Magazine Cinema
Svezia, 2014
81 minuti
Sullo sfondo di una Stoccolma divisa tra dark-rooms e scorci naturalistici, l'androgino Sebastian è alla scoperta della propria omosessualità. Un percorso delicato, e a tratti rischioso, che lo spinge alla ricerca di fugaci avventure occasionali finchè una notte, durante un tentativo di abbordaggio nei bagni di un locale, Sebastian viene soccorso da Andreas, un ragazzo etero con il quale intreccierà ben presto una complicata relazione. Il lungo altalenarsi del rapporto però, non contribuisce di certo ad allontanare Sebastian dalla spirale involutiva che lo intrappola nella sua costante aspirazione suicida. Tra continue fughe, dissapori e riconciliazioni, per Sebastian arriverà il momento di una scelta, significativa per il futuro...
Premiato con un Tiger Award all'ultimo IFFR, Something Must Break è l'esordio al lungometraggio di finzione dello svedese Ester Martin Bergsmark, dopo il documentario She Male Snails (2012) e una gavetta percorsa a cortometraggi. Fin dalle prime battute è quantomai evidente l'attinenza con il cinema di Xavier Dolan e in particolar modo con il suo masterpiece, Laurence Anyways (addirittura simile è il concetto d'incipt, nel quale viene utilizzata una soundtrack elettronica ad accompagnare lo sbocciare di una rosa su sfondo rosso, dove andrà a campeggiare il titolo), dove nel personaggio di Sebastian (Saga Becker) è impossibile non riconoscere (anche somaticamente) il Melvin Popaud dolaniano. La diversità tra i due però, emerge sostanzialmente nell'ultimazione della propria identità sessuale, e nello stesso rapporto con il sesso/l'altro sesso. Lì, dove nel film di Dolan, il protagonista dimostra di avere le idee chiare, esprimendo apertamente la sua inclinazione lesbo; qui, bisognerà attendere l'estatico albeggiare conclusivo, perchè Sebastian giunga ad un'effettiva maturazione (Ellies, il nome tanto sognato), e alla consapevolezza delle proprie scelte, realizzando quale sia definitivamente la strada da percorrere. Altra differenza, risiede nell'encomiabile arbitrio del regista, che evita di cadere nell'ormai abusata questione dell'accettazione. Bergsmark, intesse la sua variante sul tema queer dirigendo un film tellurico e palpitante (prevalenza di camera a spalla), concentrandosi sull'esplorazione dei corpi (esibendo anche una concupiscenza decisamente più marcata ripetto ai film del canadese) e del corpo diafano di Sebastian; sorta di martire della passione, la cui catarsi appare un'oasi irraggiungibile durante le sue visioni (affreschi deliranti girati al ralenty, tra i quali spicca un dichiarato riferimento al martirio di San Sebastiano), e i cui perturbamenti interiori, sembrano invece trasparire dall'epidermide (notevole la sequenza dell'incubo aracneo, nella vasca da bagno) diffondendosi per tutto l'arco del film. A predominare in Something Must Break sono le più intime pulsioni (con abbondanti umori corporali annessi) e un'interazione con quella Natura (espressione di un'istintiva primordialità), che nonostante il dominio del paesaggio metropolitano, riesce a ritagliarsi il proprio spazio:
"quando il melodramma incontra il naturalismo, il tempo si sospende, e piacere e dolore sono indissolubilmente legati, viaggiano sullo stesso binario. E tutto comincia a vibrare" - Ester Martin Bergsmark
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