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Solo il tempo di morire, di Paolo Roversi

Creato il 22 febbraio 2015 da Funicelli
Solo il tempo di morire, di Paolo Roversi Incipit (lo sguardo della tigre)
Milano oggi.Quando guardi negli occhi una tigre la tua vita cambia per sempre.A me è successo a otto anni a adesso che vado per i settanta – è incredibile che non mi abbia spento una pallottola qualche secolo fa – posso affermarlo con certezza: non si vince mai davvero.Ci si può andare vicino, certo, si può arrivare in cima per qualche soffio, si può addirittura pensare di essere invincibili, intoccabili. Ma non dura.
Nella dedica per la mia copia del libro, Paolo ha scritto "ad Aldo una Milano bella e terribile" dove la bellezza è quella dei racconti della mala che rimangono, anche con l'andare degli anni: la prima rapina di Luciano Lutring fatta quasi per caso. La spaccata alla vetrina per rubare la pelliccia alla fidanzata la notte di Natale. Il matrimonio di Renato Vallanzasca nel carcere a San Vittore, con Francis Turatello come compare d'anello. Il ladro che cercò di rapinare i principi di Monaco, introducendosi nello yacht reale, mentre si celebrava il loro matrimonio. Come si fa a non aver voglia di raccontare un un romanzo tutte queste storie della Milano criminale, si è chiesto nel lontano 2010, Roversi. Da qui è nato il dittico, di cui questo capitolo che copre gli anni tra il 1972 e il 1984, costituisce la seconda parte (il primo è "Milano criminale"). Ma è, per l'appunto, una bellezza criminale: si si può essere anche affascinati dall'intelligenza e dalla fantasia (criminale) dei protagonisti di queste storie (la droga tagliata con l'aspirina, i rapimenti dei cumenda che si trasformano in vacanze a base di sesso e droga). Ma rimangono storie di banditi che hanno insanguinato le strade di Milano, hanno intuito come sfruttare i cambiamenti sociali che stavano cambiando il suo dna: il desiderio di divertirsi della nuova imprenditoria lombarda, nelle bische notturne dove perdere qualche milioncino sui tavoli da gioco. Nelle stanze chiuse dove incontrare prostitute d'alto bordo. E la droga, tanta droga, per soddisfare i vizi e le voglie della capitale morale d'Italia. Avevano un sogno i tre protagonisti, in negativo, di questo secondo capitolo: Franco Tarantino (ovvero Francis Turatello, faccia d'angelo) voleva trasformare Milano come Las Vegas, la città delle sale da gioco che aveva visto in un suo viaggio in America. Agostino Ebale (cioè Angelo Epaminonda), un catanese trapiantato nella cittadina brianzola di Cesano, che non sopportava il lavoro in fabbrica e sognava di comandare il traffico di droga, diventando il re della droga. Infine Roberto Vandelli (Renato Vallanzasca, che si racconta già nelle prime righe del libro): sono nato per fare il bandito, dice di se. Lui che ha scoperto la sua vocazione il 27 gennaio del 1958, quando da ragazzino assistì alla rapina in via Osoppo. La prima grande rapina nella Milano del dopoguerra: veloce, rapida, senza sparare un colpo. Ma in quella mattina, fredda e nebbiosa come sanno esserlo solo le mattine d'inverno a Milano, anche un'altro ragazzino scoprì la sua vocazione. È Antonio Santi (dietro cui si intuisce la figura del Questore Achille Serra, il poliziotto senza pistola): quella mattina anche lui assiste alla rapina ma decide che da grande farà il poliziotto. Perché lui è uno di quelli che i ladri di arresta. Testardo, ostinato come un mulo. E sposato con una donna altrettanto ostinata ma anche "rossa", come tante ragazze cresciute negli anni della contestazione. Quando studenti e celerini si scontravano nelle piazze e il cielo era nebbioso per il fumo dei lacrimogeni. Ma tutto questo l'abbiamo letto nel primo capitolo, dove si parlava della sfida di Santi col leader della contestazione, Giorgio Castelli. Dove eravamo rimasti: Santi e Vandelli li avevamo conosciuti già nel capitolo precedente. Lo sbirro e il ladro, che a furia di darsi la caccia (e scappare) finiscono per somigliarsi. Milano criminale finiva col loro faccia a faccia:
«Perché mi propini tutte queste stronzate da rivista rosa?»«So che Nina è incinta.»
«E con questo?»«Li perderai, lei e il bambino.»«Cazzate.»«Succederà, invece. Ne ho visti tanti come te; nessuno resiste. Il bambino avrà bisogno di un padre. Qualcuno che sia sempre presente, non al gabbio. Nina ora ti dirà il contrario , giurerà che per te ci sarà sempre, ma la verità e che non ti aspetterà, non può farlo: se sei fortunato uscirai tra dieci anni.»«Non esserne tanto sicuro, sbirro.»

La caccia proseguirà anche qui e capirete alla fine chi dei due, lo sbirro o il bandito, aveva ragione.
La Milano bella ma terribile: "Solo il tempo di morire" racconta della rivalità e degli scontri tra le batterie di questi personaggi, che si dividevano la città e il grisbi. I morti lasciati per le strade, sia per la droga, che per le faide che hanno coperto le strade di Milano di cadaveri. È un pezzo della storia milanese di cui ci siamo dimenticati: i 150 morti ammazzati malamente, per lo scontro tra Tarantino (Turatello) ed Ebale (Epaminonda), per lo spaccio della droga e per il controllo delle bische. Dietro di loro c'era la mafia, molto prima che certi politici lo scoprissero attraverso le inchieste della magistratura: la mafia e la camorra del professore Cutolo che attraverso questi gruppi criminali aveva preso messo un piede in città. Perché, in fondo, Milano è sempre stata una città in vendita, anche se nessuno lo vuole ammettere.
«Ormai è tutto un casino, Roberto, una spartizione continua. Nessuno comanda davvero. Nessuno ha il potere. Soplo piccole porzioni, come cani rabbiosi che si contendono la stessa carogna. C'è la mafia, c'è la camorra, ci sono le bische di Tarantino e dei tre Milord, c'è la coca spacciata dai catanesi e dai napoletani, c'è l'eroina che avvelena i poveracci, ci sono bordelli che spuntano ovunque, vi sono le bombe che scoppiano e ci sono batterie di disperati che non aspettano altro do farsi beccare dalla madama.
Questa maledetta città è cambiata, Roberto. Milano è la puttana di tutti, si concede e si vende ad ogni angolo. La città è divisa in zone. Te ne sei accorto, no?I rossi nelle periferie e nei quartieri popolari con l'eskimo, i neri a San Babila coi Ray-Ban anche quando piove. Simbologie e politica. Ma che andasseto tutti a fare in culo!.»
Scorriamo, attraverso le pagine del libro, anche la storia d'Italia: mentre Milano viene acchittata come una Las Vegas di serie B, nel resto del paese ci sono i tentativi di golpe. Le bombe a Brescia a piazza della Loggia e sul treno Italicus. Muore l'anarchico Feltrinelli, dilaniato da una bomba sotto un traliccio a Segrate e muore anche, ucciso da un commando organizzato da Lotta Continua, il commissario Calabresi. Mentre si accendono le luci delle bische e delle sale da gioco illegali, si spengono le luci delle città per l'austerity. Nelle domeniche si gira a piedi. Anche se poi si scoprirà, grazie alle inchieste dei pretori d'assalto, che dietro c'è una grossa truffa dei signori del petrolio. Mentre tramonta il mito del boom e la contestazione nelle piazze sfocia nella violenza del partito armato, l'Italia viene invasa dalla droga. Dal Messico, dalla Thailandia. Importata da Cosa Nostra e venduta agli italiani che la crisi, l'austerity, nemmeno sanno cosa sia.
"Da un paio d'anni, prima timidamente e poi massicciamente, le città italiane erano state invase dall'eroina. Dalle prime indagini era emersa una strategia criminaleben precisa: erano state fatte sparire tutte le altre droghe e, al loro posto, era stata offerta solo l'ero a prezzi stracciati. A quel punto il gioco era fatto: i consumatori erano passati massicciamente alla nuova droga divenendone dipendenti, anzi schiavi. Con la conseguenza che il prezzo era schizzato alle stelle. Milano si era riempita di tossicodipendenti che vivevano per la strada e che si procuravano i soldi per le dosi con furti, scippi, prostituzione e ogni sorta di attività illegale".
Paolo Roversi ci porta, passando per l'omicidio di Aldo Moro e di Peppino Impastato, dritto dritto negli anni '80. Gli anni della Milano da bere, degli yuppies, delle mazzette per far girare gli affari e godere della protezione infedele degli apparati dello stato. È il mondo in cui le discoteche prendono il posto delle bische, della cocaina che ricopre come neve la città, di un socialista che riceve in dono dal mafioso Epaminonda un cucciolo di tigre. Ma sono anche gli ultimi anni per i tre criminali: con la loro fine, si chiude anche un'epoca criminale per Milano. Ebale arrestato, Tarantino ucciso in carcere e Vandelli, il bandito numero uno per tutti i morti in divisa che si è lasciato dietro, riacciuffato dopo una fuga rocambolesca da una nave. E sepolto in carcere. Tutti e tre che sognavano di diventare il re di Milano e che forse, solo per un attimo, lo sono anche diventati. Ma è una gloria effimera. Come effimero è il successo che da il potere criminale: le striscie di coca per tirarsi su, le belle donne per allietare le cene, i vestiti eleganti fatti fare su misura. Cosa rimane di tutto questo? Si, forse è solo un romanzo e come tutti i romanzi è poco aderente alla realtà. Ma il vincitore, passati gli anni, rimane quello sbirro onesto e cocciuto, Antonio Santi, che non si è lasciato comprare. Che non ha mollato. Che non si è lasciato abbagliare dalle luci, come tanti altri milioni di italiani.
"Quella era la sua Milano. Una piccola città, tutto sommato, con dentro il male. Un male pulsante, crudele, così viscerale che l'aveva perfino costretta a mutare colore. Il nero del carbone, il grigio dei palazzi ormai era diventato rosso. Di luci, di fari nella notte, di lampegganti d'autoaumbulanze, di bandiere nelle piazze, di sangue sui marciapiedi. Come quello che scorrerà anche oggi; il suo probabilmente.Continuerà ad avanzare, senza paura. In fondo, questa è la vita che si è scelto, che ha cercato e voluto. Questa è la sua città, la città rossa".
E che fine ha fatto lo sguardo della tigre?
"I miei occhi sono riparati dalle spesse lenti da miope e lo sguardo di ghiaccio è solo un ricordo. Sono diventati come quelli della tigre in gabbia che ho liberato quando ero ragazzo: rassegnati e spenti.Abbasso il capo per ascoltare la sentenza. Sono stanco di tutto questo. Vorrei uscire di scena. Oggi, più che mai, mi basta il tempo di morire".

La presentazione del libro alla Feltrinelli a Milano con Luca Crovi La scheda del libro sul sito di Marsilio e il sito di Paolo Roversi. I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.


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