Soldi ai papà separati, purché lombardi e eterosessuali
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Soldi ai papà separati, ma devono essere italiani, eterosessuali, avere un matrimonio alle spalle e risiedere da almeno cinque anni in Lombardia. Un provvedimento fascista presentato in Regione Lombardia dalla Lista Maroni, discusso in queste settimane dalla commissione Sanità.
La proposta prevede un contributo economico di 18 mesi per quei genitori separati da meno di tre anni, un accesso facilitato alle graduatorie delle case popolari e il potenziamento della mediazione dei consultori. Interessanti, però, sono i cavilli che caratterizzano le vicenda: dal nome iniziale della legge (“Norme a tutela dei genitori separati e/o divorziati e dei loro figli”) si è passati a un emendamento presentato da Lista Maroni per sostituire il termine “genitori” con quello di “coniuge”, trucchetto formale per escludere dai finanziamenti le coppie di fatto. Tuttavia, in virtù della recente sentenza di Grosseto (che ha riconosciuto sul territorio italiano un matrimonio gay celebrato all’estero), quell’emendamento potrebbe clamorosamente aprire alle famiglie arcobaleno. Ed è a questo punto che interviene il Nuovo Centrodestra (nuovissimo, proprio…) a bloccare tutto: “Non possiamo permetterlo: già i fondi sono pochi, cerchiamo di mirarli alla famiglia tradizionale” ha dichiarato Stefano Carugo.
Insomma, è scontro tra la maggioranza e la discussione è stata rimandata alla prossima settimana. Nel frattempo, anche l’opposizione si scatena. “Si deve pensare a tutte le situazioni di difficoltà, senza discriminare tra figli di genitori sposati o nati all’interno di coppie di fatto” ha affermato Marco Carra, del Pd. E Paola Macchi, del Movimento Cinque Stelle, ha aggiunto: “Il 40% dei minori cresce in una coppia di fatto. Non si possono generare indegne discriminazioni tra genitori di serie A e genitori di serie B”.
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