“Per molte ragioni, molto probabilmente dopo il Real Madrid tornerò in Inghilterra. Per me lo scenario perfetto tornando in Inghilterra sarebbe avere ancora Ferguson come avversario. Se lui smette, a perderci è il calcio. Non è una questione di allenatori giovani o vecchi. Lo chiamo il capo. Perché per me lui è il capo di tutti gli allenatori. Quando tornerò in Inghilterra spero di trovarlo ancora sulla panchina del Manchester United”. José Mourinho
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4. Adatta il messaggio al momento, la comunicazione è importante
Quando è il momento di comunicare le decisioni, Ferguson, forse sorprendentemente per un manager con la reputazione di rude ed esigente, adatta le sue parole alla situazione. Se deve comunicare ad un giocatore che si aspetta di giocare dall’inizio che non sarà in campo, lo fa
privatamente: “Potrei sbagliarmi, ma credo che questa sia la soluzione migliore per il team, oggi”. Tenta sempre di non demoralizzarlo, dicendo che si tratta solo di una scelta tattica, e che arriveranno occasioni più importanti. Durante gli allenamenti enfatizza gli aspetti positivi, nonostante i media raccontino spesso delle sue sfuriate negli intervalli.Poche persone migliorano con le critiche, la maggior parte migliora con gli incoraggiamenti: non c’è nulla di più appagante del sentirsi dire “Ben fatto”. Allo stesso tempo, bisogna evidenziare gli errori, quando non si raggiungono le aspettative: in quel momento, le critiche diventano importanti.
Essere troppo morbidi nel linguaggio, verbale e non, non fa raggiungere gli obiettivi: è necessario incutere timore. Essere troppo duri, allo stesso modo, non serve: se dipendenti e collaboratori sono spaventati, non otterranno buoni risultati.
“Prima della partita mi piace fare riferimento ai valori della working-class; non tutti provengono da lì, ma i loro padri, o i loro nonni, sì. È utile ricordare ai giocatori quanta strada anno fatto. Dico loro che impegnarsi e far bene il proprio lavoro è importante: sembra colpisca il loro orgoglio”.
6. Prepara a vincere
Ogni situazione possibile deve essere studiata e le contromosse preparate in anticipo: il metodo è più importante del coraggio della disperazione.
Le statistiche dimostrano che lo United è la squadra inglese che ha ottenuto più vittorie negli ultimi 15 minuti. Gli intervalli di fuoco e le giuste sostituzioni sono importanti, ma non riescono a spiegare tutto.Spesso gli allenatori mandano avanti i propri giocatori negli ultimi minuti, Ferguson, no. Lui prepara a vincere: negli allenamenti spiega cosa fare se serve un goal in 10, 5, o 2 minuti. Non c’è bisogno di urlare quel messaggio; la perseveranza, il non mollare mai è nel DNA del team, è stato costruito col tempo, con l’esempio, instillato giorno per giorno.
“Se perdi e Sir Alex crede tu abbia dato il massimo, non è un problema; ma se perdi stando in campo molle … allora stai attento alle tue orecchie!” Andy Cole
7. Fai affidamento sul potere dell’osservazione
Quando ha iniziato ad allenare, Ferguson era un accentratore, non lasciava spazio al proprio staff. Crescendo, ha delegato in misura sempre maggiore gli allenamenti agli assistenti, non rinunciando mai ad essere presente e ad osservare. Il passaggio da allenare a osservare permette di valutare meglio le performance di tutti i singoli, notandone i cambiamenti, le energie e l’impegno.
Ciò che importa, nel delegare, è fidarsi dei propri collaboratori e lasciar loro fare il proprio mestiere. È diverso dal perdere il controllo: supervisionare e decidere, questi punti rimangono fermi; ciò che cresce, è la capacità di valutare, si arrivano a notare cambiamenti psicologici che influiscono sul rendimento, e questo aiuta a conoscere meglio le persone con cui si è a contatto.
8. Non smettere mai di adattarti
Adattarsi ai cambiamenti non è mai facile, e lo è ancora meno quando si è al top per molto tempo.
Intuire, prima dei competitor, gli effetti positivi di metodi ed approcci nuovi, utilizzare professionalità di altri campi, se queste possono servire a migliorare le performance, o gestire meglio le risorse, è sintomo di grande intelligenza, e apertura mentale.
Già negli anni ’90 Ferguson ha fatto ricorso a un team di scienziati dello sport, e, seguendo le loro indicazioni ha somministrato vitamina D ai propri giocatori, per sopperire alla mancanza di sole di Manchester, o, ancora, ha utilizzato sensori GPS per analizzare le performance a venti minuti dalla fine dell’allenamento. Insegnanti di yoga, chirurghi per le piccole operazioni, optometristi: tutto ciò che poteva servire al team, è stato utilizzato senza timore, e paraocchi.
Bisogna vincere, non esistono altre opzioni, e, per vincere, si devono testare tutti i mezzi che permettono di migliorare. Continuare a lavorare duro, considerare ogni traguardo come il primo, garantirsi sempre più chance per quello successivo, questo è il metodo dei manager, di quelli di successo almeno.
Manager di successo, Sir Alex, sicuramente lo è stato, ma spesso lo si riduce all’aver avuto la miglior squadra, o il denaro necessario, sottovalutando tutti gli altri fattori alla base delle vittorie: staff di prim’ordine in cui riporre la propria fiducia, capacità di analisi e osservazione, occhio fisso al bilancio, necessità di prendere decisioni difficili, attenzione all’aspetto psicologico.
La gestione di un club, di un’azienda, o di un condominio, è un’operazione complessa: entrano in gioco molte variabili che un osservatore disattento può considerare secondarie, ma, che, insieme, fanno la differenza tra una storia di successo, e il fallimento.
Le vittorie ottenute derivano dal metodo che Ferguson ha studiato e affinato negli oltre trent’anni di carriera, la “Ferguson’s Formula”, che, senza timore di essere blasfemo, considero erede, aggiornata e corretta de “L’arte della Guerra”, solo che, a tre millenni di distanza, il campo da guerra, è il campo da calcio; l’Old Trafford, per la precisione.