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Skunk Jukebox: when the gunslinger takes his piece

Creato il 12 febbraio 2014 da Cicciorusso

Noi anziani ci si distrae facilmente. Tra un nuovo disco degli At The Gates in arrivo, una reunion dei Centinex (evviva!) e i Massacre (senza Kam Lee, ma quello è una causa persa) il cui ritorno attendiamo con benevola curiosità pur non aspettandoci nulla di che (a proposito, se non avete ancora sentito il brano in anteprima da Back From Beyond, date una cliccatina qui), non è sempre facile seguire con costanza e interesse cosa sobbolle nell’underground estremo. Ogni tanto tocca quindi fare un salto nei bassifondi, che sennò si rischia di perdere qualcosa. Indossiamo la muta e tuffiamoci a testa bassa in un mare di budella:

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Oh, the gunslinger

Gaio Aurelio Valerio Diocleziano era una brava persona. Il suo zelo nel perseguitare la religione cristiana non ce lo può non rendere simpatico. E proprio dall’imperatore responsabile della (purtroppo) ultima grande persecuzione degli adepti dell’hippie di Nazareth traggono il nome i DIOCLETIAN, gruppo neozelandese oscuro ma niente affatto disprezzabile, che ci ammannisce un’anticipazione dal loro terzo album Gesundrian col nobile intento di far cascare dal calendario più santi possibile. Black/death scrauso (qualcuno, a parte Luca Bonetta, si ricorda degli Angelcorpse?) e prodotto alla cazzo di cane, per non smentire la fama della Osmose, la gloriosa etichetta francese che, ahinoi, negli ultimi anni ha combinato ben poco. Oh, a me ‘sta roba piace, che ci posso fare:

A cavallo tra death e black (più il primo che il secondo) barcollano anche i LAY DOWN ROTTEN, un altro gruppo che non si incula mai nessuno ma, pur non facendo miracoli, è molto meglio di tanta altra roba che trovate sull’homepage di Blabbermouth. Sono crucchi e si sente. Poco fantasiosi ma quadrati, buone melodie, pezzi ben costruiti, mestiere impeccabile. Non cambieranno la vita a nessuno ma ci sanno fare. Mi ricordano una versione low cost dei sottovalutatissimi God Dethroned, il che è più o meno un complimento. A voi la title-track dell’imminente Deathspell Catharsis:

Su territori non distantissimi si muovono gli svedesi VAMPIRE, che come nome non se l’era ancora pigliato nessuno perché pareva troppo cretino ma prima o poi doveva capitare. I ragazzi, nascosti dietro soprannomi altrettanto deficienti come Hand of Doom e Black String (che sarebbe il chitarrista, se non s’era capito), pestano, cacciano gli ugh alla Celtic Frost ma i riff sono banalotti e la cattiveria è addomesticata. Li salva giusto il break melodico a fine pezzo, siccome sono di Goteborg. ‘Sti giovani d’oggi. Eppure la Century Media – che produrrà il loro esordio – sembra crederci parecchio. Boh:

Torniamo in Nuova Zelanda a farci un sifone con gli 8 FOOT SATIVA, la cui passione per la marijuana (anche loro come moniker non scherzano) li ha portati a pensare che fosse una cosa perfettamente naturale e plausibile suonare death svedese in Oceania. Eppure, pur con tutti i limiti del mondo, non sono mai stati male, anzi, il loro terzo album Breed The Pain era tra i pochi decenti che avevamo inserito nel montepremi di dischi di merda del nostro meravigliosissimo concorso per trovare un nuovo nome al blog. Anche l’ultimo The Shadow Masters (di seguito il simpatico video a cartoni animati anticapitalista della title-track) li conferma in ottima salute. Fanno un genere inflazionatissimo ma i pezzi li hanno:


Nonostante, sulla carta, abbiano tutti i requisiti per essere un mio gruppo feticcio, i NOCTURNAL BREED non mi hanno mai fatto impazzire, forse perché, suonando più o meno lo stesso genere, hanno sempre fatto scattare in me paragoni automatici con i connazionali Aura Noir, dei quali sono invece un sostenitore sfegatato. Avevo dato i norvegesi per dispersi dopo The Tools of the Trade. Invece scopro che nel 2007 era uscito un altro full, al quale fa seguito oggi Speedkrieg, del quale ci ascoltiamo la title-track:

Il rutto a fine pezzo ne alza di parecchio le quotazioni ma il loro blackthrash con pesanti influenze ottantiane non suona ignorante come dovrebbe, sentore confermato dall’altra anteprima che sta girando (The Devil Swept The Ruins, in streaming sul solito tubo). Forse ora sono andati a convivere e le fidanzate non li fanno più ubriacare come una volta, che so.

Non seguivo da un po’ manco i BENIGHTED, che persi di vista ai tempi in cui stavano ancora sotto contratto con l’altra grande etichetta d’Oltralpe, l’Adipocere. Di particolare hanno sempre avuto l’innestare su un sound pulito e fighetto e influenze tutto sommato mainstream (si sentono parecchio i The Haunted) inauditi eccessi di cafonaggine, tra blast beat a rotta di collo e pig squealing a strafottere. Il giochino è troppo incongruo per funzionare per un disco intero ma, a piccole dosi, può pure divertire. Collection of Dead Portraits è tratta da Carnivore Sublime, settimo album (l’esordio è del 2000, prolifici ‘sti franzosi). Purtroppo resta sempre l’impressione che questi qua non abbiano mai capito molto bene cosa vogliano fare:


E non mi convince troppo manco il nuovo pezzo degli HATRIOT, il progetto messo su dall’ex cantante degli Exodus Steve Souza con i suoi figli alla sezione ritmica, che come idea sa un po’ di sfiga e invece il debutto Heroes of Origin, nel suo intransigente passatismo, si era rivelato piuttosto carino. Se i brani di Dawn of the New Centurian saranno tutti come questa The Fear Within, c’è poco da stare allegri. Il vecchio Zetro ha spiegato che ora ha fatto scrivere qualcosa anche ai ragazzi e che quindi c’è un approccio un po’ più “death metal”, il che sta per chitarrine melodiche della minchia alla In Flames che creano un contrasto imbarazzante con l’acido latrato del vecchio frontman. Secondo Steve, Heroes of Origin era stato un po’ il Kill’em All degli Hatriot e Dawn Of The New Centurian sarà invece il loro Ride the Lightning. Me cojoni. Speriamo non caccino un disco djent quando vorranno fare il loro Master of Puppets:


Siccome i greci ci stanno sempre molto simpatici, vi forniamo il link per ascoltare in streaming Incendium, terzo, interessantissimo lavoro dei BURIAL HORDES. Da fan integralista della vecchia scena ellenica, non posso che stigmatizzare per pure ragioni ideologiche i loro cedimenti al canone norvegese (eppure il loro black metal, torrenziale e senza troppi fronzoli, richiama alla mente in certi frangenti le prime cose dei Nightfall, sentitevi una Nailed Curse per credere) ma il dischetto funziona, epico e maligno™ al punto giusto, con atmosfere efficaci nella loro suggestione.

Vi congedo nel modo più disturbante possibile con il video di The Stroy, da quel recente split con i BASTARD NOISE che resterà, ahinoi, l’ultima release di sempre targata BRUTAL TRUTH. Ci mancherete, ragazzi, sigh.



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