-Redazionale
“Il sionismo è un’ideologia che comporta la pulizia etnica, l’occupazione e ora massicci massacri”
Questa frase è stata riportata da Ilan Pappe (storico ebreo e professore presso il Dipartimento di storia dell’Università di Exeter in Inghilterra), subito dopo la drammatica “operazione Piombo Fuso”, in cui 1400 palestinesi vennero uccisi in 3 settimane di intensi bombardamenti, con perfino l’utilizzo di armi non convenzionali come il fosforo bianco, senza contare le migliaia di feriti e gli ingenti danni arrecati alle abitazioni e alle infrastrutture.
Purtroppo, nei territori palestinesi, le violazioni dei basilari diritti umani sono all’ordine del giorno: terre confiscate, case demolite, adulti e bambini arrestati e deportati praticamente senza motivo, persone uccise. Nelle scorse settimane a Gaza ci sono state decine di morti, tra cui bambini, a causa dell’escalation dell’esercito israeliano. Il 24 marzo è morto un bambino di 7 mesi, collegato ad un macchinario per la respirazione artificiale, per la mancanza di carburante per produrre energia elettrica. Anche ieri, 27 marzo, è spirata una bimba di 4 anni, a causa dell’arresto dei generatori dell’ospedale in cui era ricoverata.
Non vanno dimenticate le dure condizioni dei migliaia di detenuti palestinesi, molti dei quali arrestati senza motivo, cui spesso vengono negate visite mediche o anche le semplici visite dei famigliari. Molti detenuti, in passato, hanno portato avanti uno sciopero della fame per protestare contro le misure punitive imposte dalle autorità israeliane.
L’esempio più eclatante è quello di Khader Adnan, palestinese della Cisgiordania, rapito e portato con la forza in Israele, che iniziò lo sciopero della fame già dal secondo giorno di detenzione amministrativa (18 dicembre 2011) e lo portò avanti per 66 giorni. Attualmente si è in attesa della sua liberazione, prevista, si spera, per il 17 aprile.
Adesso l’attenzione è rivolta ad una detenuta, Hana’ ash-Shalabi, al 42° giorno di sciopero, un record per le detenute palestinesi.
Abbiamo quindi ritenuto importante riproporre questo articolo, con la speranza di risvegliare le coscienze, spesso addormentate soprattutto a causa dell’oscurantismo mediatico.
Allo stesso modo, noi possiamo essere in grado di trovare un modo più adeguato alla gente comune, distinto dal livello accademico degli intellettuali, per spiegare chiaramente che la politica di Israele – nei sessanta anni trascorsi – deriva da un’ideologia egemonica razzista chiamata sionismo, difesa da infiniti strati di furia sacrificale.
Nonostante l’accusa scontata di antisemitismo e cose del genere, è tempo di mettere in relazione nell’opinione pubblica l’ideologia sionista con il punto di riferimento storico e ormai familiare della terra: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora il massacro di Gaza. Come l’ideologia dell’apartheid ha spiegato benissimo le politiche di oppressione del governo del Sud-Africa, questa ideologia – nella sua variante più semplicistica e riflessa, ha permesso a tutti i governi israeliani, nel passato e nel presente, di disumanizzare i palestinesi ovunque essi fossero e di combattere per distruggerli. Ma c’è un disegno chiaro che non può essere solo fatto oggetto di discussione nelle torri d’avorio accademiche, ma deve diventare parte del discorso politico nella realtà contemporanea della Palestina di oggi. Alcuni di noi, in particolare quelli che si dedicano alla giustizia e alla pace in Palestina, inconsciamente evitano questo dibattito, concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Palestinesi Occupati (OPT) – la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Lottare contro le politiche criminali è una missione urgente.
Ma questo non dovrebbe trasmettere il messaggio che le potenze occidentali hanno adottato volentieri su suggerimento israeliano, che la Palestina è soltanto la Cisgiordania e la Striscia di Gaza e che i palestinesi sono solo la popolazione che vive in quei territori. Dovremmo estendere la rappresentazione della Palestina geograficamente e demograficamente raccontando la narrazione storica dei fatti dal 1948 in poi e richiedere diritti civili e umani eguali per tutte le persone che vivono, o che erano abituati a vivere, in quella che oggi è Israele e i Territori Occupati.
Ponendo in relazione l’ideologia sionista e le politiche del passato con le atrocità del presente, noi saremo in grado di dare una spiegazione chiara e logica per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Sfidare con mezzi non violenti uno stato ideologico che si autogiustifica moralmente, che si permette, con l’aiuto di un mondo silenzioso, di espropriare e distruggere la popolazione nativa di Palestina, è una causa giusta e morale.
Ciò aiuterà a porre fine alla immunità dell’occidente a fronte dell’impunità di Israele”.
Ilan Pappe (http://ilanpappe.com http://electronicintifada.net)