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Sons of Anarchy, l’epopea di Kurt Sutter

Creato il 17 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

il Giudizio di Carlo Lanna

Summary:

I motociclisti di Charming salutano i fan con una stagione finale che difficilmente verrà dimenticata 

Scrivere la parola fine su Sons Of Anarchy, serie tv della F/x, non è stato facile per il suo creatore. Eppure Kurt Sutter non ha deluso le aspettative dei fan che, nel corso di questi 7 anni, hanno seguito fedelmente e con dedizione una delle serie tv belle che la serialità americana ha regalato al grande pubblico. 7 anni, 92 episodi, una miriade di scazzotate, corse in moto, sparatorie, storie di vendetta, patti scellerati, intrighi, sotterfugi ed appassionati liason amorose sotto il sotto di Charmig,una cittadina che somiglia ad un far west, hanno fatto di Sons Of Anarchy un vero cult. La serie che nell’arco della sua carriera non ha mai vinto neanche un riconoscimento, è stata però amata dal suo fedele pubblico ed a volte anche la critica è stata molto benevola, simbolo che il plot di shakesperiana memoria scritto da Sutter, ha colpito davvero nel profondo.

La stagione 7, l’ultima folle corsa dei SAMCRO, non solo ha continuato a tessere una vicenda emozionante e dal grande respiro – riuscendo sempre a tenere lo spettatore con il fiato sospeso – ma il plot, che è stato costruito a regola d’arte, ha snocciolato storie al limite del bizzarro ma sempre realizzatate con cognizione di causa. Il nodo della matassa sembrava impossibile da sciogliere, ed invece negli ultimi 4 episodi, la narrazione ha avuto un salto di qualità quasi come se si stesse per celebrare un requiem lento e doloroso. La stagione 7 quindi pur non superando in charme e bellezza la stagione 5 (quella che ha fatto brillare il genio di Sutter), ha regalato comunque un brivido lungo la schiena della durata di 13 episodi. Tutti  gli appuntamenti dell’ultima stagione sono infatti di una bellezza quasi disarmante, elettrizzanti, coinvolgenti e dal fascino peccaminoso.

Thank You SOA

Sono successe molte cose dopo la drammatica morte di Tara, evento che ha aperto la season premiere, e da quel momento Jax e co. si sono sentiti sopraffatti dagli eventi, da una vita che hanno vissuto sempre al limite, in bilico tra vita e morte; ma questo è stato solo l’inizio di una serie di sfortunati eventi che ha messo l’intero clan di fronte ad un bivio. Nel bene o male il plot della stagione finale ha girato attorno a questo avvenimento e, come l’intero club dei SAMCRO, ha affrontato la perdita di Tara; Jax infatti ha pestato a sangue un uomo e ha tagliato dal petto di un detenuto una svastica; Marilyn Manson (guest star d’eccezione) interpreta il capo della supremazia bianca in prigione; Gemma si prende cura dei bambini di Jax; Wendy fa le valigie e Juice, dopo aver tradito Jax, ha provato a nascondere il segreto di Gemma. Ma non è finita qui perché Jax arrivando a toccare il suo lato più oscuro, ha portato i SONS, in una spirale di perdizione, sangue e sesso.

Temi forti ed anticonvenzionali quindi per la stagione finale di una serie che, ormai, si è stretta saldamente al cuore del fan più sfegatato. Ciò che colpisce di questo viaggio sensazionale dei SONS, è l’incapacità dei protagonisti di prendere in mano la propria vita; pur essendo figli dell’anarchia, i personaggi sono sempre dipendenti dalle scelte altrui, da dinamiche incontrollabili, da situazioni ingestibili, e mai risolvibili con un’azione netta. Poi c’è la famiglia che ti opprime e ti protegge, ti ingabbia e ti consola, ti blocca e allo stesso tempo ti porge la mano prima di imprigionarti dimenticando la chiave della ragione. Sons of Anarchy, tragedia corale sulle fatalità del destino, ha scritto tra le migliori pagine della storia televisiva usando il sangue come inchiostro ed evidenziando le linee d’ombra tra criminalità e legge.

Un dualismo questo che forse non verrà mai rappresentato, in maniera così brillante e violenta, in un’altra serie tv. Con la fine di Sons Of Anarchy si conclude un lungo cammino per l’epopea seriale americana; lo show nato in un periodo in cui l’arte televisiva ha raggiunto il suo apice, senza seguire le mode del momento, lo creatura  di Sutter ha perseguito i suoi obbiettivi non deludendo quindi le aspettative prefissate. La stagione 7 forte e violenta come un colpo di pistola e fugace come una scorrazzata in moto, entra per diritto negli annali delle serie tv, come punto massimo di espressione di un’arte – quella televisiva appunto – che difficilmente in questa turbolenza stagione televisiva è stata eguagliata da qualsivoglia prodotto di intrattenimento.

Di Carlo Lanna per Oggialcinema.net


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