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Sindrome tripolare

Creato il 01 marzo 2013 da Episteme

Sindrome tripolare

Bersani (PD), Grillo (M5S) e Berlusconi (PdL)


L'unica grande certezza delle elezioni politiche 2013 è la fine del bipolarismo.
Lo strepitoso successo del MoVimento 5 Stelle ha sostanzialmente e radicalmente trasformato uno scenario politico italiano cristallizzato da decenni, spezzando lo status quo in una maniera persino superiore allo scandalo di Tangentopoli, alla fine della Prima Repubblica e alla creazione di Forza Italia.
Il primo effetto di questo fenomeno è il mutamento della geografia politica del voto.

Sindrome tripolare

Prima, seconda e terza coalizione più votata al Senato


La cartina sopra riportata riporta, basandosi sui voti ottenuti al Senato e su base regionale, rispettivamente la prima, la seconda e la terza coalizione del Paese. Come si vede, il MoVimento 5 Stelle risulta essere una formazione competitiva che, anche se non riesce a prevalere in nessuna regione, spesso si posiziona al secondo posto in varie aree del Paese.
Ad oggi infatti:
  • il centrosinistra ha prevalso in 12 regioni, è secondo in altre 6, ed è terzo in 2
  • il centrodestra è primo in 7 regioni, è secondo in 6, ed è terzo in altre 6
  • il MoVimento 5 Stelle è secondo in 8 regioni ed è terzo in 12
  • gli autonomisti valdostani sono risultati vincenti in Valle d'Aosta
Il MoVimento 5 Stelle è stato in grado, pertanto, di sopravanzare il centrosinistra in Sicilia e Abruzzo, e di superare il centrodestra in Liguria, Emilia, Toscana, Umbria, Marche e Sardegna.
Questa pur superficiale analisi conssente di individuare alcuni temi fondanti per comprendere la nuova geografia politica del Paese.
Il centrosinistra è terzo in due regioni: di queste, l'Abruzzo può essere considerato un caso particolare con centrodestra, centrosinistra e M5S contenuti nello spazio di 10.000 voti, circa l'1,5%. Una vicinanza che di fatto assegna le posizioni solo a livello statistico senza poter offrire indicazioni politiche chiare. La vera sconfitta del centrosinistra, pertanto, è in Sicilia, dove il partito che pure esprime il Presidente di Regione non riesce ad essere visto come una forza politica credibile.
Il centrodestra, dal canto suo, smette quasi di esistere nelle regioni rosse, dove si posiziona poco al di sopra della soglia di sbarramento per poter ottenere seggi in formato di coalizione. È nettamente terza forza nelle Marche e in Liguria, mentre cede pur di poco al M5S nelle altre regioni elencate.
Proprio nelle Marche e in Liguria il MoVimento 5 Stelle ottiene i suoi risultati più prestigiosi, arrivando relativamente vicino ad ottenere il premio di maggioranza al Senato. Si sarebbe trattato di un fatto dall'elevatissimo sapore simbolico, ma la conquista di queste due regioni storicamente rosse avrebbe alimentato il falso mito del voto grillino proveniente solo da sinistra. Una credenza che i fatti tendono oggi a smentire o quantomeno a ridimensionare.
In Sicilia e in Veneto il M5S ottiene risultati altamente prestigiosi. Ma a discapito di chi? In Sicilia Bersani perde 100.000 voti rispetto al risultato di Veltroni nel 2008; Berlusconi rispetto alla medesima tornata elettorale ne perde 750.000. In Veneto Bersani perde 200.000 voti; Berlusconi ne perde 650.000. Persino nelle stesse regioni dove Grillo ha rischiato il colpaggio il calo di Berlusconi è superiore a quello di Bersani, anche se non in termini così elevati (-130.000 contro -150.000 nelle Marche, -120.000 contro -200.000 in Liguria).
Proprio questa considerazione sul confronto tra Berlusconi e Bersani apre un secondo tema molto importante. Con l'eccezione del Molise, Berlusconi perde sempre più di Bersani, e perde tanto di più quanto era forte in regione. In Sicilia il centrodestra perde quasi sei volte i voti persi dal centrosinistra, in Lombardia quasi cinque volte, in Veneto "appena" il triplo, in Campania "solo" il doppio.
Nelle regioni rosse, invece, le perdite sono molto più allineate in termini di voti assoluti e si passa dall'Emilia, dove comunque il centrodestra perde quasi il doppio dei voti del centrosinistra, all'Umbria dove le due coalizioni sono quasi perfettamente allineate in termini di calo dei voti.
Mentre nel centrosinistra appare quindi in atto una lenta ma costante erosione dei centri di potere, a destra si è assistito ad un vero e proprio smottamento rispetto al 2008, una frana senza precedenti nella storia della Repubblica (si parla di due milioni e mezzo di voti nelle tre regioni che costituiscono il principale serbatoio di voti del centrodestra, Lombardia, Veneto e Sicilia). La vittoria di Berlusconi in queste regioni deriva semplicemente da un accumulo di capitale elettorale precedente a livelli altissimi, unito in Veneto ad una divisione pressoché paritaria tra centrosinistra e MoVimento 5 Stelle.
Questa situazione di calo moderato del centrosinistra, calo significativo del centrodestra e crescita rapidissima del M5S ha portato ad una situazione instabile e destabilizzante del quadro politico italiano. Al di là della contingenza attuale e delle possibilità di formare un governo con le attuali proporzioni parlamentari, l'Italia si ritrova ora nella condizione politica di avere tre poli politici di forza comparabile, ed una legge elettorale che già fatica ad assegnare una maggioranza chiara in una condizione bipolare... o per prendere il problema da un altro verso, un sistema bicamerale perfetto in cui l'assegnazione dei seggi prevista dalla legge elettorale impedisce il normale funzionamento della macchina amministrativa.
Se da un lato è vero che la situazione politica italiana è talmente instabile che lo scenario attuale potrebbe essere già obsoleto tra pochi mesi o un anno, sembra tuttavia esservi un punto fermo nello scenario politico del Paese. La stagione del bipolarismo è finita, e non vi saranno artifizi alchemici derivanti da qualsiasi legge elettorale che potranno scongiurare il fenomeno.
In Italia troppo spesso la legge elettorale è stata pensata più per favorire il verificarsi di un determinato scenario politico che per cogliere - in termini di rappresentatività e governabilità - il reale stato del Paese. È da lì che oggi bisogna ripartire: un piccolo grande passo per avvicinare la politica al Paese reale.
Certo, per arrivare ad un simile risultato serve un governo, ma questa è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta.

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