Lo speaker del Congresso americano ha più potere d’intervento sull’assemblea, rispetto ai presidenti della Camera e del Senato in Italia, e può giocare un ruolo essenziale in un dibattito controverso, come sarà quello sull’eventuale attacco alla Siria.
Il New York Times dà la notizia dell’aiuto del repubblicano Boehner al presidente democratico. Altri repubblicani non sono convinti invece dalla strategia che segue Obama, e già il n. 2 dell’opposizione afferma che è un problema di Obama affrontare un Congresso diviso.
Obama parlerà solo dopo gli interventi delle personalità più autorevoli del Pentagono e dello Stato, intanto però la stessa Nancy Pelosi, capogruppo dei Democratici statunitensi, ammette che i cittadini non comprendono il bisogno di questa guerra, decisamente eventuale. Anche i repubblicani e i democratici favorevoli all’attacco pensano che la sicurezza del mondo intero non vada trascurata, per quanto seria sia la questione della sicurezza nel Medio Oriente. La guerra sembra dunque più grande degli Stati Uniti, direi, e troppo pericolosa per tutti. Mai le guerre americane, dal Vietnam in poi, si può facilmente ricordare al di là di quanto dice la secca cronaca del New York Times, hanno convinto l’opinione pubblica né ottenuto un consenso alla cultura che le promuoveva.
L’incontro di ieri fra Obama, Boehner e Pelosi è solo l’inizio di un percorso accidentato. Boehner potrebbe essere sopraffatto oppure irrigidirsi e trascinare Obama su un cammino impervio, se non in un vicolo cieco.
Ma l’opinione pubblica non è convinta. Quanto conterà, dato che Obama è già al secondo mandato?
La Commissione del Senato intanto ha già raggiunto l’accordo per un intervento breve, non più di due mesi, e senza truppe di terra.
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