Ha qualcosa di primordiale e potente, qualcosa che non sembra nemmeno appartenere a questo mondo - o che magari gli apparteneva quando questo mondo era diverso, quando ancora si credeva alla magia e quando gli uomini non fuggivano a loro stessi.
La natura della Scozia è drammatica, nel senso che sembra essere una metafora di emozioni, una metafora di ciò che noi umani ci portiamo dentro di bello e terribile, di acuminato e vasto. O forse sono le luci ed ombre del nostro cuore ad essere una metafora della natura della Scozia.
In Scozia finisci quasi per credere alla magia, perché respiri e calpesti quella della terra; in Scozia non entri solo in contatto con la natura: entri anche in contatto con te stesso, senza più bisogno di indossare maschere o di aver paura delle tue ombre - perché le vedi riflesse fuori, e ti sembrano anch'esse bellissime...
L'Isola di Skye, con il suo nome che ricorda il cielo, è uno degli angoli di Scozia che da più lungo tempo desideravo visitare, e, pur essendoci sbarcata con aspettative davvero altissime, non mi ha delusa.E' uno di quei posti dove vorresti tornare già dopo pochissimi giorni che li hai lasciati, perché non ti bastano mai.E' un condensato ad altissima percentuale della bellezza naturale scozzese, di quella natura così selvaggia e riflessiva che sembra quasi avere un'anima.Forse, a caldo, se dovessi dare a me stessa #10buonimotivi per tornarci, li troverei tutti nascosti lì dentro, in questa bellezza, e sarebbero tutti piccole pieghe indescrivibili di un'emozione, palpiti ed incanti a cui le parole non riuscirebbero a dare forma.
Quindi, per poter condividere con voi i #10buonimotivi per cui Skye è stata indubbiamente la mia meta preferita del 2014, provo a riformularli e a trasformarli in elementi più concreti e tangibili:
Portree
[1] Il porto di Portree (e le sue quattro casette colorate)Portree, con le sue 2500 anime, è, per così dire, la "capitale" dell'Isola di Skye.
Anche l'etimologia del suo nome sembra volerle dare un ruolo importante, perché secondo alcuni Portree significa "Porto del Re", in ricordo di una visita che fece Giacomo V di Scozia qualche secolo fa. Ma altri contestano questa ipotesi, quindi nulla di regale.
Nulla di regale, ma qualcosa di magico sì, dato che J. K. Rowling ne ha voluto fare la sede di una delle più forti squadre di quidditch della storia.
Sia quel che sia, Portree ha un minuscolo porticciolo che, con le sue quattro casette color pastello schiacciate con le spalle al muro lungo la banchina, nel suo piccolo è un'icona - anche se magari nessun re ci è mai sbarcato.
Lo trovo un gioiellino mignon, come se fosse un presepe dentro una conchiglia, o un micro paesaggio dentro una bottiglia
Kilt Rock
[2] Una scogliera fatta da una sartaIl Kilt Rock è una spettacolare barriera di 105 metri di basalto che si getta a picco sul mare e che ha gli stessi contorni pieghettati e frastagliati di un kilt.
C'è un rivolo di cascata che scorre, fra spruzzi bianchissimi, fra gli spigoli neri della roccia.
Si getta a precipizio fra le braccia blu del mare, in una corsa che è un salto nel vuoto, un'interruzione brusca, come il cuore che salta un battito quando l'emozione è forte.
I colori sono intensi e netti, caricati dalla luce che accende la loro bellezza: l'azzurro carico del mare, il chiaroscuro cupo della roccia rigato dal bianco della cascata, la cornice del verde tutto attorno, e poi di nuovo l'azzurro, del cielo.
Sky(e)...
Old Man of Storr
[3] Un vecchietto in equilibrio sulla punta di un ditoLo Storr è un agglomerato roccioso che fuoriesce dai circostanti declivi verdi come un'escrescenza ossea. Ed il suo Old Man è un pinnacolo di frastagliata roccia basaltica alto più di 50 metri, che si vede a svariate miglia di distanza, come una torre di guardia o l'albero maestro di una nave, e che dà l'impressione di sorreggersi in un miracoloso equilibrio precario, come una ballerina sulle punte o un mistico che fa yoga su un pilastro.
L'Old Man sembra inviolabile in apparenza. O forse, più che altro, sembra così teso e concentrato nello sforzo di mantenere saldo il suo baricentro, che suscita una sorta di rispetto, di timore reverenziale. Eppure c'è chi è riuscito a scalarlo: un inglese, nel 1955.
Ma da allora in pochi altri hanno potuto (o voluto) ripetere l'impresa.
Fairy Flag (immagine tratta dal web)
[4] Una bandiera fatata che non ho visto (ma che ricordo)In effetti, mentre eravamo lì, ad armeggiare fra cartine ed itinerari, il nome "Dunvegan" e, soprattutto "clan Mac Leod", una flebile lampadina da qualche parte me l'avevano accesa...
Ma era molto flebile, più una candelina di una torta di compleanno che una vera e propria lampadina, direi, e quindi l'ho lasciata spegnere agli spifferi provocati dall'andirivieni entusiasta mio e di Tabby Cat alle prese con la nostra bella isola tutta da esplorare.
Il Castello di Dunvegan non l'abbiamo visto: non siamo riuscite ad infilarlo nell'itinerario - troppo poco tempo, e, lo confesso, ad una prima occhiata sui depliant dell'ufficio informazioni turistiche, ci era sembrato uno dei tanti castelli di cui la Scozia pullula e che entrambe abbiamo già visto a iosa, senza che avesse qualcosa di particolare da farlo rientrare in una qualsivoglia Top 10 di castelli da visitare assolutamente.
Quindi è stato solo quando sono tornata a casa e, per puro caso, mi sono rimessa a sfogliare uno dei miei libri di fiabe preferite di quando ero piccola, che ho fatto il collegamento.
Le mie fiabe preferite da bambina erano leggende del folklore celtico, solo che allora non lo sapevo: era il primo richiamo che sentivo da parte di un mondo che ancora non conoscevo, e che però già sentivo come mio.
E il Castello di Dunvegan era nel mio libro.
Era lì, fra quelle pagine che tante volte avevo sfogliato, per raccontare la leggenda della bandiera fatata, un cimelio che ancora oggi viene conservata nel castello.
Si dice che fu donata dalle fate al Clan Mc Leod e che, per tre volte, quando i Mc Leod l'avrebbero appesa a sventolare dai torrioni del castello, l'esercito delle fate sarebbe accorso in loro aiuto. Per due volte la bandiera è stata appesa e per due volte le fate hanno mantenuto la loro parola.
Siamo ancora in attesa della terza...
Ecco dove vorrei perdermi...
...anche qua potrebbe andar bene
[5] Sì, vagare...Come dice Tolkien? "Non tutti coloro che vagano si sono persi", e a me questi posti fanno sempre venire un'irrefrenabile voglia di vagare.
Di mollare auto, mappe, pianificazioni ed itinerari e semplicemente muovere un passo dietro l'altro, con il naso all'insù, lasciandomi guidare dalla bellezza che mi circonda, lasciandomi ipnotizzare da essa, come i bambini con il pifferaio di Hamelin.
Non è semplicemente una questione di natura (quasi) incontaminata: è questione che *questa* natura ha qualcosa che parla direttamente ad un pezzetto della mia anima. Forse sono fatte della stessa sostanza.
E questo per me è anche un buon motivo per cui vorrei tornare.
Vorrei tornare e farlo veramente, girarla a piedi, solo io e lei.
Magari potrei finalmente riuscire a sentire cos'ha da dirmi...
Talisker Distillery
[6] A buon intenditor... un sorso di whiskyLo confesso, non storcete il naso, io non è che sia una grandissima estimatrice di whisky.
Ma Tabby Cat voleva visitare una distilleria, e quindi mi sono detta che in fin dei conti non posso dire di amare la Scozia senza aver mai trangugiato un sorso di whisky.
L'unica distilleria dell'Isola di Skye è la Talisker, che produce whisky di puro malto.
La distilleria offre tour guidati ed assaggi: noi siamo arrivate troppo tardi per la visita ma ci vengono comunque offerti due bicchierini contenenti due diversi gradi di invecchiamento del loro whisky.
Lo butto giù in un sorso.
E' forte e scalda la gola. Sa di torba e sa di Scozia.
E' il sapore della Scozia: ricorda le distese verdi e corrucciate, le scaglie di roccia che le frastagliano, la pioggia ed i pub fumosi.
E' proprio vero: se ami la Scozia ami anche il whisky...
La colazione al B&B Tir Alainn
A Breakish, sulla strada del B&B
[7] La marmellata fatta in casa della signora PamAl bed & breakfast Tir Alainn ci siamo finite un po' per caso. O per miracolo.
A quanto pare, durante il periodo della nostra permanenza, Skye era già in overbooking, e tutte le strutture ricettive dell'isola sembravano essere al completo. Finché non ho trovato questo posticino poco reclamizzato, che sul suo sito fornisce indicazioni dettagliatissime su come raggiungerlo, dal momento che, dicono, sui sistemi GPS non sono segnalati. E questo fatto, lo confesso, gli conferiva un certo fascino...
Beh, sia quel che sia - siamo state contente di questa scoperta.
La location è idilliaca, sulla rientranza del piccolo fiordo di Breakish, e con una colonia di leprotti che veniva a sostare sotto la nostra finestra al mattino.
I proprietari, i signori Pam & Ron, sono di una gentilezza squisita - e ancor più squisite erano le marmellate fatte in casa che Pam ci offriva la mattina a colazione.
Per chi preferisce il salato, invece, si può addirittura cominciare la giornata con un filetto di salmone al forno.
Scozzesissimo...
Red Skye Restaurant
La miglior creme brulée della mia vita...
[8] Farsi divorare dai midgets per una cena da gourmet
Un altro motivo per cui abbiamo ringraziato il fato (...o forse sono state le fate della bandiera di Dunvegan??) per averci condotte al Tir Alainn, è stato il ristorantino Red Skye, a meno di 100 metri da lì, dove abbiamo gustato cene luculliane durante tutta la nostra permanenza sull'isola.
Da un piccolo locale di aspetto modesto, sperduto in mezzo al nulla o quasi, forse non te lo aspetteresti, ma tutte le portate che abbiamo gustato erano una sinfonia di sapori raffinata e creativa.
Il menù è composto da una rielaborazione, fatta con un tocco di originalità, di piatti classici, sublimandone il gusto.
Per il filetto di salmone con salsa allo zafferano e langoustines (piccoli crostacei locali), e soprattutto per la creme brulée al lampone abbiamo chiesto di far uscire il cuoco dalla cucina per stringergli la mano.
L'unico difetto?
Uscite dal ristorante siamo diventate noi la portata principale della cena dei midgets, microscopici moscerini che infestano a nugoli le serate estive dell'isola quando c'è bel tempo. E i loro morsi prudono per settimane.
Peccato che il sapore dei piatti del Red Skye non rimanga in bocca altrettanto a lungo!
Fairy Pools (immagine tratta dal web)
[9] Le piscine delle fateSpero che le fate dell'Isola di Skye non se ne abbiano a male (preferirei non offendere una fata, con quel che si dice in merito alla loro suscettibilità), ma temo di averle proprio un po' snobbate durante questa mia visita.
Oltre ad essermi persa la loro bandiera, mi sono anche persa le loro... piscine.
Le Fairy Pools sono una serie di cascatelle e pozze con un'acqua incredibile, trasparentissima e sfumata dal turchese al verde smeraldo.
Anche queste non siamo riuscite a vederle...
Ora capite perché ho già così tanta voglia di ritornare?
Colpa delle fate...
Attenti alle pecore...
[10] Scoprire che le pecore in realtà sono coraggiose (o forse incoscienti?)C'è chi dice che in realtà il coraggio non esiste, che esiste solo l'incoscienza.
Io non sono troppo d'accordo, a dire il vero - ma in ogni caso, coraggio o incoscienza che sia, è una caratteristica che non mi sarebbe mai venuto da associare ad una pecora.
Finché non ho guidato sull'Isola di Skye...
Il segnale di pericolo "Attenti alle pecore" il primo giorno, quando guidava Tabby Cat, mi ha fatto ridere. Ma poi, quando al volante mi sono messa io, ho capito.
Le pecore non hanno paura delle macchine. Passano tranquille sulla strada asfaltata, con tutta la nonchalanche che solo una pecora può avere. Magari decidono anche di sedersi lì, e ti guardano, ruminando con aria di sfida.
Le pecore non hanno nemmeno paura dell'umano che scende giù dalla macchina per cercare di convincerle a spostarsi. Gli belano qualcosa, un po' strafottenti, con il loro vocione. Sì, perché se le pecore non le avete mai viste dal vivo, forse non sapete che hanno un vocione: il loro timido "Beeee" che si legge nei fumetti, in realtà non è affatto timido. Si pronuncia con un rimbombo da baritono.
Le pecore, forse, non hanno paura di niente.
Chi ha coniato il detto "Meglio un giorno da leone che cento anni da pecora" non è mai venuto qui.
Non che preferirei trovarmi un leone in mezzo alla strada, ecco.
Però penso che se un leone ti taglia la strada lo fa con intento di sfida, per aggredire - e quindi, forse perché ha paura. La pecora lo fa semplicemente perché le va di farlo. Ed è diverso il coraggio di chi si difende da quello di chi lo fa senza pensarci.
Ok, si chiama incoscienza.
Però penso che a volte sarebbe bello essere un po' come le pecore di Skye.
E sederci nel bel mezzo di una strada, se ci va di farlo.
Certo, a patto che poi le macchine si fermino...