Come nelle tante discese vincenti sul ghiaccio, con la schiena sullo slittino a oltre 130 chilometri orari, anche nell’ultima curva Armin Zoeggeler si è fidato del proprio istinto. “Dopo le Olimpiadi di Sochi, mi ha detto che era il momento giusto per ritirarmi”, ha annunciato l’altoatesino, che a quasi 41 anni si è già messo all’opera per assistere la Nazionale nello sviluppo di materiali e un giorno sogna di guidarla da ct, magari crescendo nuovi talenti ispirati dal suo record di sei medaglie in sei Olimpiadi di fila, a cui si sommano sei ori mondiali, quattro europei e dieci coppe del Mondo.
Armin Zoeggeler, nella conferenza stampa di ieri a Milano (salzburg.com)
La decisone di Armin Zoeggeler dopo i Giochi invernali di Sochi. “Ho preso la mia decisione al termine dei Giochi – ha dichiarato 40enne altoatesino in una conferenza a Milano -, ma volevo essere sicuro che non fosse dettata dall’emozione. Mi sono preso qualche mese di tempo per riflettere. Ho parlato anche con la mia famiglia, con il gruppo sportivo dei carabinieri, la Fisi, il Coni e i miei allenatori. Si tratta del più grande campione nella storia dello slittino su pista artificiale che, quindi, ha ufficializzato l’abbandono delle competizioni dopo oltre vent’anni di successi sui budelli di tutto il mondo.
Il ritiro di Armin dall’attività agonistica, con l’addio ai suoi 25 anni di carriera. “Alla fine ho scelto da solo”, racconta l’altoatesino, emozionato e quasi teso nella sua divisa da carabiniere, lasciandosi scappare un sorriso quando gli domandano di ripetere la dichiarazione in tedesco: “E’ più difficile…”. Sullo schermo scorrono le immagini dei 25 anni di carriera, ma Zoeggeler (che ha “un solo rammarico: non essere andato sempre sul podio ai Mondiali, ma quasi…”) è praticamente impassibile, anche davanti all’oro di Torino 2006, “il podio più importante”. E’ abituato a guardarle “per analizzare i margini”, ma quella della cerimonia di apertura a Sochi con in mano il tricolore è diversa. “Tornato a casa l’ho rivista subito con la mia famiglia, fare il portabandiera è stato un momento emozionante”, racconta, rivelando che avrebbe potuto anche non vivere quell’esperienza. “Due anni fa, quando sono iniziati miei piccoli dolori alla schiena e ho saltato Mondiali, ho pensato di non riuscire a proseguire la mia carriera”. Invece è andato avanti con “disciplina, voglia e passione”, i segreti di un atleta a cui “non è mai mancata la voglia di svegliarmi e allenarmi”.
Un giorno vorrebbe trasmetterla ai più giovani in veste di commissario tecnico. “Sogno di creare una squadra che vinca medaglie ai mondiali, in coppa del Mondo e alle Olimpiadi – ammette, affiancato dal presidente della Fisi, Flavio Roda, e dal vice segretario generale del Coni, Carlo Mornati, -. Guardare sempre avanti senza fermarsi mai: questo è il mio istinto e finché lo avrò lavorerò come un matto”. Già lo sta facendo per la Nazionale, occupandosi “di ricerca e sviluppo dei materiali con Coni, Ferrari e Fisi”, per aiutare i vari Dominik Fischnaller e Emanuel Rieder, “giovani veramente carichi e molto bravi”. Con la speranza che riapra la pista di Cesana, l’unica in Italia. “Allenarsi all’estero è più difficile – sottolinea -. Ma io sono cresciuto senza pista fino al 2006. Se non è possibile riaprirla dobbiamo fare il nostro meglio comunque”. (ANSA)