Solita musica come Fiat in Italia. Colpa dei venditori se i clienti non sono soddifatti. È la solita tiritera dei dirigenti Fiat i Chrysler. Se le cose vanno male colpa dell’anello più debole. È una musica troppo vecchia per essere vera. Da dagospia. Soddisfazione dei clienti Chrysler in Usa agli ultimi posti. Marchionne? “I venditori trattano male i clienti”. Non sono solo sindacalisti e operai che resistono ai cambiamenti portati dalla globalizzazione a far arrabbiare Sergio Marchionne. Ora nel mirino del capo di Chrysler e Fiat finiscono, se non proprio i padroni, i «padroncini»: quei concessionari della casa americana che, peraltro, l’anno scorso hanno venduto il 24% di vetture in più rispetto al 2010.
Un aumento record per la Chrysler, ma Marchionne ha i suoi motivi per pensare che non sia il caso di dormire sugli allori: l’indagine JD Power’s sulla soddisfazione dei clienti che hanno acquistato una vettura colloca i marchi di punta del gruppo – Jeep, Dodge e Ram – in tre dei quattro posti di coda di questa classifica.
Il supermanager che, sommando all’inseparabile maglioncino una barba “casual” e occhialini da intellettuale, ha assunto un aspetto bohemienne, di europeo ha solo il look. Quando parla i toni sono quelli ruvidi dell’executive americano: «Molti concessionari non fanno il loro dovere. Non fanno nemmeno la telefonata di follow up al cliente che ha appena comprato l’auto. Non trattano il cliente con la dignità che merita».
Non sono solo parole: Chrysler ha sospeso «Dealer Standards», il programma introdotto proprio da Marchionne alla fine del 2009 per migliorare e rendere più omogenee le showroom dei concessionari che, a questo fine, ricevevano da Auburn Hills un contributo di circa 200 mila dollari per trimestre. Tutto cancellato e da rinegoziare su nuove basi perché, tuona Marchionne, «non può bastare riempire un modulo per ottenere i contributi: mi devono far vedere i risultati».
Secondo i maligni questo è, in realtà, il modo scelto dall’azienda per ritirare un incentivo che aveva senso al momento della ricostruzione del gruppo dopo la bancarotta, meno oggi che Chrysler è ormai lanciata. Ci sarebbe anche un pò di risentimento per l’andamento deludente delle vendite della Fiat 500, anche se qui a pagare è stata la responsabile marketing del Lingotto in America, Laura Soave, messa alla porta da Marchionne che poi ha ammesso davanti alla stampa di aver fatto «una cavolata» fissando obiettivi troppo ambiziosi per l’utilitaria negli Usa.
Ma i concessionari devono avere la coscienza sporca se la reazione del loro capo, David Kelleher, alla decisione unilaterale di Chrysler è stata difensiva: «Sì è vero, ci sono cose da rivedere, ma dobbiamo avere voce in capitolo nelle definizione dei nuovi incentivi. Dateci tempo: servono sei settimane di addestramento solo per insegnare a un nuovo dipendente ad accogliere il cliente con cordialità».
L’avesse detto un leader Fiom se lo sarebbe mangiato. Ma anche coi dealer Marchionne usa la mano pesante: «Così non arriveremo mai in vetta alla classifica. Hanno venduto bene nel 2011, ma non trattano bene i clienti. Non basta fare vetture migliori e spot di grande successo con Eminem. Alla fine conta la faccia di chi ti vende l’auto».
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