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Soldi, canti, balli, niente proteste. Il mondiale perfetto

Creato il 09 giugno 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Pienaar e Mandela con la Coppa del Mondo di rugby

Dici Sud Africa e pensi all’apartheid, alla liberazione di Nelson Mandela e a Shakira che canta Waka Waka. Magari chi segue un po’ il rugby ci mette come perfetto trait d’union la Coppa del Mondo vinta dagli Springboks nel giugno 1995 (anzi dagli Amabokoboko, come venivano chiamati dagli zulu) e alzata proprio da Madiba in persona. Un trionfo per un’intera nazione, non solo per il bianco capitano Pienaar, per il mediano Stransky, autore del drop decisivo in finale, e per l’ala Chester Williams, unico nero a far parte della selezione sudafricana.[1] Un trionfo ancor maggiore per quella enorme fetta della popolazione, che poteva finalmente recarsi allo stadio e dagli spalti liberamente intonare lo Shosholoza, il canto tradizionale zulu che ricordava i tempi in cui i neri emigravano dalla Rhodesia per andare a lavorare nelle miniere e che i cultori dei film di Bud Spencer già conoscevano grazie ad una sequenza di Io sto con gli ippopotami.

Chi invece segue il calcio internazionale, accanto al trionfo casalingo nel gioco dei bianchi, il rugby, ci inserisce anche la corrispettiva epifania del Sud Africa liberato offerta dalla vittoria dei Bafana Bafana nella Coppa d’Africa del febbraio 1996. Il 2-0 in finale sulla Tunisia fu firmato da un altro Williams, Mark, nero come Chester e come molti suoi compagni di nazionale, tra cui Mosheu (autore di 4 gol nel torneo), Khumalo e il futuro barese Phil Masinga.

Tra questa doppia vittoria colta nell’arco di pochi mesi e il Mondiale ci sono di mezzo 14 anni, due partecipazioni alle fasi finali, con prestazioni discrete e una vittoria sulla Slovenia (colta nel 2002), e soprattutto un’economia in ascesa che concede al nuovo paese di fungere da ‘S’ nell’acronimo BRICS. Acronimo che non a caso cela i paesi sede di tre Coppe del Mondo FIFA e tre Olimpiadi tra il 2008 e il 2018.
L’assegnazione alla federazione sudafricana dell’organizzazione della kermesse iridata del 2010 arriva, infatti, puntuale nel 2004. La FIFA ha scelto di far disputare a rotazione il Mondiale in tutte le parti del globo e ha deciso di cominciare dal continente africano. La faccia mostrata al mondo è il calcio per tutti, che vince anche il razzismo (e la scelta del Sud Africa è quindi doppiamente simbolica), che diventa strumento per appianare le controversie e dare un’ulteriore slancio all’economia, che genera ricadute positive in tutte le componenti sane della società. L’obiettivo reale è quello di far girare soldi per autoalimentare il sistema. Il mezzo è buttar giù qualsiasi cosa ci sia e tirar su impianti sportivi nuovi di zecca, infrastrutture e centri commerciali, non-luoghi alla ove gli spettatori-turisti di ogni dove possano sentirsi a casa. 

E a proposito di cose prese e trapiantate, Shakira casca a pennello. Il suo Waka Waka è lontano anni luce dalla sofferenza e dal riscatto sociale che lo Shosholoza portava con sé, anche perché Zamina mina o Zangalewa, cui si ispira, è innanzitutto una canzone popolare del Camerun. Orecchiabile quanto si vuole, ha poi un significato poco pacifico, visto che il titolo vuol dire “Chi ti ha mandato?” e pare sia la classica domanda provocatoria che i militari rivolgono ai camerunensi di origine straniera.
Ad ogni modo “This time for Africa”, come dice Shakira, e i Mondiali scorrono via senza che all’esterno si abbiano notizie di contestazioni o di malcontento sociale dovuto al lievitare dei costi delle infrastrutture o alla costruzione di vere e proprie cattedrali nel deserto. E senza che Shame on the Game di Khulumani abbia successo e portata internazionale.
Il Ghana si ferma ai quarti e porta il continente intero a un soffio dalle agognate semifinali, la Spagna vince grazie a un gol di Iniesta, tutto viene impacchettato e idealmente spedito altrove. I problemi nel Sud Africa, pur se lontanissimi dai riflettori, però restano e la strage di minatori a Marikana dell’agosto 2012 starà lì a ricordarcelo.

federico 

Per altre info sulle proteste del 2010 e per il testo di Shame on the game cfr. Calcio e rivoluzione
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[1] Amabokoboko è una parola in lingua Nguni. Deriva da ama, prefisso per il plurale e da bokoboko, da bok, diminutivo di Springbok, (http://www.thefreedictionary.com/).
Chester Williams è stato inserito nel XV di partenza del Sud Africa nelle partite a eliminazione diretta della Coppa del Mondo 1995


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