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Slava's snowshow (o "della festa")

Creato il 08 dicembre 2011 da Spaceoddity
Il clown è triste. Ha una corda al collo, deve solo prendere l'altro capo ed è fatta. Ma tira, tira, tira e si chiede quanto debba essere profondo questo baratro se vuol davvero gettarsi giù. Tira, tira, tira con più forza a sé e trascina in scena un altro cappio e un altro clown, più buffo, più tenero, più sperduto, che si guarda attorno, vede la platea e si chiede cosa stia succedendo. Succede che non c'è più confine tra la scena e le quinte, tra le assi del palcoscenico e la platea, non è possibile nascondersi, non partecipare, devi entrare in ballo e giocare.
Lo Slava's Snowshow, che torna per ancora una volta al Teatro Biondo di Palermo, è la rottura di ogni parete, di ogni steccato, di ogni sicurezza. Non direi "di ogni convenzione": ché anzi un po' di esperienza delle forme teatrali dei paesi slavi, di mimo francese (come nell'eccezionale sketch dell'addio alla stazione) e di comiche salva da un imbarazzante grido "al miracolo". L'incanto di questo spettacolo rodatissimo non sta nella sua novità, ma altrove: e precisamente nella gioia che riesce a trasmettere, pur affrontando a suo modo temi delicati e dolorosi, come quello della solitudine e dell'inadeguatezza esistenziale.
Ogni tanto, Slava's Snowshow fa venire il magone. La commozione è sempre sul punto di trapelare dallo sguardo dei bimbi, ma soprattutto di quegli adulti che li "accompagnavano". E all'improvviso succede sempre qualcosa di buffo o di dolce. Lo spettacolo di Slava Polunin è catartico e soprattutto è spettacolo: gli artisti si esibiscono per gli spettatori e per essi addirittura esistono. Però nel restituire al pubblico il suo ruolo creatore, lo si impegna nella partecipazione alla magia scenica. In un equilibrio continuamente infranto tra empatia e confronto diretto, emozioni e persone invadono il teatro, impegnandolo in un tour de force di energie che bussavano inascoltate.
Lo Slava's Snowshow ha forza sufficiente per rintracciare quella vibrazione di felicità che mi agita e mi rende talvolta più irrequieto che gioioso: è una festa per bambini, dove non esiste la parola spreco. O magari tu diresti di essere troppo felice? Sono il primo a dirlo: la felicità non è un dovere. Se si vuole, non è neanche un diritto: o almeno non la felicità delle risate, della ricchezza, dell'inesauribile potenza su cose e persone. Tuttavia, in particolar modo oggi, la ricerca della gioia, di quella che non definisco, di quella che tieni per te, è un valore al quale non possiamo rinunciare.
Come esseri umani, abbiamo - più ancora che il diritto - il dovere alla bellezza. Il dovere della ricerca di una gioia quanto più profonda e vera possibile. Il dovere di superare gli steccati ed esserci, essere lì, giocare con la vita che ci invade, sotto forma di neve, di fumo, di acqua, di contatti, di altri. La gioia, questa gioia della vita, non può esserci addebitato su qualche conto spese che qualcun altro redige per noi. Non possiamo risparmiare su questa festa dell'essere noi stessi e l'essere uomini, nel prenderci in giro, ma ascoltarci sul serio. In un tempo di austerity, di conti da saldare, di specchi da riguardare e trovarsi rinnovati mentre non ci si vedeva, lo Slava's Snowshow è la festa di esserci, la festa del fare bellezza. Un'occasione da cogliere insieme, per alzarsi e per giocare dove ti aspettavi parole, messaggi, ammonimenti. Un modo irrinunciabile per essere... per cominciare a essere liberi e felici.
Per informazioni dettagliate sullo spettacolo e la tournée di Slava Polunin: www.slavasnowshow.it.

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