Magazine Diario personale

Social train

Da Anacronista
[Il 60% del blog è salvato in "bozza". Ho trovato questo vecchio post, scritto alcuni mesi fa, insieme ad alcuni altri che non so perché non ho mai pubblicato]. 
I treni sono un grande crocevia sociale, non come gli aerei - nei quali prevale piuttosto l'asocial mood: seduto, cintura, partenza, atterraggio, applauso (sic) e via - tra gli astanti giusto qualche battuta. Nel treno, date le lunghe percorrenze e i non rari ritardi, i viaggiatori che siedono l'uno davanti all'altro non possono alla lunga trattenersi da uno scambio. Specie se il treno è vuoto. 
Il treno è la mia seconda pelle. Lo prendo di continuo, e ai momenti in cui mi chiudo metaforicamente a chiave perché non c'ho voglia di parlare, si alternano momenti in cui provo una grande curiosità per chi mi sta intorno: dove andrà? chi è? cosa fa nella vita? con annessa analisi dei movimenti, dell'accento da cui dedurre la provenienza geografica, e. Le tratte che percorro io, da un certo punto in poi si svuotano. L'ultima volta, il treno non era completamente vuoto. Un signore che aveva iniziato il viaggio con me, e che scalpitava dalla voglia di avviare una fertile conversazione, nonché di scoprire dove andassi e perché,  poteva approfittare della solitudine per rompere il ghiaccio. Mi offre un cioccolatino. Ha visto? Mi mostra un disegno sul frontespizio di un libro di Stendhal. Riconosco la firma di Frattini. Ah Frattini! Dico. Sì, abbiamo viaggiato insieme da Milano. Frattini aveva abbozzato il volto del signore sul frontespizio del suo libro. Una persona umile, semplice, molto piacevole, dice. 
Io ero contenta, perché avendo dimenticato a casa le cuffie dell'mp3 e dopo aver letto tutti gli angoli, spazi pubblicitari inclusi, dei giornali, dopo aver dormito e quant'altro, mi si schiudevano lunghe ore di nulla a fissare un finestrino che peraltro camuffava il paesaggio, dato che quando fuori è buio dal treno non si vede niente. Dunque, di lì, le ulteriori 5 ore di treno che ci rimanevano, le abbiamo trascorse a parlare. Soprattutto di viaggi. Antonio ama molto viaggiare, "conosco tutta l'Europa", specie con la barca del suo migliore amico. Senza alcun freno, l'ho edotto dei miei progetti in tutte le direzioni: linea est-Europa, linea sud del mondo, linea ovest (America del sud su su fino all'Alaska); non ultimo, Europa del Nord. Entrambi abbiamo espresso lo sdegno per l'involuzione estetica delle grandi città, troppo accessibili e sempre più uguali, addentrarsi nei posti ai margini della globalizzazione, che bello, e ho potuto ascoltare interessanti racconti sui paesi della Jugoslavia, della Moldavia e dell'Ungheria, che Antonio aveva conosciuto più volte. Libri, politica, cultura, tutto. Una conversazione piacevole, davvero. Poi mi è venuto un dubbio. Il tipo insisteva in particolare in paesi del tipo: Repubblica cèca, Romania, Ucraina, Thailandia. Nell'immaginario sono i paesi grandi serbatoi di femmine per l'italiano medio fallologofrustrato - e purtroppo il luogo comune non ho potuto, in quest'occasione, smentirlo. E quindi. Questa cosa è venuta progressivamente fuori. Il tipo parlava di "amiche" che andava a trovare spesso. Da piacevole conversatore, il signore assumeva via via fattezze un po' ombroso-grottesche, parlava fissando la sua immagine riflessa sul finestrino con l'aria di chi vuole bucare lo schermo, l'aria di chi ehi, che charme che ho. Irritante. Poi, no dico, se vuoi venire in barca con me e il mio amico 60enne. No dico, dimmi quando rifai questo viaggio che ci vengo anch'io. Ti chiederei il numero, eh? 
Qual è il confine tra galanteria e molestia? No perché, questo si avvicinava, mi faceva complimenti e insisteva per un baciamano quantomeno fuori luogo. (Il tipo si credeva affascinante). L'iniziale piacevolezza si è mutata in disgusto. Il vagone vuoto, con esso i vagoni adiacenti, e questo tipo che esudava ormoni dai buchi delle orecchie, con la panza floscia sulle gambe, i baffi molesti e lo sguardo ittico. Dio mio. Mi ha chiesto: posso salutarti con un bacio sulla guancia? Terrore. Cerco rapidamente la via di fuga più vicina "Ehm". Ovviamente non ha atteso la mia risposta e ha posato le sue labbra umidicce sulla mia guancia - ho provato subito un senso di straniamento difficile da spiegare. La mia reattività era zero, io ero una pietra. Il signore sparisce come un lampo. Non pensavo per un semplice bacio sulla guancia di poter provare tanta rabbia e tanto senso di schifo. Allora ho riesumato dall'inconscio che almeno sei ore prima, all'inizio del viaggio, avevo notato - fra la tanta gente chiassosa ambulante - lo sguardo pseudoarrapante del signore, che appena sollevato sul giornale lanciava occhiate malintese d'intesa, mentre io mi voltavo dall'altra parte per dormire più comoda, e ricambiavo con disattento sbadiglio. Naaa, avevo pensato, cancellando quell'inutile impressione nel sonno.
Non puoi distrarti.
Ancor più recentemente, mi trovavo su un regionale di quelli luridi e dimenticati dal mondo, che una volta sopra ci si chiede com'è che nel terzo millennio possano ancora esistere scatolette arrugginite del genere con la pretesa di portarti da una parte all'altra. Mp3 esaurito, libri letti e riletti, cellulare senza campo, vagone vuoto, il nulla e un'altra ora di niente sulle rotaie. Bene, dormiamo. Dormiveglia eh. Un tipo si accomoda in diagonale davanti a me, cioè stava sui sedili a sinistra ma di fronte. In realtà era lì già da un pezzo - boh, non me n'ero accorta, non m'interessava. Non è che stai a guardare tutti quelli che ti stanno intorno nei mezzi pubblici. Per puro caso mi giro un attimo a sinistra e gli vedo il gioiello di famiglia in mano. Mi alzo, emetto un "che schifo" e, infuriata e confusa, mi dirigo dal lato sbagliato del treno: sì, la parte senza via d'uscita. In almeno 4 carrozze percorse in fretta neanche mezzo essere umano. Fine del treno. Fuori buio. Neon intermittenti. Pareti verdi sull'ingiallito andante. Paura. Pensieri velocissimi, ricerca rapida di una soluzione. Respiro un attimo - fuori scorrono campi abbandonati e scheletri edilizi - non mi resta che tornare indietro. Penso, sempre velocissimamente, il colmo sarebbe se mi seguisse. Rifaccio velocemente il percorso precedente, e a distanza di un paio di carrozze vedo il viscido in piedi, leggermente barcollante, venire verso di me. Non ho scelta: non posso arretrare. Devo andare avanti. Mille immagini in testa in un secondo: non c'era tempo per pensare, dovevo solo evitare che si avvicinasse troppo nella parte desolata in cui ero, quello mi stupra e nessuno potrà aiutarmi. Apro la porta con violenza, il tipo vuole dirmi qualcosa - non mi si chieda cosa - purtroppo per lui ho solo un messaggio: una gomitata sullo stomaco, ultima arma di salvezza. Ha funzionato, lo so, solo perché era ubriaco - e sì che ci ho dato giù forte.
Solo un concetto: vomito e schifo, abominio indigesto, viscidume strisciante. E tanta, tanta pena per quel coglione. Di questi tempi viaggiare da sola è ancora un lusso. E' il 2013, sono sicura che nel 1913 sarebbero accadute le stesse identiche cose.
Non puoi distrarti.
Purtroppo mi sono capitate altre esperienze del genere, anche in pieno giorno, anche quando non ero sola - fermata dell'autobus, un all'apparenza impeccabile impiegato del catasto si massaggia il coso con gli occhi gaudenti; in macchina con alcune amiche, tizio avvia strip tease non richiesto; al cinema, (non Biancaneve sotto i nani ma Fascisti su Marte, nda), tipo affossato nel sedile mi sussurra parole incomprensibili sempre con lo shatsu di cui sopra; e purtroppo devo dire: eccetera - PS: in tutto questo mai minigonne o push up, se mai ci fosse qualche deficiente che dica che è-perché-sono-provocati-che. Purtroppo è successo qualcosa di simile o peggiore a tutte le mie amiche. Purtroppo per uscire da sola ancora devi farti due conti. Purtroppo, da allora ogni volta che salgo sul treno non riesco a star tranquilla se sono sola e sospetto di chiunque mi sieda vicino se intorno c'è poca gente. Purtroppo la cosa mi dà fastidio perché quando viaggio voglio rilassarmi, invece ora devo aggiungere anche questa fobia al già non scarno pacchetto. Grazie viscido insolente represso che ti sei masturbato davanti a me quella sera: grazie.
Si chiama violenza - anche se si continua a parlare di violenza sulle donne esclusivamente in termini di botte e stupri. Da poco è nato anche Hollaback Italia. Lo apprezzavo quando era solo in versione statunitense e non ho fatto in tempo a dispiacermi della sua inesistenza in Italia che subito è comparso anche qui. Bene. In Italia si chiamano "atti osceni in luogo pubblico", io li chiamo violenza di genere. Le molestie nei luoghi pubblici sono la forma più banalizzata di violenza.

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