Silvio lo ha detto chiaro e tondo: “A me della sentenza della Consulta non frega una mazza”. E poi ha aggiunto: “Mica l’ho chiesta io!” e ci mancherebbe pure che l’avesse chiesta lui. Avete mai visto qualcuno che propone una legge a proprio favore, si redime e si rivolge alla Corte Costituzionale per farla abrogare? Roba da Silvio Berlusconi, l’unico politico al mondo in grado di lasciarci senza parole dopo aver usato tutti gli aggettivi possibili. Oggi sapremo se Longo e Ghedini saranno riusciti a convincere la Consulta della bontà del legittimo impedimento così come è stato formulato. L’aria che tira (e le indiscrezioni che trapelano) sembra essere a favore del “no”. Ci sarebbero anche i numeri: 8 a 7 a favore della incostituzionalità della legge. E tanto dovrebbe essere visto che la stessa Corte ha ammesso il referendum abrogativo del legittimo impedimento proposto dai dipietristi, confessando implicitamente che va contro la Carta italiana. Ma si sa, in questo periodo la schizofrenia è la malattia che va per la maggiore e non ci sorprenderemmo assolutamente di nulla. Cosa potrebbe accadere se la Consulta bocciasse il legittimo impedimento? A questa domanda abbiamo già cercato di dare una risposta; non accadrà un bel niente in termini sostanziali, ma in termini formali si. La Corte sancirà definitivamente che l’articolo 3 della nostra Costituzione è sacro e inviolabile e che di fronte alla legge siamo tutti uguali. Silvio dovrà insomma rassegnarsi e prendere atto che c’è un potere, quello regolato dai codici, che supera anche le sue prerogative di regnante e, soprattutto, dovrà finalmente rendersi conto che la parola “immunità” (già prevista) non potrà mai essere tradotta in “impunità”, termine inesistente nella Carta e nei Codici che la regolano. Ma queste cose Silvio dove le dice? In Germania naturalmente e dopo aver accuratamente selezionato i giornalisti presenti alla conferenza stampa di fine incontro con la Merkel. Ancora una volta, invece di parlare dei risultati dell’incontro bilaterale Italia-Germania, e tanto per dimostrare la sua totale ignoranza della politica internazionale, Silvio ha preferito parlare dell’Italia, dei suoi problemi italiani, dei suoi persecutori italiani, dell’anomalia della magistratura italiana quando l’unica anomalia in questo paese è lui. E tanto per confermare che a lui dell’Italia e degli italiani non interessa assolutamente una mazza, si è lasciato andare a un: “Beh, se dovessero passare i no a Mirafiori, la Fiat farebbe bene ad andarsene altrove” che ha fatto sobbalzare la Merkel e scoppiare a ridere ministri, sottosegretari e imprenditori tedeschi. Pensate per un attimo se la Cancelliera Angela Merkel avesse detto una cosa del genere parlando della Volkswagen, secondo voi i tedeschi non avrebbero riaperto i cancelli di Auschwitz? In Italia no, tutto il codazzo dei servi ha prontamente rilanciato la sortita del Re, meno Bersani il quale, in preda a una crisi irrefrenabile di pianto ha detto “Ma non si può parlare così, non è giusto, non è da italiani, non vale”. A proposito di Fiat. Ieri a Torino, fuori dai cancelli dello stabilimento, Nichi Vendola è stato contestato dagli operai pro-referendum. Accadde la stessa cosa a Berlinguer e il risultato fu poi la famosa “marcia dei 40mila colletti bianchi” ispirata dall’amministratore delegato di allora, Cesare Romiti. È vero che Vendola non è Berlinguer ma neanche gli operai di oggi sono quelli di ieri. Il berlusconismo è riuscito a schiantare anche la dignità. Chiudiamo (prima di un indispensabile PS sul post di ieri), con una spigolatura. L’addetto alla sorveglianza notturna del Copasir, accortosi che nell’ufficio del presidente era ancora accesa la luce, si è avvicinato quatto quatto alla porta e si è messo ad origliare. Dall’altra parte ha sentito una voce che diceva: “Dai, ti prego, perché mi dici sempre di no? Lo sai quanto ti voglio bene. Senza di te la mia vita è un inferno. Cosa ti costa, è solo una sveltina”. Tranquillizzatosi, l’addetto alla sicurezza è entrato nella stanza degli intercettatori e ha detto: “Non è niente ragazzi, non fateci caso, D'Alema sta parlando con Casini”.PS. Ieri è stata una giornata impegnativa. Almeno per noi. Aver scritto quello che pensiamo dei “fasci” ci ha fatto piovere addosso un mare di insulti. Non che ce freghi molto (ci sta), ma l’idea di essere presi di mira da gente senza cervello ci ha un po’ irritato ma anche inorgoglito perché è senza dubbio un segnale che quando tiriamo calci tra le palle le palle fanno male sul serio. E questo ci piace. Poi leggiamo che gentiluomini neonazisti italiani pubblicano su un sito americano (per aggirare la legge Mancino), un elenco di ebrei italiani più o meno famosi, una vera e propria blacklist, con lo scopo di “segnalare” i nomi e i cognomi dei nemici della “razza”, e allora un po’ ci preoccupiamo perché ragionare con i fanatici diventa un’impresa improba. La conclusione può e deve essere solo una. Se la Storia assegna a una categoria di persone il marchio di merde, quel marchio è indelebile e non sarà un posto da ministro, da sottosegretario, da presidente della camera, da sindaco o da assessore a cancellarlo.
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Silvio: “La Fiat fa bene a lasciare l’Italia, e la Corte Costituzionale dovrebbe seguirla"
Creato il 13 gennaio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio lo ha detto chiaro e tondo: “A me della sentenza della Consulta non frega una mazza”. E poi ha aggiunto: “Mica l’ho chiesta io!” e ci mancherebbe pure che l’avesse chiesta lui. Avete mai visto qualcuno che propone una legge a proprio favore, si redime e si rivolge alla Corte Costituzionale per farla abrogare? Roba da Silvio Berlusconi, l’unico politico al mondo in grado di lasciarci senza parole dopo aver usato tutti gli aggettivi possibili. Oggi sapremo se Longo e Ghedini saranno riusciti a convincere la Consulta della bontà del legittimo impedimento così come è stato formulato. L’aria che tira (e le indiscrezioni che trapelano) sembra essere a favore del “no”. Ci sarebbero anche i numeri: 8 a 7 a favore della incostituzionalità della legge. E tanto dovrebbe essere visto che la stessa Corte ha ammesso il referendum abrogativo del legittimo impedimento proposto dai dipietristi, confessando implicitamente che va contro la Carta italiana. Ma si sa, in questo periodo la schizofrenia è la malattia che va per la maggiore e non ci sorprenderemmo assolutamente di nulla. Cosa potrebbe accadere se la Consulta bocciasse il legittimo impedimento? A questa domanda abbiamo già cercato di dare una risposta; non accadrà un bel niente in termini sostanziali, ma in termini formali si. La Corte sancirà definitivamente che l’articolo 3 della nostra Costituzione è sacro e inviolabile e che di fronte alla legge siamo tutti uguali. Silvio dovrà insomma rassegnarsi e prendere atto che c’è un potere, quello regolato dai codici, che supera anche le sue prerogative di regnante e, soprattutto, dovrà finalmente rendersi conto che la parola “immunità” (già prevista) non potrà mai essere tradotta in “impunità”, termine inesistente nella Carta e nei Codici che la regolano. Ma queste cose Silvio dove le dice? In Germania naturalmente e dopo aver accuratamente selezionato i giornalisti presenti alla conferenza stampa di fine incontro con la Merkel. Ancora una volta, invece di parlare dei risultati dell’incontro bilaterale Italia-Germania, e tanto per dimostrare la sua totale ignoranza della politica internazionale, Silvio ha preferito parlare dell’Italia, dei suoi problemi italiani, dei suoi persecutori italiani, dell’anomalia della magistratura italiana quando l’unica anomalia in questo paese è lui. E tanto per confermare che a lui dell’Italia e degli italiani non interessa assolutamente una mazza, si è lasciato andare a un: “Beh, se dovessero passare i no a Mirafiori, la Fiat farebbe bene ad andarsene altrove” che ha fatto sobbalzare la Merkel e scoppiare a ridere ministri, sottosegretari e imprenditori tedeschi. Pensate per un attimo se la Cancelliera Angela Merkel avesse detto una cosa del genere parlando della Volkswagen, secondo voi i tedeschi non avrebbero riaperto i cancelli di Auschwitz? In Italia no, tutto il codazzo dei servi ha prontamente rilanciato la sortita del Re, meno Bersani il quale, in preda a una crisi irrefrenabile di pianto ha detto “Ma non si può parlare così, non è giusto, non è da italiani, non vale”. A proposito di Fiat. Ieri a Torino, fuori dai cancelli dello stabilimento, Nichi Vendola è stato contestato dagli operai pro-referendum. Accadde la stessa cosa a Berlinguer e il risultato fu poi la famosa “marcia dei 40mila colletti bianchi” ispirata dall’amministratore delegato di allora, Cesare Romiti. È vero che Vendola non è Berlinguer ma neanche gli operai di oggi sono quelli di ieri. Il berlusconismo è riuscito a schiantare anche la dignità. Chiudiamo (prima di un indispensabile PS sul post di ieri), con una spigolatura. L’addetto alla sorveglianza notturna del Copasir, accortosi che nell’ufficio del presidente era ancora accesa la luce, si è avvicinato quatto quatto alla porta e si è messo ad origliare. Dall’altra parte ha sentito una voce che diceva: “Dai, ti prego, perché mi dici sempre di no? Lo sai quanto ti voglio bene. Senza di te la mia vita è un inferno. Cosa ti costa, è solo una sveltina”. Tranquillizzatosi, l’addetto alla sicurezza è entrato nella stanza degli intercettatori e ha detto: “Non è niente ragazzi, non fateci caso, D'Alema sta parlando con Casini”.PS. Ieri è stata una giornata impegnativa. Almeno per noi. Aver scritto quello che pensiamo dei “fasci” ci ha fatto piovere addosso un mare di insulti. Non che ce freghi molto (ci sta), ma l’idea di essere presi di mira da gente senza cervello ci ha un po’ irritato ma anche inorgoglito perché è senza dubbio un segnale che quando tiriamo calci tra le palle le palle fanno male sul serio. E questo ci piace. Poi leggiamo che gentiluomini neonazisti italiani pubblicano su un sito americano (per aggirare la legge Mancino), un elenco di ebrei italiani più o meno famosi, una vera e propria blacklist, con lo scopo di “segnalare” i nomi e i cognomi dei nemici della “razza”, e allora un po’ ci preoccupiamo perché ragionare con i fanatici diventa un’impresa improba. La conclusione può e deve essere solo una. Se la Storia assegna a una categoria di persone il marchio di merde, quel marchio è indelebile e non sarà un posto da ministro, da sottosegretario, da presidente della camera, da sindaco o da assessore a cancellarlo.
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