Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler riguardo al film The interview.
Il 24 novembre un gruppo di hackers che si fa chiamare GOP (Guardians Of Peace) ha attaccato l’intero sistema informatico e delle comunicazioni della Sony Pictures Entertainment, colosso televisivo e cinematografico. La paralisi non ha colpito esclusivamente i computer dell’azienda ma anche i telefoni, rendendo il lavoro degli impiegati ancora più impraticabile.
Sono passate ormai più di due settimane dall’attacco, eppure la vicenda non sembra essersi ancora avviata a conclusione, anzi si arricchisce ogni giorno di nuovi passaggi e dettagli. Ora pare che la causa dell’attacco sia The interview, uno dei film di prossima uscita della casa di produzione attaccata, programmato per il 25 dicembre, che vede la partecipazione di Seth Rogen e James Franco.
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La mattina dell’hacking i dipendenti dell’azienda, accendendo il proprio pc, hanno trovato al posto dell’usuale pagina di avvio un’immagine ritraente uno scheletro su sfondo scuro e in sovraimpressione il seguente messaggio:
“Hacked by #GOP. Warning: we’ve already warned you, and this is just a beginning. We continue till our request be met. We’ve obtained all your internal data including you secrets and top secrets. If you don’t obey us, we’ll relase data shown below to the world. Determine what will you do till November the 24th, 11:00 PM (GMT)”.
L’annuncio era seguito da cinque link che rimandavano a file .zip contenenti parte delle informazioni diffuse. Messaggi simili sono stati divulgati anche tramite numerosi account Sony, quali ad esempio quelli di Twitter, tutti controllati dal gruppo di hackers.
I documenti sottratti sono più di 33.000 e contengono svariate informazioni che il gruppo GOP ha diffuso nei giorni successivi. Alcuni non costituiscono alcun pericolo per la Sony, altri invece stanno creando parecchi problemi a pressochè chiunque abbia a che fare con l’azienda.
È il caso dei 47.000 codici di previdenza sociale di impiegati, attori, registi e crew workers, compresi anche quelli di alcune persone che non lavorano più alla Sony da anni. I codici diffusi sono accompagnati da informazioni su salari, numeri di telefono personali e indirizzi. Informazioni che, come si può immaginare, se diffuse pubblicamente su internet possono causare molte complicazioni sia a un normale impiegato sia a un attore di fama internazionale.
A questo si aggiungono molti username e password, alias utilizzati dagli attori per prenotare voli e hotel (forse la parte più innocua della questione), mail personali (ne spicca una nella quale il produttore Scott Rudin definisce Angelina Jolie “a minimally talented spoiled brat”), copioni e addirittura alcuni film non ancora rilasciati: Annie, Fury, Mr. Turner, Still Alice e To write love on her arms.
Questo gigantesco leaking è arricchito da numerose mail contenenti gravi minacce che sono state inviate nei giorni successivi all’attacco sia ai vertici dell’azienda sia ai normali dipendenti.
Vista la caotica situazione nella quale la Sony è sprofondata, viene naturale chiedersi quali motivazioni ci siano dietro a questo attacco che l’FBI ha considerato abbastanza avanzato da fare breccia nelle difese informatiche del 90% delle compagnie, delle aziende e delle istituzioni.
Un’iniziale spiegazione è stata data tramite uno degli indirizzi email inseriti dal gruppo GOP all’interno dei dati diffusi.
Rispondendo a The Verge un hacker che utilizza lo pseudonimo di “Iena” ha sostenuto che il gruppo vuole “uguaglianza”, mentre la Sony no. Difficile capire cosa si intenda per “uguaglianza”. Ed è qui che entra in gioco il film The interview.
La trama di The interview è tanto concisa quanto chiarificatrice: due giornalisti intervistano Kim Jong-un e vengono in seguito assoldati dalla CIA per uccidere il leader coreano. SPOILER: alla fine ci riescono.
QUI potete consultare la pagina wikipedia The interview, il film .
Com’è facilmente intuibile, il plot del film non è andato a genio alla Corea del Nord, che già a fine giugno aveva dichiarato, tramite la KCNA, un’agenzia giornalistica controllata dal governo, che girare un film del genere era un “atto di terrore e di guerra assolutamente intollerabile” e che se gli USA non ne avessero interrotto la produzione avrebbero dovuto far fronte a una “riposta risoluta e implacabile”.
A questa prova, che di per sé non può portare all’imputazione della Corea del Nord come colpevole dell’attacco, se ne sono però via via aggiunte altre: il codice utilizzato durante l’hacking sembra essere in parte uguale a un codice impiegato durante l’attacco nordcoreano sferrato ad alcune banche ed emittenti della Corea del Sud l’anno scorso. Inoltre, l’analisi di AlienVault ha provato che il programma utilizzato dal gruppo GOP era in lingua coreana.
Le prove schiaccianti, però, sembrano essere le stesse comunicazioni del gruppo. In una mail inviata a The Verge, GOP ha sottolineato che il suo obiettivo non ha a che fare con The interview, ma il fatto che il film sia accreditato come causa dell’attacco dimostra quanto in effetti sia pericoloso.
Qualche giorno dopo, tramite la piattaforma GitHub, il gruppo ha diffuso il seguente messaggio: “We have already given our clear demand to the management team of SONY, however, they have refused to accept. It seems that you think everything will be well, if you find out the attacker, while no reacting to our demand. We are sending you our warning again. Do carry out our demand if you want to escape us. And, Stop immediately showing the movie of terrorism which can break the regional peace and cause the War! You, SONY & FBI, cannot find us. We are perfect as much. The destiny of SONY is totally up to the wise reaction & measure of SONY”.
Dunque pare confermato che The interview abbia avuto un ruolo di primo piano nella decisione di attaccare il sistema informatico della Sony e sembra sempre più probabile che l’hacking sia di provenienza coreana. Ovviamente non si tratta di dati certi, ma solamente di supposizioni. Al riguardo, un portavoce della Corea del Nord ha affermato che il governo non ha nulla a che fare con l’attacco, ma ha anche aggiunto che esso potrebbe essere “il gesto virtuoso di un gruppo di simpatizzanti” uniti per porre fine all’imperialismo statunitense.
Ciò che sappiamo, grazie ai documenti diffusi successivamente all’hack, è che già tempo fa i dirigenti della Sony avevano espresso la propria preoccupazione nei confronti dei contenuti del film The interview e avevano richiesto una modifica della scena della morte di Kim Jong-un, in modo da renderla meno cruenta.
Non resta che rimanere in attesa di altri dettagli e, per i vertici della Sony, cercare di arginare i danni di una situazione che sta già costando all’azienda parecchi milioni di dollari.
Di seguito il trailer di The Interview.
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