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Il pugno di ferro sembra ormai divenire sempre più il simbolo struggente del potere politico di Bashar Al-Assad in Siria. Dopo aver infatti rigettato ogni sorta di trattativa di pace, il presidente siriano, salito al potere a Damasco nel luglio 2000, ha parlato di lotta armata contro il terrorismo, una lotta di logoramento e di progressivo schiacciamento. Solo così, infatti, ritiene possibile ostacolare l’avanzare degli atti terroristici all’interno del Paese. Questo vero e proprio pugno di ferro è stato annunciato nella serata di ieri dallo stesso Assad, sottolineando esplicitamente l’assenza di pietà nei confronti dei ribelli. Nel discorso pronunciato durante la notte, poi, Assad ha in seguito aggiunto di voler rigettare ogni sorta di negoziato di pace a Ginevra. La guerra continuerà e ad oltranza, almeno questo pare di leggere fra le righe. Le parole del presidente siriano: “Nessuna soluzione si può trovare con il terrorismo, eccetto la repressione con mano di ferro”. Sul fronte politico interno, inoltre, lo stesso Assad – alla televisione di Stato – ha ammesso che la Coalizione nazionale dovrà quanto prima mettersi da parte, giacché ha fallito e non può più ricoprire alcun ruolo nella risoluzione del conflitto che sta attualmente insanguinando la Siria dal 2011. Insomma, un’opposizione sterile e inerte parrebbe di riconoscere nelle riflessioni del presidente. “Quest’opposizione non è affidabile. È un fallimento a livello popolare e morale, e non ha alcun ruolo nella risoluzione della crisi” avrebbe in ultimo aggiunto lo stesso Assad. La Siria della guerra civile, quella che conosciamo ormai da un paio d’anni, sembrerebbe per nulla orientata a mutare le sorti del fronte interno. Così, mentre il terrorismo dilaga, il contrasto con le istituzioni si fa sempre più forte e aggressivo. Assad non intende mollare. Indietreggiare mai e mostrare il pugno di ferro. E sembra un’autentica corsa al suicidio.
Articolo di Stefano Boscolo