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solo dio perdona

Creato il 01 giugno 2013 da Albertogallo

ONLY GOD FORGIVES (Francia/Danimarca)

locandina solo dio perdona

Se David Lynch avesse girato un film di Johnnie To o di Takashi Miike ispirandosi a Blade runner, probabilmente ne sarebbe scaturito qualcosa di simile a Solo dio perdona. Storia di vendette incrociate immerse in un’atmosfera notturna, torbida, perversa, quasi onirica, sullo sfondo di una Thailandia da far west dove a regnare è la legge della giungla, questo film è tanto affascinante quanto assurdo e indecifrabile.

Stesso regista (il danese Nicolas Winding Refn) e stesso attore protagonista (il canadese Ryan Gosling) di Drive, pellicola che un paio di anni fa fece gridare al capolavoro, Solo dio perdona è arrivato nelle sale, dopo il passaggio (non premiato) a Cannes, circondato da aspettative incredibilmente elevate. Se Drive era il “film blu” di Winding Refn (blu come la notte, come la tristezza di una storia d’amore destinata già sul nascere a morire), questo è il suo “film rosso”: rosso come il sangue, che scorre a fiumi e in maniera quantomai truculenta, come le lanterne (Zhang Yimou docet) che illuminano i tetri vicoli di Bangkok, come gli arredi dei locali notturni e della palestra gestita da Julian, copertura di un ingente traffico di eroina e cocaina.

Lynch, si diceva: per la macabra e feroce ironia che aleggia su alcuni dialoghi, per le atmosfere inquietanti a metà strada tra incubo e realtà, per la violenza e la crudeltà umana che sembra sottendere a tutti i personaggi del film (tranne il protagonista, a suo modo un puro). E tra essi il più lynchiano è sicuramente quello interpretato da una sorprendente Kristin Scott Thomas in un insolito, per lei, ruolo di attempata femme fatale, sorta di Dennis Hopper/Frank Booth al femminile. Ma Solo dio perdona non è un film derivativo: opera sfuggente, quasi sperimentale nel suo sostanziale autismo fatto di lunghi silenzi e lenti movimenti di macchina orizzontali, presenta secondo me lo stesso approccio di Drive, ovvero la peculiare caratteristica (qui decisamente esasperata, portata alle sue estreme conseguenze) di essere di fatto un b-movie girato alla maniera di un film d’autore.

Prendere o lasciare: per quanto mi riguarda il giudizio è positivo, ma non me la sentirei di contestare chi lo trovasse noioso, pretenzioso o, talvolta, persino involontariamente ridicolo.

Alberto Gallo



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