Un post su tre contiene una citazione, un aforisma, un pensiero rubato ad una canzone, un film, un libro, un muro. Tutti, o quasi tutti, sono a sfondo motivazionale o ispiratore, lampi di speranza in formato jpg che si gettano nella mischia per farsi forza a vicenda. O semplicemente per condividere pensieri che siano sopra alla media, così, giusto per darsi un tono. E non solo ne è pieno il web (da facebook a twitter non si salva nessuno), ma ogni cosa intorno a noi: dalle tovagliette per la colazione alle tazze, dai quadretti appesi ai muri fino alle cartoline trovate in strada e messe strategicamente vicino allo specchio del bagno. Ne faccio uso anche io, sia chiaro, sia di mia produzione (“Essere figa è uno stato mentale” e le sue sorelle) sia viste in giro. Nonostante ciò m’è venuto questo dubbio: da quand’è che abbiamo sentito la necessità di questa dose di spinte motivazionali quotidiane?!?
Colpa della crisi? Colpa del futuro nebuloso? Colpa del Mondo intero che lentamente si sgretola sotto ai nostri piedi mentre stiamo condividendo aforismi sul web? O semplicemente “colpa” di una nuova consapevolezza di poter aspirare, sempre ed in qualunque momento, a qualcosa di meglio? Che quel “chi si accontenta gode” è stato lentamente sostituito dal “se non ci provi non lo scoprirai mai” (Spora Docet) o “The mind is everything: what you think, you become” (ispirational quotes) o ancora “Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia” (Alberto Moravia). Non è colpa di nessuno, se non della rete, che ancora una volta ha reso più facile e veloce diffondere messaggi (e moltiplicarli in maniera esponenziale come un gremlins che mangia dopo mezzanotte). Perché di motivatori che hanno sciorinato fior di frasi e filosofie motivazionali ce ne sono sempre stati, forse fin dal primo uomo in grado di articolare frasi di senso compiuto. Dalle massime benevole del nonno fino a quelle di Platone per arrivare ai deliri carichi di buoni propositi di Steve Jobs. Niente di nuovo. Se non il mezzo… ;)
Dalle tavolette di pietra, fino a file leggerissimi conditi di frasi con sottofondo di immagini poetiche e rilassanti: tramonti, orizzonti, spiagge, donne di spalle, sfumature dai colori rilassanti. Andrebbe tutto bene, se non fosse che la condivisione massiccia e selvaggia ne ha un po’ banalizzato i contenuti ed i contorni. Se ne scorrono a milioni, si leggono, si mette un like perché la troviamo interessante e si va oltre; a volte si condivide, perché ci piace davvero tanto, ma se la sera chiedi a cena chiedi: “Bella la frase che hai condiviso oggi, di chi era?” il più delle volte arriva un “Boh, l’ho trovata su internet” (Internet, il copywriter del 20esimo secolo) oppure conosce il nome dell’autore e a tua domanda “Ah, e chi è, io non lo conosco?” appare il vuoto cosmico!!! Segno evidente che le parole sono gettate a caso ed il loro peso reale è volato nella rete con la cornice bellina ed il tramonto! Ma dell’autore fotte una sega a nessuno!
L’importante è fare i fighi, dimostrarsi intelligenti ed acculturati, spesso appropriandosi dei meriti di frasi e frasette. E non ne voglio fare una questione di diritto d’autore, ma un po’ sì: come quando si rubano le foto on-line senza citare di chi sono…non si fa!!! E non si spacciano frasi senza avere almeno il garbo di apporre gentilmente il nome di chi le ha scritte. Se poi uno avesse anche la voglia di informarsi e andare a vedere chi, come e perché le ha scritte, allora la rete servirebbe davvero a qualcosa: incuriosire, informare, istruire (oltre che a spacciare minchiate a tutte le ore del giorno)! ;) Insomma, questo trend continuerà ancora per molto, ma almeno, se non avete intenzione di produrre frasi di vostro pugno, abbiate il cuore di “citare” la fonte. Coloro che le hanno partorite, siano essi viventi o sepolti da parecchi millenni, ve ne saranno grati!
Io rompo troppo le palle, lo so, ma voi che ne pensate?!? ;)