Magazine Diario personale

Sono stata in un documentario di MTV

Da Olga

L’altro giorno mi è capitato di vivere uno di quei documentari di MTV sulla generazione 20 anni.

Un lui e una lei, che erano stati chiamati a recitare (a gratis) per un video, per cui non mi è chiaro chi ne beneficerà, se la comunità tutta o uno o due di quei quarantenni che nemmeno saprebbero lavorare da macdonald se dovessero farlo in HTML  – e sì, io saprei fare gli ordini in html, e potrebbe essere il mio prossimo destino.

 

Non dirò che mi è venuta la tristezza, la tristezza non viene mai a chi osserva il mondo – e a questo proposito, meglio sarebbe stato se il mondo l’avessi visto attraverso  la lente di instagram o di una gelatina.

 

La distanza

 

Hanno vent’anni, e io ne ho ventotto, che sono solo 8 di più. Li abbiamo portato a girare il video e non voglio cominciare a dire come ero io a 21, o come ero io a 18 anni.

Tutto sommato a 21 anni studiavo a Parigi e a 18 leggevo Goethe, quindi in me e sopra di me c’era il radical chic. Amico fidato dell’antipolitica, quella estetica, e del kitsch, a ben vedere.

Non so nemmeno io che cosa voglia dire questa frase, ma in giro di me si dice che ho una cultura raffinata.

 

Loro a 21 anni entrambi lavorano ed entrambi coltivano i loro sogni di ragazzi, che non sono i miei. E i miei non me li ricordo, credo di avere piuttosto dei punti fissi.

Non sognano di cambiare il mondo, ma sognano di cavalcarlo, diventando famosi.

Famosi, famosi, famosi.

Lei è carina, ossessionata dall’immagine, ma tutto sommato una lavoratrice. Lavora in uno show-room, sì. Ha una peculiarità, ha fatto un reality, horse factor, sui cavalli, a 18 anni.

Le ho chiesto: “ma tu, nel tuo cv, ce lo metti che hai fatto un reality?”

E lei mi ha detto che in linea di massima non lo mette, che in certi contesti non va, ma che forse in alcuni andrebbe.

Tutto sommato anche io ho fatto le mie cazzate a 18 anni, che non metterei sul mio cv, penso. Le ho chiesto se durante il reality si è innamorata. Mi ha detto di sì. Le ho chiesto se ha limonato. Mi ha detto che tutti hanno limonato. Quindi hai limonato anche tu? sì.

Il paletto fisso, il limonage, collante fra generazioni.

 

Mi ha detto che è rimasta delusa in amore. E che ha cominciato a scrivere. Io le ho detto che non c’è inizio peggiore, ma così, per fare la saputa. In verità che ne so io. Le ho chiesto se scrive su di un quaderno o su di un blog. Mi ha risposto che scrive al cellulare o sull’ipod, prima di andare a letto. Le ho detto “ma come fai ad avere una visione di insieme?”

Non importa.

 

Lui è carino, ha una faccia pulita, gli occhi verdi e 20 anni. E’ ancora glabro, magro e alto. E’ un rapper. No, non lo so il suo AKA. Canta. E nel contempo fa il venditore di tablet.

Ma fa il venditore con la peggiore solerzia del mondo. E’ in giro e assolda venditori, chiedendo “Scusa, cerchi lavoro?”; nel contempo coltiva i suoi sogni artistici – che non ho ben chiaro se siano sogni artistici o solo vanitas vanitatum. Più la seconda.

Gli ho chiesto se vuole andare a Xfactor, mi ha detto che no, vuole andare ad Amici. Gli ho chiesto di cantare, ha cantato. Abbiamo fatto un’intervista finta video. Gli ho chiesto com’è la sua donna ideale, mi ha detto che è bionda alta “e con reggiseno”. Gli ho chiesto se la sua ex è bionda, no, non lo è.

Io ho cantato una canzone e mi ha detto “hey ma anche tu dovresti cantare” e io: no.

 

A pensarci non so se ho visto in loro la fine e l’inizio del mondo, ma credo di averle viste entrambe: la fine perché sono figli di tutta quella cultura dominante. L’inizio perché tutto sommato non sono mica scemi, anzi, sono molto svegli, e fanno tutto. Vendono, lavorano al bar, e chissà che altro.

E soprattutto in loro ho visto l’inizio perché ho capito che mi daranno una pensione. Ce la faranno, a cavalcare il mondo, loro, e a pagare i contributi per farmi invecchiare. Siamo salvi.

the past

Mi era capitata una cosa, nel senso di emozione, del genere quando ero all’università. Un ragazzino mi aveva chiamato perché gli scrivessi il tema della maturità. Aveva un sacco di soldi ed era un figlio di papà incredibile. E’ venuto a casa mia di studente con una macchina costosissima, e mi ha detto che non aveva voglia di studiare per il tema, se glielo scrivevo.

Io gli ho detto che non potevo, che era illegale.

mi ha detto che pagava. Io: no.

“vabbè scrivimi almeno i temi di preparazione alla maturità”

“no”

Mi ha detto: “perché?”

io: “Perché tu lo devi sapere chi era Manzoni”

lui: “ma io ti pago,  a te che cosa te ne frega”

io: “me ne frega, se tu non sai chi è Manzoni, non potrai capire quello che io scriverò quando diventerò una grande giornalista, o quando vincerò il Nobel per la letteratura. Mi dispiace perché mi costringerai a rendere le cose più semplici, e quindi a ridurre, ridurre, ridurre. Sarà uno sforzo prima di tutto per me. Questo lo dice Leopardi. Lo sai?”

lui: ” No”

io: “e vabbè”

lui:” dai su, non c’è niente che io non posso comprare, dimmi un prezzo”

io: “ti dico di no”

lui: “Lo so perché. E’ perché tu sei una di quelle a cui dà fastidio che ci siano quelli che nella vita comprano tutto e pagano per tutto. E pensi: io ho fatto fatica, io ho studiato e questo ha tutto facile”

io: ” No, non è per quello. A me non me ne frega niente degli altri, io agisco secondo mia coscienza  e non ti scrivo i temi. I temi te li scrivi tu, poi io mi annoio.”

E l’emozione suddetta è una sensazione di impotenza, di guasto, di distanza. Di les jeux sont fait, ma quelquechose va encore. Mais c’est où? Oh, jenesepa.


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