. Caso Saverio Romano. Un’altra grana non da poco. Il fresco ministro dell’agricoltura è indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il 27 settembre, esattamente fra una settimana, il Parlamento sarà chiamato a votarne la sfiducia. Parliamoci chiaro, un leghista che votasse contro la sfiducia a Romano in un caso acclarato di connivenza mafiosa, con quale faccia potrebbe ripresentarsi al Bar dello Sport di Adro? Cosa potrebbe mai dire “Donato”, il cantautore di “Sconforto”, a sua giustificazione, che salva Romano perché è un corregionale della seconda moglie? Non è un bel momento per Silvio. I giudici di Bari hanno pietosamente apposto degli “omissis” alle intercettazioni nelle quali Berlusconi offendeva pesantemente Angela Merkel. Nonostante la benevolenza e la discrezione dei magistrati, i rumors sono arrivati in Germania, tutti i giornali tedeschi ne stanno parlando e Silvio ne sta uscendo a pezzi. Inutile chiedersi, a questo punto, perché la Germania si rifiuti categoricamente di darci una mano, il diniego è nei fatti. Non si capisce ancora perché il Presidente Napolitano non lo mandi affanculo, ma abbiamo smesso di chiedercelo da un pezzo. Il rischio di fallimento totale che questo paese sta correndo è serio e molti in casa Pdl se ne sono resi conto. L’unica cosa che gli uomini di Silvio possono fare per restare in sella fino al 2013, è contribuire al passo indietro del loro benefattore, farlo cadere e, insieme al Terzo Polo, dare vita a nuovo governo magari a guida Alfano. Per loro sarebbe sicuramente “la” soluzione. Per l’Italia non cambierebbe nulla. Ma voi ce li vedete Casini e Rutelli al governo del Paese quando a malapena riescono a guidare una Fiat500 degli anni '60? C’è da farsi cadere le braccia e sperare che qualcuno, terrestre o divino non importa purché si sbrighi, ci metta una pezza. Ma se pensiamo a Bersani e a D’Alema ci viene da piangere. Sommessamente, ma da piangere. (Veltroni: non pervenuto)

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