Esce il 26 settembre l’atteso Bling Ring, il nuovo film di Sofia Coppola sulla baby gang svaligia-ville di celebrities che ha guadagnato le prime pagine dei giornali a Cannes e che ora è pronta ad uscire in 300 sale italiane. Protagonisti ragazzi di oggi, in una Los Angeles priva di valori: teenager allo sbando, sedotti dagli oggetti di lusso, ipnotizzati dai flash delle celebrities, ossessionati dai social network. Incontriamo la regista in conferenza stampa, colpisce l’ingenuità di quanti le domandano come mai in America ci sia una rincorsa così morbosa e sfrenata dietro divi e divetti. Come se l’Italia non pullulasse di adolescenti altrettanto abbagliati da fama e desiderio di soldi e successo facili.
Torna a trattare il tema dell’adolescenza, che le è caro sin da Vergini suicide. Cos’è cambiato rispetto ad allora?
Lì raccontavo di ragazzine innocenti, mentre i ragazzi che sono protagonisti in questo film non lo sono affatto. Si tratta di due epoche diverse, sono passati gli anni, gli adolescenti vengono raccontati in situazioni temporali completamente differenti. Come cineasta e come mamma sono curiosa di sapere se la cultura pop continuerà a crescere, o se magari più avanti nel tempo si tornerà a qualcos’altro.
L’ossessione per le star continua a crescere.
Indubbiamente, e non credo che la crisi abbia avuto un grosso impatto su questo: mi pare anzi che peggio vadano le cose più il fenomeno sia in crescita, e sono molto interessata ad analizzare quest’aspetto della nostra cultura.
Come mai?
Perchè sono stata la prima ad essere scioccata da ragazzini che crescono tra
ossessioni per la celebrità e smania di condividere tutto con tutti in tempo reale. Uno dei motivi per cui ho realizzato il film era analizzare questo tipo di cultura, fare in modo che tutti fossero consapevoli e se ne parlasse.
Perché cambiare nomi dei protagonisti, essendo il film tratto da una storia vera?
Per non trasformarli in idoli, per avere libertà di mostrare la mia versione dei fatti, e perchè volevo fare un film, non un documentario.
Quella che sceglie di raccontare è una generazione priva di valori, che non considera neanche più i genitori come punti di riferimento.
Per molti americani infatti non lo sono, le famiglie in diversi casi non sono affatto di sostegno, ma non volevo fare una generalizzazione degli adolescenti americani: ci sono tanti teenager che hanno famiglie che trasmettono loro valori.
E’ vero che ha chiesto al suo cast di entrare di nascosto in una vera casa, per prepararli al ruolo?
Abbiamo fatto diverse cose insieme, tra cui anche questa. Mi premeva far loro capire cosa volesse dire entrare in una casa all’insaputa dei proprietari. Ovviamente, in questo caso si trattava di un mio amico ben consapevole, che stava al gioco.
Ma dopo questo film le star hanno attivato sistemi di allarme per proteggere le loro proprietà?
Non saprei, non ho avuto contatti con loro per non farmi influenzare e mantenere la prospettiva dei ragazzi. In generale chi vive a Los Angeles si sente sicuro e protetto dal quartiere in cui vive, non avere sistemi di allarme fa parte di un atteggiamento rilassato e cool che, per esempio, a New York non esiste. Comunque so che almeno Paris Hilton non lascia più la chiave di casa sotto lo zerbino.
di Claudia Catalli per Oggialcinema.net