Quattro persone sono appese ad un albero con delle corde attorno al collo. Immaginiamo con crescente orrore cosa sta per accadere. Dall’altra parte dell’inquadratura un ramo viene tagliato. Il peso trascina le corde e vediamo quella che deve essere una famiglia sollevarsi da terra con esiti prevedibili. Questo è l’inizio agghiacciante di Sinister.
Trama di Sinister
Come da tradizione horror-gotico l’entità più sinistra è la casa, la dimora del quotidiano. Il
protagonista, un Ethan Hawke da manuale, viene inghiottito da una spirale di follia che minaccia di trascinarlo in un fallimento professionale e familiare. Ethan Hawke interpreta a mani basse il ruolo del solito personaggio nella fase discendente della sua carriera di scrittore (stavolta scrive inchieste su casi irrisolti di serial killer, va detto). Ellison è infatti salito alla ribalta per aver aiutato le forze dell’ordine a risolvere un caso, rivelando al contempo le pecche investigative della polizia. Per questo motivo è stato acclamato e criticato al tempo stesso dai media.Ma il punto è che ora gli servirebbe un nuovo successo per non essere dimenticato dal pubblico…
E infatti, decide di trasferirsi in una casa dove si è consumato un fatto di sangue (ma alla moglie e ai figli non lo dice: loro sono di stomaco sensibile). Ed è così che in soffitta scopre una cassa di vecchi film e, con orrore, si rende conto che le immagini immortalate dalle pellicole – famiglie assassinate con metodi crudeli quanto fantasiosi ed inquietati – sono tutte reali. Ellison comincia così ad essere ossessionato dai filmati (chi non lo sarebbe?) e finisce per trovare un filo che li collega tutti: un volto misterioso, spesso nascosto o sullo sfondo che compare insieme ad uno strano simbolo.
Recensione di Sinister
Ci sono almeno due tipi di horror gotico. C’è il gotico “orizzontale”, quello in cui il protagonista si lega sempre più ai personaggi che incontra durante le sue indagini (poiché sempre il protagonista è un intruso: Il mistero di Sleepy Hollow, The Mothman prophecies, A Woman in Black, per citare tre film di qualità diversa ma che dimostrano la validità di questo principio). Sarà poi il risultato di queste relazioni a stabilire l’esito felice o meno del film; un altro esempio recente è l’ottimo Silent Hill (2006).
C’è poi il modo verticale. Alla The Shining. Cast ridottissimo, ambientazione asfittica (spesso, come dicevo, è la casa a tormentare il protagonista), e sarà la lotta tutta interna a determinare gli esiti della quest orrorifica. C’è poi una via di mezzo, l’indecisione, tipica di film come Sinister. Si vuol fare un horror minimalista, con budget tutto sommato limitato, però non si rinuncia ad inserire leggende e spiegoni su divinità e miti archetipi (come di solito avviene nel primo tipo). Per fare questo si buttano dentro professionisti ed aiutanti, spesso poco caratterizzati, che dovrebbero mettere l’eroe sulla strada della soluzione ed invece annacquano il brodo in attesa del deludente finale.
Ed infatti, seguendo un po’ uno un po’ l’altro filone, la seconda parte di Sinister fa solo rimpiangere la prima, ben più coerente. E proprio per questo, né il finale, né gli sviluppi pieni di spiegoni mitologici (l’etnografia dei miti uccide il mistero!) che lo anticipano mi sembrano rendere onore al disagio causato dai filmati e ai migliori momenti del primo tempo. Per farla semplice: non ci importa più di tanto a quale tradizione o popolo o religione vada ricondotta l’entità misteriosa essendo per l’appunto… ehm… un’entità misteriosa. A svelare l’arcano della sua origine parte consistente del fascino viene meno, portando con sé anche una bella fetta di sospensione dell’incredulità. Ma pare che i registi e gli sceneggiatori non possano fare a meno di resistere a questa tentazione di rispondere a tutte le domande dello spettatore.
Che cosa si salva allora?
Tanto. Menzione d’onore al comparto sonoro, elemento mai troppo sfruttato nel genere horror. Ognuno degli spezzoni, i cosiddetti snuff movie, è accompagnato da un suono o da una melodia particolare. Nemmeno a dirlo, tutte parecchio disturbanti. Questo fa davvero la differenza tra un prevedibile spavento e uno di quei momenti che difficilmente si dimenticano. E lo dice uno che al cinema ha smesso di saltare dalla sedia per mancanza di stimoli. Ci si ritrova a desiderare che il nostro dia un taglio alla sua indagine e bruci le bobine di Super 8 mm che contengono le efferate immagini di omicidi. E questo lo si fa ogni volta che il protagonista sta per accendere il proiettore. La musica viene usata per preparare questi momenti, poi passa ad infondere un forte senso di disagio onirico, quasi Lynchiano, sia per la forma che per i contenuti, altamente metacinematografici.
Non è raro che negli horror si vada a pescare nel metacinema. E gli esempi più recenti, come Paranormal Activiy, Rec, o il capostipite Blair Witch Project si sentono tutti.
E poi c’è il figlioletto colmo di turbe che si va a infilare nei posti più infelici alle ore meno proponibili della notte e minacciano le coronarie del padre e dello spettatore.
E se non vi fa paura questo… provate a leggere il giornale.
Nel complesso il film rimane sopra la media dell’horror, unendo il classico racconto sulle entità che infestano la casa, ai più innovativi horror-mockumentary e regalandoci molti balzi sulla sedia. Consigliato.
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